Acufene, 750 milioni di persone soffrono del disturbo: presentato lo studio dell'Università Tor Vergata per il trattamento del «tinnitus»

Studio della Università di Tor Vergata presentato al congresso nazionale SIO su innovazione italiana per il trattamento degli acufeni

Acufene, 750 milioni di persone soffrono del disturbo: presentato lo studio dell'Università Tor Vergata per il trattamento del «tinnitus»
Acufene, 750 milioni di persone soffrono del disturbo: presentato lo studio dell'Università Tor Vergata per il trattamento del «tinnitus»
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Venerdì 26 Maggio 2023, 09:53 - Ultimo aggiornamento: 27 Maggio, 08:45

Soffrite di acufene? Beh sicuramente non siete gli unici, tranquilli. La malattia del «suono fantasma», riconosciuta come «causa primaria e crescente di disabilità», interessa 749 milioni di persone.  L’acufene (o ‘tinnitus’) è tanto frequente quanto difficile da trattare. I pazienti sentono “suoni che non esistono” descritti come ronzii, fischi, sibili, o pulsazioni. E’ uno dei disturbi più comuni con oltre 200 cause possibili, come dichiarato dall’American Tinnitus Institute: organiche e anatomiche, virali e ambientali ma anche vascolari, oncologiche o legate all’invecchiamento. 

È stato Jama Network nel 2022 a pubblicare uno studio finanziato dalla Comunità Europea sulla prevalenza e incidenza globale dell’acufene, con numeri impressionanti: ne soffrono 749 milioni di persone, con una incidenza del 14% nella popolazione mondiale e 120 milioni di casi gravi. 
L’acufene deve essere considerato una causa primaria di disabilità pluriennale al pari della sordità, scrivono gli esperti.

La prevalenza maggiore si riscontra tra le persone anziane, per la inevitabile senescenza del sistema uditivo, oppure tra coloro che hanno subito danni a causa di esposizione a suoni ad alta intensità oppure per stati di ansia o traumi.

I trattamenti attualmente disponibili mirano a ridurre gli effetti più gravi della malattia, con risultati tuttavia temporanei e/o ridotti, che giustificano la triste reputazione di “incurabile” di questa patologia.

Al 109° Congresso Nazionale SIO, l’annuale evento ufficiale della Società italiano di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale in corso a Milano, sono stati presentati i dati della sperimentazione effettuata presso il Dipartimento ORL del Policlinico di Tor Vergata basati su un nuovo dispositivo medico chiamato Acufree.
 
«L’acufene non è una patologia esclusivamente cocleare poiché coinvolge tutte le vie uditive, anche a livello del SNC (Sistema Nervoso Centrale) ed è per questo motivo che abbiamo testato la terapia multimodale sincrona», sottolinea il Professor Di Girolamo, direttore dell’unità operativa ORL del Policlinico Universitario Tor Vergata e primo autore dello studio. “Si tratta di un sistema innovativo e non invasivo che con l’utilizzo di un dispositivo specificamente sviluppato e brevettato agisce su più livelli: Acufree si basa su una stimolazione sonora specifica personalizzata su ogni singolo paziente, a cui si associano onde elettromagnetiche a bassa e alta frequenza”.
La sperimentazione è stata condotta all’Università di Tor Vergata su 50 pazienti con una storia di acufene cronico di età maggiore di 18 anni, età media di 56 anni e una ipoacusia di grado medio o lieve. I pazienti sono stati sottoposti a un protocollo audiologico completo al momento dell’arruolamento e a un monitoraggio intensivo nel corso della terapia, con durata complessiva di 14 settimane e due sessioni di trattamento al giorno per 18 minuti ciascuna. 

I risultati del clinical testing applicati ai due principali benchmark internazionali di misurazione hanno mostrato un miglioramento significativo nel 72% dei pazienti per il TFI (Tinnitus Functional Index) e 68% per il THI (Tinnitus Handicap Index).

«Le terapie basate sulla neuromodulazione assistono un riadattamento della plasticità cerebrale per ottenere una riduzione della percezione dell’acufene e interrompere i livelli alterati di attività oscillatoria corticale, favorendo una normale attività neuronale» sottolinea la Dottoressa Beatrice Francavilla, del team di Tor Vergata che ha partecipato allo studio. 
La stimolazione elettromagnetica interferisce con i segnali che attivano la percezione dell’acufene. Questo può essere ottenuto con tecniche non invasive come il metodo Acufree usato in questo studio, che aggiunge all’emissione induttiva a bassa frequenza anche segnali ad alta frequenza emessi con metodo capacitivo. 

La non invasività, innocuità e capacità di personalizzazione del trattamento hanno permesso una elevata aderenza allo studio, senza effetti avversi correlabili all’uso del dispositivo. A questo si aggiunge la comodità e continuità dell’uso domiciliare, una novità importante rispetto ad altri metodi che implicano la difficoltà di numerose sedute e visite mediche per periodi prolungati (tipicamente non meno di 6-12 mesi).

Gli acufeni sono una condizione in forte crescita in tutto il Mondo, con un impatto debilitante sulla vita delle
persone. In alcuni casi possono essere lievi e transitori, ma in molti casi gli acufeni sono intensi e costanti; causano problemi come l'ansia e la depressione, difficoltà a concentrarsi, a lavorare o a socializzare e la capacità di godere della musica o di altri suoni può essere gravemente compromessa. Inoltre, questa patologia è tra le cause primarie dei disturbi del sonno.
 
Il trattamento con Acufree rappresenta una innovazione terapeutica molto promettente per ridurre il disagio provocato dagli acufeni, migliorando la qualità della vita dei pazienti il cui numero continua a crescere diventando un «problema clinico di prim’ordine», come riconosciuto da vari paesi (es. Germania o UK) dove le cure sono già valutate dal sistema sanitario nazionale.

La prospettiva di un possibile trattamento degli acufeni è motivo di orgoglio per tutti i ricercatori ed esperti coinvolti in questo studio clinico, i cui risultati pongono questa terapia tra le più promettenti a livello internazionale in termini di «significatività medica» del rimedio. 
Un risultato ottenuto in Italia da una start-up innovativa in alleanza virtuosa con una struttura ospedaliera e universitaria pubblica. Esattamente il tipo di “matching” pubblico-privato su cui punta il nostro paese per valorizzare al meglio la sua ricerca e la sua imprenditorialità.
 
Il protocollo applicato è stato certificato da LNAge, il CRO (Clinical Research Organization) scelto per questo progetto: 6 diverse fasi di controllo, verifica e misurazione dei dati poi interpretati e aggregati con avanzata tecnica di eCRF (electronic Case Report Form).

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