Rosanna D’Antona, la paziente zero di Veronesi: «Aveva la dote innata di entrare in perfetta sintonia con l’altro»

Rosanna D Antona
Rosanna D’Antona
di Valentina Venturi
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Sabato 12 Dicembre 2020, 18:58 - Ultimo aggiornamento: 14 Dicembre, 21:13

Rosanna D’Antona è la paziente zero. Rosanna D’Antona è la prima paziente dello IEO (Istituto Europeo di Oncologia), operata per un cancro al seno mentre ancora fervono i lavori di completamento di quella struttura d’eccellenza nella cura dei tumori che sta sorgendo alla periferia sud di Milano. Al suo fianco un medico che ha segnato e modificato la sua esistenza, prima salvandola e poi arricchendola: Umberto Veronesi. D’Antona guarisce e in poco tempo accetta di farsi coinvolgere nelle campagne civili che il medico oncologo intraprende con la Fondazione Umberto Veronesi. Ne nasce un rapporto di stima e comunanza d’intenti che oggi prende forma nel libro “Il mio professore. Come l'incontro con un grande uomo può salvarti e cambiarti la vita” edizioni Piemme. Una sorta di raccolta di frammenti emotivi riguardanti il professore, ma visti dalla prospettiva delle migliaia di pazienti che ha curato nella sua lunga vita professionale.

Qual è la peculiarità di Veronesi?

«Il professore diceva sempre: “Voglio curare la persona con il vissuto che ha nella vita, invece che un paziente”. E gli veniva benissimo: aveva la dote innata di entrare in sintonia perfetta con un’altra persona. Guardandoti negli occhi aveva la capacità di interagire con il suo, la sua paziente. Questa credo sia la nota che lo contraddistingueva. In pochi minuti ti metteva nella condizione di poter dire: “Questo è il mio professore”».

Se Veronesi fosse stato una donna sarebbe cambiato qualcosa?

«Le racconto un aneddoto che lo riguarda. Veronesi ricordava con piacere che in un’edizione internazionale di “Europa Donna Italia” gli avevano assegnato una targa quale “donna ad honorem”, invece della tradizionale laurea ad honorem. Il motivo è semplice: le donne avevano riconosciuto in lui una serie di sensibilità che in genere sono più vicine all’approccio femminile. Era più accudente. Per questo aveva ricevuto questa bella targa che esibiva nel suo studio e ne era molto soddisfatto e fiero. “Sono anch’io una donna ad honorem” diceva sorridendo».

Non ci sono distinzioni.

«Non farei una distinzione tra uomo e donna: io e altre pazienti abbiamo incontrato il professor Veronesi proprio per questo, ma ci sono tante donne portatrici dell’accoglienza dell’ascolto. Era un po’ speciale come uomo e come scienziato».

Esiste un segreto che riguarda il “suo professore”?

«Quello che posso dire è che Veronesi è il medico che vorresti incontrare. Avere davanti il medico che è lì per te. Questo è stato il suo segreto su di me ma anche per tutte le altre pazienti con cui ho parlato. Poteva avere a disposizione 10 minuti, un quarto d’ora o cinque minuti: in quel frangente lui era lì solo per te: eri la sua paziente ed eri davanti al tuo professore personale, quello che ti capiva».

Le pazienti con cui ha parlato che le hanno rivelato?

«Nel capitolo “Il mio Veronesi” ho chiesto a tutti gli uomini e le donne che lui ha conosciuto di descrivere in poche righe il "loro" Veronesi. È venuto fuori un quadretto molto interessante perché ognuno porta un pezzetto del Veronesi diverso dentro il cuore».

Lei, dopo la guarigione cosa ha fatto?

«Di fatto la mia esperienza con il tumore risale a 20, 25 anni fa.

Da dieci anni a questa parte ho avuto la possibilità di lavorare a stretto contatto con “Europa Donna Italia” - di cui sono Presidente - e con tutte le associazioni che in qualche modo si occupano di assistere pazienti oncologiche e in particolare con il tumore al seno. Nei dieci anni precedenti invece sono stata vicino a Veronesi, alla sua Fondazione e a tutte le attività di cui si occupava, dalla salute ai diritti umani come in “The Future of Science and Ethics”. Esperienze bellissime».

Mentre questo libro?

«Diciamo che i primi dieci anni ho imparato gli strumenti della comunicazione sociale e negli ultimi dieci ho vissuto a strettissimo contatto con tutte queste associazioni incontrando persone, donne meravigliose con delle storie fantastiche. All’interno del libro le cito e racconto».

Di cosa tratta “Europa Donna Italia”?

«Siamo degli interlocutori, un gruppo di advocacy, di lobby civile verso le istituzioni come il Ministero della salute, o gli assessorati regionali della salute, affinché facciano approvare delle leggi sempre più a favore della salute delle donne. Quindici anni fa è passata la legge per cui il sistema sanitario nazionale sostiene le spese per la ricostruzione del seno. Prima non c’era. Oppure la legge riguardante le Breast Unit, i centri di senologia multidisciplinari. Nel 2010 solo il 12-14% di  donne con tumore al seno si recavano per farsi curare nei centri dedicati; nel 2019 ben il 78% di donne con tumore al seno scelgono i centri di senologia per curarsi. Senza trascurare che curarsi in un centro dedicato aumenta del 18% il livello di sopravvivenza. È stato un cambio di mentalità della donna».

Cos'è il riconoscimento Veronesi?

«Il professore è mancato quattro anni fa e da allora nel giorno del suo compleanno, il 28 novembre, abbiamo deciso di istituire un riconoscimento. Con l’aiuto dei pazienti, identifichiamo quattro medici che nella disciplina della senologia che si sono distinti anche sul piano psicologico, aiutando a superare la patologia. Non è un premio, è solo un mezzo affinché continui l’insegnamento del professore Veronesi, le sue Best Practice».

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