Vaccino in gravidanza, i ginecologi: «Non ci sono rischi per le donne incinte, l'mRna non può arrivare al feto»

Vaccino in gravidanza, i ginecologi: «È sicuro e non ci sono rischi, l'mRna non può arrivare al feto»
Vaccino in gravidanza, i ginecologi: «È sicuro e non ci sono rischi, l'mRna non può arrivare al feto»
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Sabato 24 Luglio 2021, 16:07 - Ultimo aggiornamento: 25 Luglio, 16:28

Il vaccino in gravidanza è sicuro e sono gli stessi ginecologi a invitare le donne incinte a immunizzarsi. «Il vaccino anti-Covid in gravidanza è sicuro e non ci sono rischi, come dimostrato da studi scientifici, che i frammenti di mRna possano 'arrivare' al feto e tanto meno 'passare' attraverso il latte». È molto chiara la posizione dei ginecologi sull'importanza della vaccinazione nelle donne incinte, riaffermata all'Adnkronos Salute da Elsa Viora, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), che non nasconde che «molte future mamme abbiano paura» e che questi timori siano «stati alimentati anche dalla mancanza di una presa di posizione ufficiale da parte delle nostre istituzioni sanitarie». Ma che ribadisce l'appello a «tutte le future mamme o a chi pensa di diventarlo a vaccinarsi».

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Vaccino in gravidanza, l'mRna non arriva al feto

La presidente Sigo, spiega inoltre dal punto vista scientifico che «la paura di eventuali dei danni al feto», a causa del vaccino «non ha alcuna plausibilità biologica, perché i frammenti di mRna sono molto piccoli e hanno una vita brevissima, quindi - spiega - la grande genialità è stato aver trovato queste sfere lipidiche in cui infilare l'mRna per farlo arrivare nelle cellule, per poi essere subito trascritto in Dna, quello che poi stimola la risposta immunitaria.

Dunque l'mRna oltre a non passare attraverso la placenta perché, appunto, dura pochissimo, non passa neanche nel latte, come è stato dimostrato da un recentissimo studio».

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Le donne incinte hanno paura di andare in ospedale

Le donne incinte «avevano e continuano ad avere paura», causa pandemia «di andare in ospedale, così come continua la richiesta da parte loro di informazioni» sui rischi del virus ma soprattutto sui vaccini, «perché sono molto confuse e combattute». Lo riferisce all'Adnkronos Salute Elsa Viora, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), sottolineando come questi timori nascano dal fatto «che le informazioni, anche a livello istituzionale, non sono state e non sono ancora uniformi». «Siamo già un paese con la natalità ai minimi storici, ora la pandemia ha aggravato la situazione, per tanti motivi, anche economici, e non ultimo la paura o la diffidenza delle future mamme». La presidente dei ginecologi ospedalieri, dunque, ribadendo l'invito a tutte le donne «a vaccinarsi, perché non c'è alcun rischio, per loro o per il nascituro», ritiene sia «necessario dare maggiori certezze e aumentare la protezione» di queste persone che «sono a tutti gli effetti soggetti fragili». Lo ha testimoniato chiaramente «lo studio sul Jama - spiega - dal quale è emerso che che la gravidanza è un fattore di rischio aggravante per Covid-19. Quindi, mentre nella prima fase della pandemia sembrava che non ci fossero differenze tra donne in attesa e non, nella seconda ondata è arrivata questa notizia scientifica che ha fatto cambiare idea sulla necessità di vaccinarsi. Ovvero ha sancito che le donne sono soggetti fragili, e anche alla luce delle varianti, devono a maggior ragione vaccinarsi», conclude.

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Cosa dice l'Aifa sul vaccino in gravidanza

«I dati sull'uso dei vaccini anti COVID-19 durante la gravidanza e in allattamento sono tuttora molto limitati, tuttavia studi di laboratorio su modelli animali non hanno mostrato effetti dannosi», è quanto si legge sulle Faq dell'Agenzia italiana del farmaco. «In particolare, i vaccini non sono controindicati e non escludono a priori le donne in gravidanza dalla vaccinazione, perché la gravidanza, soprattutto se combinata con altri fattori di rischio come il diabete, le malattie cardiovascolari e l'obesità, potrebbe renderle maggiormente esposte a rischi in caso di malattia COVID-19 grave», conclude l'Aifa.

 

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