Tumore colon, svolta Dna: il sistema immunitario individuerà le cellule tumorali prima di eliminarle

Lo studio Usa coordinato dal ricercatore Alfonso Bellacosa: «Strada promettente»

Tumore colon, svolta Dna: il sistema immunitario individuerà le cellule tumorali prima di eliminarle
Tumore colon, svolta Dna: il sistema immunitario individuerà le cellule tumorali prima di eliminarle
di Graziella Melina
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Giovedì 2 Marzo 2023, 21:30

Per poter eliminare le cellule tumorali, il sistema immunitario ha bisogno di individuarle. Ma non sempre ci riesce: i tumori che restano invisibili sfuggono purtroppo all’attacco, e così spesso l’immunoterapia è inefficace. Ora però i ricercatori del Fox Chase Cancer Center di Philadelphia, negli Stati Uniti, hanno capito che è possibile stanare le cellule nascoste del cancro del colon-retto bloccando un processo molecolare conosciuto, ossia la cosiddetta demetilazione del Dna, che regola la riattivazione dei geni. Lo studio, pubblicato sulla rivista Gastroenterology, dimostra in sostanza in che modo è possibile rendere le cellule tumorali vulnerabili. 

LA “METILAZIONE”

Nel cancro del colon-retto, uno dei tumori con più alta incidenza nel mondo e che in Italia conta più di 40mila nuovi casi all’anno, era già nota l’importanza della metilazione del Dna, ma non era noto quale fosse il suo ruolo a livello molecolare. «I tumori del colon, cosiddetti cimp, hanno alti livelli di metilazione - spiega il coordinatore dello studio Alfonso Bellacosa, professore nel programma di ricerca Nuclear Dynamics & Cancer e membro del Cancer Epigenetics Institute del Fox Chase Cancer Center - Questa caratteristica era già nota, ma non si conoscevano le basi molecolari del meccanismo.

E allora, studiando i topi, e poi allargandoci a osservare i campioni di tumori umani, abbiamo visto che questi tumori cimp presentano alti livelli di metilazione perché al loro interno hanno uno sbilanciamento. In sostanza, ci sono alti livelli dei fattori che metilano il Dna e bassi livelli dei fattori che lo demetilano, quindi rispettivamente che accendono e spengono i geni».

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Ed ecco il punto chiave dello studio: osservare il rapporto molto stretto tra metilazione e aumento dell’infiammazione e della risposta all’interferone. «In questo momento uno dei sacri Graal della ricerca biomedica – rimarca Bellacosa - è di cercare di aumentare l’efficacia dell’immunoterapia, che è stata veramente rivoluzionaria per tumori in stadio 3-4. Mentre in passato in alcuni casi veniva lasciata ai pazienti una aspettativa di vita bassissima e non c’era un trattamento, adesso invece per una notevole percentuale di questi tumori in stadio avanzato c’è non solo un trattamento, ma in alcuni casi anche una cura».

Per il 40 per cento di melanomi di fase avanzata, per esempio, ormai sono disponibili trattamenti e buoni risultati a lungo termine. «Ora però dobbiamo cercare di capire come possiamo fare per rendere l’immunoterapia efficace per quel 60 per cento dei pazienti che al momento non rispondono alla cura – spiega Bellacosa - E uno degli approcci che è stato usato è quello di intervenire sull’epigenoma, cioè sulle informazioni cosiddette epigenetiche, per rendere i tumori responsivi alle immunoterapia». L’ipotesi dei ricercatori è dunque chiara: bloccando i fattori della demetilazione, e quindi aumentando i livelli di metilazione, cresce anche la risposta infiammatoria all’interferone. «In sostanza, noi cerchiamo di utilizzare l’infiammazione a nostro vantaggio. Sappiamo infatti che questi tumori in buona parte non rispondono alle terapie perché volano sotto il radar del sistema immunitario. Però, se bloccando questi meccanismi riusciamo ad attivare l’infiammazione, a questo punto le cellule tumorali diventano visibili e il sistema immunitario dovrebbe intervenire. Quindi, con l’aiuto dell’immunoterapia dovrebbe riuscire a eliminarli».

 

 

I TEST SUGLI ANIMALI

Per arrivare a risultati concreti saranno necessari ancora diversi studi. Ma l’ipotesi dei ricercatori apre nuove speranze di cura. «Abbiamo già molecole che stiamo testando in laboratorio – anticipa Bellacosa – Entro l’anno speriamo di cominciare gli studi sugli animali. Dobbiamo assicurarci non solo che le molecole siano efficaci, ma anche che non diano problemi di tossicità e poi possiamo passare agli studi sull’uomo. È una strada lunga, ma riteniamo che sia molto promettente anche per altre neoplasie come per esempio quelle del polmone, oltre che per i melanomi». 

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