Sputnik V, il vaccino prodotto in Russia, sarà iniettato a Roma. Non si tratta di una forzatura rispetto ai tempi di autorizzazione dell’Ema (agenzia europea del farmaco), ma dell’avvio di una sperimentazione che farà segnare anche un’altra novità: il mix di vaccini differenti tra prima e seconda dose, una formula già introdotta ad esempio in Francia e Germania per il richiamo di coloro che hanno ricevuto Vaxzevria (AstraZeneca) ma hanno meno di 60 anni. Dati scientifici non esistono però sull’effetto dell’uso di due vaccini differenti. E questo sarà studiato all’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma, «perché bisogna trovare sempre nuove armi per vincere la battaglia», dice il direttore sanitario Francesco Vaia.
Vaccini, quando arrivano? Ritardi anche da Johnson&Johnson: l’Europa accelera e l’Italia frena
FRENATA
Tutto avviene mentre in Italia non decolla la campagna vaccinale, siamo lontanissimi dal traguardo delle 500mila dosi al giorno. Vediamo correre molto più velocemente la Spagna (che ha superato ampiamente le 400mila iniezioni in 24 ore), la Francia (510.000) e la Germania (720.000).
Ma andiamo per ordine e torniamo allo Spallanzani.
L’Italia all’inizio era tra le nazioni dell’Unione europea che vaccinavano di più; oggi Spagna, Francia e Germania l’hanno superata. Eppure, le dosi acquistate dalla Ue sono ridistribuite sulla base del numero degli abitanti. La Spagna ha accelerato, la Francia ha deciso di utilizzare tutto il tempo massimo concesso da Ema tra prima e seconda dose di Pfizer (fino a 42 giorni) in modo da incrementare rapidamente il numero dei cittadini che hanno ricevuto almeno una iniezione. Ad oggi l’Italia è sempre attorno alle 300mila inoculazioni giornaliere, molte ma lontano dall’obiettivo delle 500mila previsto dal piano vaccinale del generale Figliuolo. Non si vedono, nell’immediato, margini di miglioramenti, visti anche i tagli del 50 per cento delle forniture annunciate da AstraZeneca. Tutti danno per scontato che il mezzo milione di somministrazioni giornaliere ci sarà solo a maggio, dunque con almeno due settimane di ritardo (nel migliore degli scenari) rispetto a quanto promesso dal piano vaccinale.
ESERCITO SENZA MUNIZIONI
Le Regioni hanno organizzato maxi centri vaccinali (nel Lazio a Valmontone si possono eseguire 5.000 iniezioni al giorno); c’è la mobilitazione dei medici di base e dei farmacisti; l’accordo per la vaccinazione direttamente nelle grandi aziende. Tutto però è sovradimensionato e, in parte, inutilizzato a causa della carenza di dosi. C’è un grande esercito, ma non ci sono sufficienti munizioni. Una proiezione dei numeri attuali fa ritenere che l’obiettivo della parziale immunità di gregge indicata dal piano (60 per cento degli italiani vaccinati entro fine di luglio), slitterà di almeno un mese.