Pediatri, pochi medici in Italia: «In tre regioni picchi di 1.000 bimbi da assistere per ciascun dottore»

Solo Umbria, Sardegna, Sicilia e Molise rimangono al di sotto del massimale senza deroghe

Pediatri, Fondazione Gimbe: «Mancano medici: in tre regioni picchi di 1.000 bimbi da assistere per ciascun medico»
Pediatri, Fondazione Gimbe: «Mancano medici: in tre regioni picchi di 1.000 bimbi da assistere per ciascun medico»
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Giovedì 4 Maggio 2023, 13:00 - Ultimo aggiornamento: 23 Maggio, 09:18

Mancano pediatri in Italia. La stima? Ne servirebbero almeno 840 in più mentre quelli che esercitano devono seguire almeno 100 bambini in più oltre la soglia massima fissata per legge di 800 bambini da assistere per ciascun pediatra. Se spostiamo la lente di ingrandimento sul territorio spuntano carenze molto preoccupanti che si ripercuotono sulla mole di lavoro di questi medici. Ci sono picchi di oltre 1.000 assistiti in Piemonte, Toscana e Provincia di Bolzano.

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Piemonte, Toscana e Bolzano: picchi di oltre 1000 bimbi per ciascun pediatra

A segnalarlo è Fondazione Gimbe che parla di famiglie sempre più in difficoltà con grandi differenze regionali. In termini assoluti, la media nazionale è di 896 assistiti per medico e a livello regionale solo Umbria (784), Sardegna (788), Sicilia (792) e Molise (798) rimangono al di sotto del massimale senza deroghe; 17 Regioni superano invece la media di 800 assistiti di cui Piemonte (1.092), Provincia Autonoma di Bolzano (1.060) e Toscana (1.057) vanno oltre la media di 1.000 assistiti.

Tra il 2019 e il 2021 i professionisti convenzionati con il servizio sanitario nazionale sono diminuiti del 5,5%. «L'allarme sulla carenza dei pediatri di libera scelta - afferma Nino Cartabellotta Presidente della Fondazione Gimbe - oggi è lanciato dai genitori in tutte le Regioni, da Nord a Sud che lamentano questioni burocratiche, mancanza di risposte da parte delle Asl, pediatri con numeri esorbitanti di assistiti, sino all'impossibilità di esercitare il diritto d'iscrivere i propri figli al pediatra di famiglia con potenziali rischi per la salute, in particolare dei più piccoli e dei più fragili».

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Per comprendere meglio le cause e le dimensioni del fenomeno, la Fondazione Gimbe ha analizzato le criticità delle norme che regolano l'inserimento dei pediatri di libera scelta nel servizio sanitario nazionale e stimato l'entità della carenza nelle diverse Regioni italiane.

«È bene precisare - spiega Cartabellotta - tre aspetti fondamentali: le regole sulle fasce di età di assistenza esclusiva dei minori, quelle per definire il massimale degli assistiti e quelle per identificare le aree carenti di pediatri sono frutto di compromessi con i medici di medicina generale, oltre che delle politiche sindacali degli stessi pediatri.

In secondo luogo, su carenze e fabbisogno è possibile solo fare stime a livello regionale, perché la reale necessità di pediatri viene stimata dalle singole Aziende Sanitarie Locali».

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Scelta del pediatra: come funziona

Sino al compimento del sesto anno di età i bambini devono essere assistiti per legge da un pediatra di libera scelta, mentre tra i 6 e 14 anni i genitori possono scegliere tra pediatra di libera scelta e il medico di medicina generale. Al compimento dei 14 anni la revoca del medico è automatica, tranne per pazienti con documentate patologie croniche o disabilità per i quali può essere richiesta una proroga fino al compimento del 16esimo anno.

Secondo quanto previsto dal Ministero della Salute, il numero massimo di assistiti di un pediatra è fissato a 800, ma esistono varie deroghe nazionali, regionali e locali che portano spesso a superare i 1.000 iscritti.

«È del tutto evidente - afferma Cartabellotta - che il metodo di calcolo sottostima il fabbisogno: paradossalmente, facendo riferimento alle regole vigenti, i pediatri sarebbero addirittura in esubero perché il loro fabbisogno viene stimato solo per i piccoli sino al compimento dei 6 anni».

«La carenza - conclude Cartabellotta - deriva da errori di programmazione del fabbisogno, ma rimane fortemente condizionata sia da miopi politiche sindacali, sia da variabili locali non sempre prevedibili che rendono difficile calcolarne il fabbisogno. Innalzare l'età pensionabile a 72 anni e aumentare il massimale a 1.000 servono solo a mettere la polvere sotto il tappeto e non a risolvere il grave problema della carenza». 

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