Vitamina D, l'endocrinologa Annamaria Colao: «Sbagliato ridurre le prescrizioni»

La nuova stretta basata su esigenze economiche e non mediche

Vitamina D, l'endocrinologa Annamaria Colao: «Sbagliato ridurre le prescrizioni»
di Annamaria Colao*
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Giovedì 9 Marzo 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 10:42

Sono state «esigenze normative e di risparmio» che hanno spinto lAgenzia italiana del farmaco a rivedere la nota 96 sui criteri di appropriatezza prescrittiva della supplementazione con vitamina D e suoi analoghi (colecalciferolo, calcifediolo) per la prevenzione e il trattamento degli stati di carenza nell’adulto.

La nuova stretta sulla prescrizione di vitamina D è basata su una logica economica ma non clinicamente valida. Abbiamo a disposizione studi sperimentali che mostrano quanto sia importante per tantissimi apparati, da quello immunitario a quello scheletrico. Varrebbe la pena studiare meglio questo ormone, con studi clinici ampi e complessi, che ne valutino l’impatto sullo stato di salute generale della persona. Capisco il ragionamento economico alla base della nuova determina, ma è miope dal punto di vista clinico. La vitamina D in circolo è un parametro di buona salute, mentre la sua carenza è legata a un elevato livello infiammatorio nell’organismo, con tutte le malattie collegate. È un composto che ha recettori in tutte le cellule, il suo deficit è correlato allo sviluppo di tumori, al peggioramento di obesità e diabete, all’aumento dell’ipertensione. Innanzitutto è difficile valutare il dosaggio della vitamina D in circolo: la glicemia è misurabile in modo più attendibile rispetto a uno steroide di cui possiamo fare solo una stima approssimativa, con grandi variazioni tra un dosaggio e un altro. Quanto ai risultati emersi, mostrano che da sola la vitamina D non previene le fratture, e questo è vero perché la fragilità ossea negli anziani può esser dovuta anche a carenze nutrizionali nel corso di tutta la vita e ad altre patologie. Cosa che lo studio pure ampio, non considera. Quanto alle evidenze che ne escludono l’utilità contro il Covid-19 ricordiamo che la vitamina D potenzia la salute del sistema immunitario.

Chi ha un livello più alto reagisce meglio ai patogeni di chi ha ipovitaminosi D. In questo caso sono stati arruolati pazienti che si sono ammalati di Covid e a cui è stata data vitamina D, in aggiunta alle terapie. Non stupisce che un agente che serve alla prevenzione, se usata come cura, non abbia effetto. Noi continueremo a prescriverla. Ci sono farmaci molto più costosi e inutili di cui varrebbe la pena monitorare la prescrizione mentre quella contro la vitamina D è una guerra che lascia perplessi ed è sintomo di scarso impegno in prevenzione. Quando poi, per mancata prevenzione, si manifestano problemi, interverremo con terapie, come facciamo sempre.

*Presidente della Società Italiana di Endocrinologia

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