Vaccini Covid: «Nessun aumento delle malattie che colpiscono al cuore». Lo studio dell'Università di Bologna

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Vaccines

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Vaccines
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Vaccines
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Mercoledì 18 Gennaio 2023, 12:59 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 17:59

Uno studio che ha seguito per diciotto mesi l’intera popolazione della provincia di Pescara conferma che i vaccini anti Covid-19 non sono associati ad un aumento del rischio di eventi avversi.
I vaccini anti Covid non hanno causato un aumento del rischio di eventi avversi come infarti, ictus, arresti cardiaci, miocarditi, pericarditi e trombosi venose profonde.


Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Vaccines, coordinato da Lamberto Manzoli dell'Università di Bologna. Nessuna patologia è risultata più frequente tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati. Lo studio è al momento l'unico al mondo che ha seguito la popolazione per più di un anno. 
 

La ricerca

La ricerca – che ha coinvolto anche studiosi dell’Università di Ferrara e dell’Asl di Pescara – ha seguito per diciotto mesi, da gennaio 2021 a luglio 2022, l’intera popolazione della provincia di Pescara. Sono stati raccolti i dati sanitari dei residenti ed è stata analizzata la frequenza di alcune malattie gravi come malattie cardiovascolari, embolie polmonari e trombosi. Al termine dell'indagine, nessuna delle patologie esaminate è risultata più frequente tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati.

«I risultati che abbiamo ottenuto mostrano in modo netto che tra i vaccinati non c'è stato un aumento di rischio di malattie gravi», dice Manzoli. «Vi sono stati casi isolati negativi, ma il profilo di sicurezza dei vaccini utilizzati durante la pandemia è stato confermato: sarà ora importante continuare il follow-up su un periodo più lungo».

Lo studio è al momento l'unico al mondo che ha potuto seguire la popolazione per più di un anno, prendendo in considerazione numerosi fattori tra cui l'età, il sesso e il rischio clinico dei partecipanti.

I risultati ottenuti mostrano, in particolare, che sia i decessi registrati che l’insorgenza delle patologie prese in esame sono stati meno frequenti tra le persone vaccinate, indipendentemente dal sesso, dall'età e dal profilo di rischio clinico.

L'analisi

L’analisi ha anche confermato che le persone vaccinate che hanno contratto il COVID-19 sono più protette contro il coronavirus rispetto a chi è guarito dopo aver contratto la malattia ma non è vaccinato. Una maggiore incidenza delle patologie considerate è invece emersa tra chi non ha contratto il COVID-19 e ha solo una o due dosi di vaccino, rispetto a chi ha tre o più dosi.
 


«Questo dato controintuitivo è dovuto a un bias epidemiologico causato dalle restrizioni attuate durante l'emergenza», spiega Manzoli. «I dati raccolti mostrano che l’83,2% delle persone vaccinate che non ha contratto il Covid-19 ha ricevuto almeno tre dosi di vaccino: chi ha ricevuto solo una o due dosi non ha completato il ciclo vaccinale o perché è deceduta o perché è stata scoraggiata dall’insorgenza di una malattia».

 


La pubblicazione

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Vaccines con il titolo «Covid -19 Vaccination Did Not Increase the Risk of Potentially Related Serious Adverse Events: 18-Month Cohort Study in an Italian Province». L’indagine è stata coordinata da Lamberto Manzoli, professore al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna. Hanno inoltre partecipato Maria Elena Flacco e Cecilia Acuti Martellucci dell’Università di Ferrara, insieme a Graziella Soldato, Giuseppe Di Martino, Roberto Carota, Marco De Benedictis, Graziano Di Marco, Giustino Parruti, Rossano Di Luzio e Antonio Caponetti della Asl di Pescara.

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