Al pronto soccorso c'è la fila. Accade un po' in tutta Italia. Roma, Napoli, Firenze: in diversi ospedali la situazione si fa critica. Ma questa volta il Covid c'entra poco. Si tratta di una questione gestionale che è legata all'intera filiera dell'emergenza sanitaria. Sì, perché diversi fattori stanno mettendo sotto stress il mondo medico.
Per il presidente di Sis 118, Mario Balzanelli, questa è la «cronaca di una disfunzione grave annunciata» che causa effetti nella gestione del paziente acuto.
Roma, allarme posti letto negli ospedali: ambulanze bloccate con pazienti a bordo
«Il sovraffollamento in realtà non è provocato dalla gravità dei pazienti – spiega - Molti di quelli acuti dovrebbero afferire ad altri percorsi gestionali non propri del sistema ospedaliero. Nostre ricerche compiute negli anni hanno dimostrato che quando un sistema 118 è caratterizzato dalla presenza dei medici a bordo dei mezzi d'emergenza, riusciamo a trattare subito i pazienti, lasciando il 42% a casa. Il filtro più importante per la gestione dei pazienti acuti e improvvisi (e che non richiedono ospedalizzazione) viene effettuato proprio dal sistema di emergenza del territorio. Invece si è fatto impoverire in modo rilevante, nel corso degli anni, il servizio 118. Senza contare, poi, che c'è stata un'errata attuazione del Dm 70 che non ha valorizzato i punti delle ex postazioni medicalizzate fisse, centri di primo intervento che, in gran parte, sono stati chiusi».
«Gli strumenti per decongestionare i pronto soccorso ci sono e partono dal rinforzo del sistema territoriale d'emergenza 118», aggiunge. Poi, a peggiorare le cose ci si mettono anche le questioni legate alla pianta organica dei medici d'emergenza. «Sono più che dimezzate: in alcune Regioni è ampiamente sotto al 50%», dice Balzanelli. «Serve una riforma gestionale, va fatta adesso e non domani», tuona. Secondo la Società scientifica Sis 118 senza questa modifica «per ogni problema il paziente va portato in ospedale, causando così le lunghe attese».