Vaccino, l'infettivologo Andreoni: «Obbligo per chi lavora nelle Rsa»

«Obbligo vaccino per chi lavora nelle Rsa», dice l'infettivologo Massimo Andreoni
«Obbligo vaccino per chi lavora nelle Rsa», dice l'infettivologo Massimo Andreoni
di Graziella Melina
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Domenica 27 Dicembre 2020, 22:11 - Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 14:35

«Con l’inizio della profilassi anti-covid, gli operatori sanitari, tra i primi a poter ricevere il siero, non sembrano ancora tutti intenzionati ad aderire alla campagna vaccinale. Che si tratti di titubanza o soltanto di paura, per Massimo Andreoni, direttore di Malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali), non c’è scusante: «La vaccinazione anticovid per gli operatori sanitari, sia nelle Rsa che negli ospedali, dovrebbe essere obbligatoria. È un dovere etico professionale. Altrimenti, meglio cambiare mestiere».

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Perché è importante che si vaccinino tutti?
«L’operatore sanitario ha un motivo doppio per vaccinarsi. Innanzitutto, per rispettare i malati. Troppe volte è successo infatti che sono stati gli operatori a portare l’infezione ai pazienti. E poi è un problema di sanità pubblica: se non vacciniamo il più possibile, il rischio è che non riusciamo ad ottenere l’effetto di immunità di gregge, indispensabile per far sì che il virus smetta di circolare tra la popolazione». 
Le Rsa sono luoghi particolarmente a rischio.
«Questa epidemia ci ha insegnato che sia all’interno degli ospedali sia nelle Rsa sono stati spesso i sanitari a veicolare il Sars Cov 2. Quindi, siccome i malati sono persone fragili, come è possibile che noi non facciamo entrare nemmeno i parenti per evitare un possibile contagio e poi permettiamo ai sanitari di trasportare il virus? Questo accade regolarmente, non riguarda solo il Covid, ma anche l’influenza, e tutti i virus che circolano e che il personale sanitario può trasmettere. In ogni caso, si tratta di una categoria che per lavorare deve dare l’esempio, deve inevitabilmente vaccinarsi».
Secondo lei dunque il vaccino andrebbe reso obbligatorio?
«Assolutamente sì. È ovvio che il personale che ha a che fare con i pazienti con il Covid, non trasmette la malattia, ma si può contagiare. Invece, il personale sanitario, globalmente, per la maggior parte dei casi assiste pazienti che hanno patologie diverse dal Covid e quindi, se acquisisce la malattia, inevitabilmente trasmetterà l’infezione ai pazienti. Questo è già successo in numerose occasioni». 
Però c’è chi si appella alla libertà di scelta.
«L’obbligatorietà è legata al lavoro che uno svolge. Nessuno è costretto a fare il medico, l’infermiere, il militare, il poliziotto. Per alcune persone è prevista la vaccinazione obbligatoria per il ruolo che si ricopre. Non è una privazione della libertà, è una regola. E si fonda sulla stessa ragione per cui sono stati resi obbligatori i vaccini per i ragazzini che devono andare a scuola: preservare la comunità».
Secondo lei allora perché in questo caso il governo non ha imposto l’obbligatorietà? 
«Perché non c’è una forza politica sufficiente per prendere una decisione che sicuramente sarebbe poco gradita ad una grande fetta dell’elettorato.

Insomma, non c’è un consenso tale per fare una legge che comporta discussioni. Come successe quando si rese obbligatorio il vaccino per le scuole». 

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Eppure siamo in uno stato di emergenza.
«Insisto, l’obbligatorietà per gli operatori sanitari non è legata all’emergenza, ma al lavoro che svolgono. È un dovere etico professionale da parte nostra permettere ai propri assistiti di essere protetti da eventuali infezioni. Mi sembra semplice».
È però paradossale che ad essere ritrosi alla vaccinazione siano gli operatori sanitari.
«E infatti, non è credibile che ci sia un infermiere, un medico che sia un no-vax. Ricordiamo che queste persone hanno dovuto superare esami che riguardavano anche l’uso dei vaccini. Altrimenti vuol dire che è stato sbagliato dare la laurea a ciascuno di loro».
L’ordine dei medici potrebbe intervenire per raccomandare la vaccinazione?
«Sì, lo può dire anche l’ordine dei medici. Ma la questione si limiterebbe ad un problema etico e deontologico. Queste decisioni le deve prendere il governo».
Ma a lei è mai capitato di incontrare operatori sanitari titubanti?
«Certo. Sono tantissimi. Almeno un terzo non si vaccinerà. Non è raro incontrare un terzo dei colleghi...».

 

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