Vaccino, terza dose in Israele e Usa. In Italia esperti dubbiosi: «I dati sono ancora pochi»

Vaccino, terza dose in Israele e Usa. In Italia esperti dubbiosi: «I dati sono ancora pochi»
Vaccino, terza dose in Israele e Usa. In Italia esperti dubbiosi: «I dati sono ancora pochi»
di Francesco Malfetano
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Martedì 17 Agosto 2021, 22:13

Non solo Israele, a partire da metà settembre anche gli Stati Uniti inizieranno a somministrare le terze dosi del vaccino anti-Covid ai propri cittadini. A rivelarlo è il Washington Post, secondo cui nelle prossime ore sarà ufficializzata la decisione dell’amministrazione Biden di raccomandare la terza inoculazione sulla scia dell’esempio fornito da Tel Aviv. In Israele infatti, il “secondo richiamo” ha già interessato oltre un milione tra over 50, persone fragili e personale sanitario. A queste ultime due categorie dovrebbero appartenere anche gli americani interessati, con la differenza che - in base a quanto trapelato dalle autorità sanitarie - le terze somministrazioni si terranno a 8 mesi dalle prime, e non a 6 come invece accade per i cittadini israeliani. Una via, quella americana, che da metà settembre sarà perseguita anche Francia e Germania. Non a caso la Ue ha già ha chiuso nuovi accordi per forniture e produzioni locali con Pfizer e Moderna. 

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L’ITALIA 
Per quanto riguarda l’Italia invece, il quadro appare ancora tutt’altro che definito.

La posizione ufficiale adottata per il momento dal ministero della Salute è ferma alle dichiarazioni del direttore generale della Prevenzione Gianni Rezza di circa dieci giorni fa: «La terza dose di vaccino potrebbe, uso il condizionale, essere considerato un booster per i più fragili come gli anziani. Al momento non c’è nessuna certezza né a favore né contro ma è probabile che alcune fasce di popolazione andranno rivaccinate entro l’anno». Perplessità che gli Usa sono state evidentemente vinte grazie ai dati forniti da Israele e soprattutto dai risultati incoraggianti dello studio di fase 1 sulla terza dose presentato da Pfizer-BioNTech all’Fda lunedì. Dietro al cambio di posizione, lasciato anche intendere dal virologo consigliere della Casa Bianca Anthony Fauci, c’è soprattutto il timore che la quarta ondata, sfruttando le peculiarità della variante Delta, renda i vaccini meno efficaci. 

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GLI ESPERTI
Ancora meno definita, appunto, la situazione italiana, anche dal punto di vista logistico. Nei mesi scorsi infatti, tanto il commissario Figliuolo quanto Regioni e ministero si sono detti intenzionati a chiudere gli hub vaccinali per ricondurre la campagna per la terza dose all’interno dei canali tradizionali del sistema sanitario e dei medici di base. Restano però molti dubbi su come ciò possa funzionare alla luce delle molte criticità che hanno accompagnato le somministrazioni fino ad oggi.

Le perplessità maggiori però sono avanzate da diversi degli esperti italiani. Molto poco propensi ad avviare una nuova campagna ad esempio, il primario dell’Ospedale Sacco di Milano Massimo Galli («Mi sembra una fuga in avanti, un modo per giustificare anche quello che ancora non sappiamo sui tempi di copertura dopo la seconda dose») e il direttore dell’Istituto Spallanzani di Roma Francesco Vaia («Fuorviante parlarne ora»).

In pratica prima di decidere bisognerà attendere nuovi dati come spiega il microbiologo dell’università di Padova Andrea Crisanti: «Dal punto di vista del buon senso, la terza dose andrebbe bene per i pazienti fragili, ma quando si devono prendere decisioni in materia di sanità pubblica, queste devono essere dettate da esperienza, buon senso e dati, e per ora i dati mancano». Tant’è che come ha già spiegato il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca, ancora «non è possibile dire che il richiamo possa far aumentare il titolo di anticorpi neutralizzanti e non è scontato che ciò che possa avvenire». Perché? «Nella storia delle vaccinazioni mai ci sono stati vaccini di richiamo ravvicinati nel tempo allo scopo di aumentare il titolo degli anticorpi». Non ha questa funzione nemmeno il vaccino contro l’influenza, che serve invece a generare anticorpi verso un nuovo ceppo di virus influenzale. Per questo «Probabilmente il richiamo potrebbe essere approvato solo per le persone immunodepresse» che «in genere rispondono meno al vaccino». Per Fabrizio Pregliasco invece, docente dell’università Statale di Milano, anche il destino italiano è segnato (Per noi «è ipotizzabile che le terze dosi si facciano tra ottobre e novembre»), a meno che la situazione epidemiologica non migliori: «Se i casi sono pochi puoi arrischiarti ad avere persone meno protette, in questa fase no». 

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