Variante inglese e brasiliana, come sono nate le mutazioni che hanno portato alla chiusura di mezza Umbria

Variante inglese e brasiliana, come sono nate le mutazioni che hanno portato alla chiusura di mezza Umbria
di Francesco Padoa
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Domenica 7 Febbraio 2021, 10:38 - Ultimo aggiornamento: 17:03

Variante inglese, variante brasiliana e variante sudafricana di coronavirus Sars-CoV-2. La prima e la seconda arrivate anche in Italia, ed hanno già portato alla creazione di zone rosse in alcune aree dell'Umbria, mentre la terza per ora segnalata in un singolo caso dall'ospedale di Varese dell'Ats Insubria. Ma quali sono i mutanti da temere di più per il loro possibile effetto su contagiosità e gravità dell'infezione, nonché anche sull'efficacia di test diagnostici, farmaci e vaccini contro Covid-19? Le tre varianti vengono attentamente monitorate e prendono il nome dal luogo dove sono state osservate per la prima volta. In tutti e tre i casi il virus presenta delle mutazioni sulla cosiddetta proteina "Spike", che è quella con cui il virus 'si attacca' alla cellula".

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La variante inglese (VOC 202012/01) è stata isolata per la prima volta nel settembre 2020 in Gran Bretagna, mentre nell'Europa continentale il primo caso rilevato risale al 9 novembre 2020. E' stata la prima ad essere scoperta e, da quel momento, è diventata la variante che circola di più nel Regno Unito. È caratterizzata da una maggiore capacità di trasmettersi da uomo a uomo e di conseguenza in Inghilterra è stato osservato dalla seconda metà di dicembre un aumento importante del numero dei casi, dei ricoveri e della pressione sul sistema sanitario.

La stessa variante è stata isolata in quasi tutti i Paesi europei, in molti casi in viaggiatori che tornavano dall'Inghilterra, ma alcuni paesi (come Irlanda e Danimarca) cominciano a segnalare epidemie locali causate da questa nuova variante. E' stata ipotizzata anche una maggiore patogenicità, ma al momento non sono emerse evidenze di un effetto negativo sull'efficacia dei vaccini.

La variante brasiliana (P.1) è stata isolata per la prima volta nel gennaio 2021 in Brasile e Giappone. E' stata la terza ad affacciarsi sulla scena e in Italia è stata isolata a fine gennaio, anche questa a Varese e poi in Abruzzo. Alla data del 25 gennaio 2021 è stata segnalata in 8 Paesi, compresa l'Italia (che dal 16 gennaio ha bloccato i voli e i rimpatri dal Paese sudamericano). E' monitorata perché ha una trasmissibilità più elevata e perché dai primi studi sembra che possa diminuire l'efficacia del vaccino. Si studia se possa causare un maggior numero di reinfezioni in soggetti già guariti da Covid-19. Dal confronto dei campioni si è scoperto che l’ultimo tra questi presentava la mutazione genetica chiamata E484K, che cambia la forma della proteina spike all’esterno del virus in un modo che potrebbe renderla meno riconoscibile al sistema immunitario, aumentando la difficoltà legata al ruolo degli anticorpi. La variante Brasiliana  è caratterizzata da 17 mutazioni, tre delle quali sono avvenute nella proteina Spike, una delle principali utilizzate dal virus per entrare nelle cellule umane. 

 

C'è poi, infine, la variante sudafricana (501 Y.V2) è stata isolata per la prima volta nell'ottobre 2020 in Sud Africa, mentre in Europa il primo caso rilevato risale al 28 dicembre 2020. In Italia finora è stata individuata in un solo caso a Varese. E' monitorata perché ha una trasmissibilità più elevata e perché dai primi studi sembra che possa diminuire l'efficacia del vaccino. Si studia se possa causare un maggior numero di reinfezioni in soggetti già guariti da Covid-19.  A metà novembre, 501.V2 rappresentava il 90% dei genomi sequenziati dagli scienziati sudafricani. I dati genomici ed epidemiologici suggeriscono che, come per la variante inglese, anche questa sudafricana sia più contagiosa ma non più pericolosa. 

 

In Italia l'analisi delle varianti di coronavirus Sars-CoV-2 viene effettuata dai laboratori delle singole Regioni, sotto il coordinamento dell'Iss. Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie raccomanda di sequenziare almeno circa 500 campioni selezionati casualmente ogni settimana a livello nazionale. L'Iss dettaglia le "priorità" da rispettare nella scelta dei campioni da sottoporre a sequenziamento genetico: Individui vaccinati contro Sars-CoV-2 che successivamente si infettano nonostante una risposta immunitaria al vaccino; contesti ad alto rischio, quali ospedali nei quali vengono ricoverati pazienti immunocompromessi positivi a Sars-CoV-2 per lunghi periodi; casi di reinfezione; individui in arrivo da Paesi con alta incidenza di varianti Sars-CoV-2; aumento dei casi o cambiamento nella trasmissibilità e/o virulenza in un'area; cambiamento nelle performance di strumenti diagnostici o terapie; analisi di cluster, per valutare la catena di trasmissione e/o l'efficacia di strategie di contenimento dell'infezione.

La comparsa di varianti del patogeno responsabile della pandemia di Covid-19 non è inattesa. «I virus, in particolare quelli a Rna come i coronavirus - spiega infatti l'Iss - evolvono costantemente attraverso mutazioni del loro genoma. Mutazioni del virus Sars-CoV-2 sono state osservate in tutto il mondo fin dall'inizio della pandemia. Mentre la maggior parte delle mutazioni non ha un impatto significativo - precisa l'Istituto - qualcuna può dare al virus alcune caratteristiche come ad esempio un vantaggio selettivo rispetto alle altre attraverso una maggiore trasmissibilità, una maggiore patogenicità con forme più severe di malattia, o la possibilità di aggirare l'immunità precedentemente acquisita da un individuo o per infezione naturale o per vaccinazione. In questi casi diventano motivo di preoccupazione, e devono essere monitorate con attenzione».

Nell'attesa che si capisca di più sulle varianti e come combatterle, da oggi e fino al 21 febbraio nel territorio di tutti i comuni della Provincia di Perugia e nei comuni di Amelia, Attigliano, Calvi dell'Umbria, Lugnano in Teverina, Montegabbione e San Venanzo della provincia di Terni, «si applicano le disposizioni relative alla zona rossa». È quanto prevede l'ordinanza della Regione Umbria firmata ieri. A Chieti, in Abruzzo, è stata identificata la variante inglese ma per fortuna la risposta ai vaccini non sembra essere inficiata, «ma bisogna intervenire prontamente - ha detto il direttore della Prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza - anche perchè sembra possa infettare di più la popolazione pediatrica, e si stanno implementando zone rosse nei comuni colpiti».

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