Lavorare a maglia e uncinetto, la terapia per curare la mente

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di Giampiero Valenza
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Giovedì 11 Novembre 2021, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 04:57

Una delle eredità della pandemia è la diffusa abitudine a lavorare a maglia o all’uncinetto. Un’antica arte capace di creare manualmente e rilassare. Anche meditare.

A distanza di oltre un anno dal boom, lana, ferri e uncinetti continuano a essere acquistati come mai negli ultimi vent’anni. Da giovani (pensiamo al campione olimpico inglese Tom Daley mago dell’uncinetto) agli adulti. Da qui, oggi, l’interesse anche della ricerca. Il quesito: come e in che misura sferruzzare produce dei benefici al nostro cervello? A queste e altre domande potrà fornire risposte il progetto di ricerca promosso da Gomitolorosa Onlus e realizzato da neurologi, neurofisiologi, psicologi della Fondazione Istituto neurologico Carlo Besta di Milano, che stanno sottoponendo volontarie e volontari a magneto/elettroencefalogramma, metodica non invasiva utilizzata per registrare l’attività magnetica ed elettrica cerebrale prima o dopo il lavoro a maglia.

Il progetto si svolge in collaborazione con il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Reading, nel Regno Unito. L’obiettivo, spiegano i ricercatori, è quello di «approfondire i meccanismi sottesi ai numerosi benefici segnalati per la salute mentale, l’attenzione e il benessere derivati dall’attività del lavoro a maglia». Le donne e gli uomini che svolgono abitualmente lavoro a maglia (frequenza settimanale di 5/7 giorni) di età compresa tra i 27 e i 63 anni possono partecipare allo studio che si svolgerà nella sede del Besta a Milano scrivendo a: segreteria@gomitolorosa.org. Il movimento ripetitivo della maglia, che si traduce in sciarpe, maglioni, guanti e complementi d’arredo, fa sì che il cervello rilasci endorfine, i ben conosciuti ormoni del benessere. Lavorare a maglia inoltre attiva le aree del cervello deputate al pensiero e alla meditazione, ed è per questo che da molti è definito il “nuovo yoga”. 

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