Seconda ondata, boom di nuovi casi in Europa: ma ora il virus fa meno vittime

Seconda ondata, boom di nuovi casi in Europa: ma ora il virus fa meno vittime
Seconda ondata, boom di nuovi casi in Europa: ma ora il virus fa meno vittime
di Mauro Evangelisti
5 Minuti di Lettura
Domenica 9 Agosto 2020, 00:27 - Ultimo aggiornamento: 09:46

Gli esperti concordano: in autunno si giocherà la vera partita, quando tutti saremo tornati dalle ferie in cui abbiamo rischiato di essere contagiati e quando rientreremo nei luoghi chiusi. Ma la curva che descrive il numero dei nuovi positivi in Spagna, Francia, Germania e, anche se in misura assai minore, in Italia, da giorni ha già avuto un’impennata verso l’alto. Per questo è aumentata la preoccupazione, tanto che in Spagna molte attività sono state fermate, e a Parigi, in alcune zone molto frequentate della città, da domani sarà obbligatorio indossare la mascherina all’aperto. Però c’è un’altra curva che, sorprendentemente, rimane piatta, non segue verso l’alto quella precedente: descrive il numero dei decessi quotidiani.

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SCENARI
Alcuni esempi: in Francia, nell’ultima settimana, il numero delle vittime giornaliere per Covid-19 hanno sempre oscillato attorno alla decina, a volte qualche unità in più, a volte in meno. Eppure, il numero dei nuovi casi positivi ha avuto una impennata drammatica, superando anche 3.000, per attestarsi l’altro giorno a 2.288. Sui dati serve sempre prudenza, perché ogni Paese ha metodi propri per conteggiare positivi, ricoveri e decessi, però l’andamento non è difforme neppure in Spagna. Qui - pur nel confusione dei numeri delle varie comunità autonome - da una settimana la freccia che indica i nuovi positivi punta drammaticamente verso l’alto: dai 1.200 al giorno di fine luglio si è arrivati sopra 1.800, ma il numero dei decessi resta basso, spesso a cifra singola giornaliera. Ancora, la Germania: dai 378 casi giornalieri del 12 luglio si è saliti ai 1.147 di sabato. Eppure, il dato dei morti ogni giorno è sempre ben al di sotto di 10, non c’è stata un’inversione di tendenza rispetto alle settimane passate. In ultimo, l’Italia: dopo il picco, molto preoccupante, di 552 nuovi casi positivi, ieri c’è stato un assestamento a 347. Indubbiamente, su base settimanale, anche nel nostro Paese c’è un costante incremento di nuovi casi, eppure le vittime sono ai minimi storici, venerdì appena 3, ieri 12. Tutto sommato anche il termometro dei ricoveri non registra una salita proporzionata all’incremento dei nuovi casi: i pazienti in terapia intensiva sono sempre attorno a 40 (ieri 42), negli altri reparti attorno a 770. Nel valutare questo quadro, però, non bisogna essere superficiali: comunque, di gente che finisce in ospedale continua ad essercene.

TIMORI
Non solo: in Spagna i medici dei vari reparti non nascondo preoccupazione. Robert Güerri, coordinatore dell’Unità speciale Covid dell’Hospital del Mar di Barcellona, intervistato dalla radio Rac1, ha avvertito che di questo passo «la situazione in autunno sarà grave» e che comunque già oggi ci sono, in quel singolo ospedale, 28 pazienti Covid ricoverati e 9 in terapia intensiva, con degenze che solitamente sono sempre molto lunghe. Altro esempio: in Aragona, la regione più colpita, ci sono 42 pazienti Covid in terapia intensiva, quanto l’Italia. Ancora: gli esperti avvertono che gli effetti sui decessi non si vedono subito quando cresce la curva dei contagi, ma con due o tre settimane di ritardo. C’è però un elemento che può rassicurarci: l’età media dei nuovi positivi, in Italia come nel resto d’Europa, è molto più bassa, e questo, quanto meno in questa ondata, limita i danni. Il problema semmai è un altro: se il virus circola senza controlli, dal giovane presto passerà all’anziano e ai soggetti fragili che rischieranno molto di più.

MESSAGGI CHIARI
Per questo anche il professor Matteo Bassetti, infettivologo dell’Ospedale San Martino di Genova, che è sempre stato tra i più ottimisti, invita a mantenere comportamenti di saggia prudenza. «Dobbiamo inviare messaggi molto chiari ai cittadini - dice -: distanze, usare le mascherine dove necessario, lavarsi spesso le mani. Detto questo, i dati dei paesi europei vicini a noi erano prevedibili e confermano che lo scenario rispetto a marzo è mutato». Cosa significa? «Confermo che si sta alzando la curva dei casi positivi, ma non quella dei decessi. Non solo: non sale neppure quella dei ricoveri. Il dato che ci deve interessare è la percentuale dei tamponi positivi, secondo me quello è l’unico che conta insieme a quello dei ricoveri, anche se i criteri di ospedalizzazione cambiano da regione a regione. Ma guardi le terapie intensive: sono stabili. I decessi? Quelli che vediamo sono legati a pazienti di due-tre mesi fa. Non ce n’è uno tra i positivi rilevati nelle ultime settimane». Ecco, ma non c’è il rischio che, appunto, vedremo tra due mesi i decessi causati dal picco di contagi di oggi? «No, c’è un modo molto semplice per capirlo: non c’è alcun incremento in Italia di pazienti di terapia intensiva. Sia chiaro il virus sta circolando ancora, ma in una percentuale più bassa di marzo».

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