Variante Delta, quanto sono efficaci Pfizer e AstraZeneca? Ecco come difendersi e perché allarma così tanto

Variante Delta, come difendersi e perché allarma
Variante Delta, come difendersi e perché allarma
di Francesco Malfetano
4 Minuti di Lettura
Lunedì 14 Giugno 2021, 22:27 - Ultimo aggiornamento: 16 Giugno, 10:25

Con la nuova risalita dei contagi in Regno Unito e il premier Boris Johnson costretto a ritardare le riaperture già programmate per il mese di luglio, ora l’intera Europa inizia a temere davvero la variante Delta o B.1.617.1/2, comunemente chiamata indiana. Anche l’Italia ovviamente che, per stessa ammissione del premier Mario Draghi e del ministro Roberto Speranza, sta ragionando sulla reintroduzione della quarantena per chi arriva in Italia dal Regno Unito. 

Variante Delta, riaperture rinviate in Gran Bretagna al 19/7. Johnson: «Siamo preoccupati»

Perché la variante Delta fa paura? 

A preoccupare è innanzitutto l’elevata trasmissibilità di questa mutazione del virus Sars-Cov2. Delta, infatti, è molto simile alla variante sudafricana. «Intimorisce soprattutto per la contagiosità – spiega Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università degli studi di Milano – che è addirittura superiore del 60% alla variante inglese oggi prevalente in Italia». Non solo. «Questa mutazione è anche più cattiva per così dire: cioè chi la contrae ha 2,6 volte più possibilità di essere ospedalizzato rispetto a chi viene contagiato dalla versione standard del virus». Dettagli non da poco in pratica, che però non sono neppure gli unici elementi di preoccupazione. Si teme infatti che Delta abbia la capacità di sfuggire ai vaccini e, come sembrerebbe essere accaduto a Milano nei giorni scorsi (dove l’uomo, un sanitario, era stato immunizzato diversi mesi fa con due dosi del farmaco di Pfizer-BioNTech) questo, sarebbe davvero un grosso problema. 

I vaccini anti-Covid sono efficaci contro questa mutazione? 

Al di là del caso di Milano e di alcune segnalazioni anche in Regno Unito, su cui sono comunque ancora in corso accertamenti, la variante indiana sembra essere controllabile attraverso i vaccini, a patto che siano state somministrate entrambe le dosi necessarie.

A sostenerlo è una ricerca pubblicata ieri sull’autorevole rivista scientifica Lancet. 

AstraZeneca, l'Ema precisa: «Rimane autorizzato per tutti, anche per gli under 60»

Secondo i dati analizzati dai ricercatori, i vaccini infatti riducono il rischio di ospedalizzazione ma occorrono 28 giorni dopo la somministrazione della prima dose per riscontrare forti effetti di protezione. In particolare, il vaccino Pfizer-BioNTech, con due dosi, fornisce contro questa variante una protezione del 79%, rispetto al 92% di protezione con la variante inglese. Per il vaccino Oxford-AstraZeneca, invece, è stata rilevata una protezione del 60% contro le infezioni dovute alla variante indiana, rispetto al 73% della variante inglese.  A spiegarlo anche l’immunologo direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Rozzano e professore emerito all’Humanitas University a Milano Alberto Mantovani. «C’è una certa perdita di efficacia dei vaccini contro l’indiana, soprattutto se si riceve una sola dose». Ed è esattamente per questo che la Gran Bretagna, che all’inizio aveva deciso di allungare i tempi del richiamo, è tornata di corsa sui suoi passi e si sta affrettando a somministrare le seconde dosi. «La protezione nei confronti di questa variante - ha aggiunto Mantovani - è di circa il 30% dopo la prima iniezione e oltre il 70% dopo la seconda».

 

La variante è già diffusa in Italia? 

Non ancora in maniera preoccupante. A stabilirlo l’ultimo monitoraggio dell’Istituto superiore di Sanità risalente al 28 maggio scorso e condotto su 2568 campioni positivi. Secondo il report, citato ieri anche dal portavoce del Comitato tecnico scientifico e presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, l’incidenza media della variante delta nel nostro Paese sarebbe inferiore all’1%.In particolare, sarebbe al 3,4% nel Lazio, al 2,5% in Lombardia, all’1,2% in Emilia-Romagna, allo 0,7% in Piemonte, all’1,1% in Puglia, al 2,9% in Sardegna e all’1,5% in Veneto.

Tuttavia, nell’ultima settimana le segnalazioni (accertate dagli enti locali ma non ancora aggiunte al monitoraggio nazionale) sembrerebbero essersi moltiplicate. Non solo il caso della palestra milanese, dove però nel focolaio di 10 persone uno solo avrebbe contratto la forma mutata del virus. Ma altri 5 casi, non correlati tra loro, sono stati isolati anche in Umbria. E, soprattutto, ben 25 contagi di questo tipo sono invece stati isolati in Puglia. Diversi casi nella città di Brindisi, due nel Barese e 4 nella provincia di Lecce

© RIPRODUZIONE RISERVATA