Variante Delta, Lopalco: «Solo se tutti si vaccinano, a settembre la pandemia sarà come un'influenza»

Variante Delta, Lopalco: «Solo se tutti si vaccinano, a settembre la pandemia sarà come un'influenza»
Variante Delta, Lopalco: «Solo se tutti si vaccinano, a settembre la pandemia sarà come un'influenza»
di Diodato Pirone
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Lunedì 26 Luglio 2021, 06:08 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 02:22

«Vediamo come stanno andando le cose nel concreto. Ieri mattina in Puglia sono stati ricoverati in terapia intensiva due coetanei anziani. Uno nato nel 1945 e l'altro nel 1947. Il primo è immunizzato con due dosi, ha sintomi lievi e il ricovero è precauzionale, l'altro non è vaccinato ed è gravissimo. Un episodio minore ma che la dice lunga: chi si vaccina è più protetto. Se riusciremo a raggiungere percentuali alte di vaccinati, nell'ordine dell'80% della popolazione, non saremo più costretti a chiudere perché la pandemia tornerà alle dimensioni di una epidemia stagionale, come l'influenza.

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Che è pericolosa, e anche mortale in alcuni casi, ma non manda in tilt i sistemi sanitari». Pierluigi Lopalco, epidemiologo e assessore alla Sanità della Regione Puglia, la mette così per fotografare la situazione sul fronte del virus dopo l'invasione della variante Delta e la ripresa dei contagi.
Professore la domanda che tutti si fanno è: a settembre dovremo richiudere di fronte a 20 o 30 mila contagi al giorno?
«Nei prossimi 40 giorni dovremo monitorare i dati con estrema attenzione per verificare quante ospedalizzazioni saranno determinate dai nuovi contagi. Insomma dovremo misurare sul terreno se e quanto funzionerà davvero la protezione del vaccino che iniziamo a toccare con mano».
Da dove nasce il suo ottimismo?
«Il caso dei due coetanei di cui parlavo secondo me si moltiplicherà. E molti dati ci fanno ben sperare».
Quali?
«Fino ad aprile, il 90% dei casi di ospedalizzazione riguardavano gli ultrasettantenni. Questa fascia d'età ora è entrata in un'area di relativa sicurezza poiché oltre l'80% degli italiani con più di 70 anni ha già ricevuto le due dosi. Dunque tranne casi rari gli anziani che entreranno in contatto con la variante non dovrebbero subire conseguenze serie. Per questo è meglio mantenere misure di prudenza come la mascherina. Ma ora il punto è un altro: ridurre la circolazione del virus anche fra i giovani che continuano a trasmetterlo ai loro genitori e ai loro nonni. La posta in gioco è questa: più vaccini faremo più velocemente trasformeremo la pandemia in una epidemia».

 


Come accelerare le vaccinazioni dei giovani? Con l'obbligatorietà?
«Intanto in Puglia da giugno abbiamo vaccinato alla spicciolata fra il 25 e il 30% dei ragazzi fra 12 e 18 anni. E' un dato doppio della media nazionale. Dal 23 agosto avvieremo un'operazione sistematica: tutte le scuole invieranno agli hub tutti gli studenti, classe per classe. In questo modo pensiamo di poter riaprire le scuole in presenza dal 20 settembre senza più chiuderle. E faremo crescere la protezione verso i meno giovani».
E l'obbligo?
«Non credo sia utile. I no vax pugliesi sono meno dell'1% della popolazione, la Regione li ha misurati in occasione del lancio del vaccino anti-morbillo. Nonostante gli errori ripetuti sul caso AstraZeneca la gran parte degli italiani vede nel vaccino una leva di liberazione».
E le polemiche sul green-pass?
«Polemiche? In Puglia già da un mese le persone immunizzate possono andare a trovare i loro parenti ricoverati anche in area critica negli ospedali».
Professore, lei sta dipingendo uno scenario a tinte rosee ma cos'é che non ha funzionato?
«Mi sento di essere assolutorio perché con i mezzi che avevamo, in particolare al Sud dove medici e infermieri sono meno della media nazionale, non vedo cosa avremmo potuto fare di più. Poi certo ci sono state moltissime disfunzioni».
Domanda al medico e non al politico: le piace lo spettacolo di 21 sanità regionali?
«Mi permetto una risposta articolata, non elusiva. Il vero problema è dato dalla debolezza del ministero della Sanità che negli anni scorsi è stato svuotato. Di qui enormi difficoltà a coordinare e indirizzare le Regioni ma anche a proteggerle nelle situazioni più delicate con l'indispensabile ruolo di guida».
E i medici? Davvero hanno fatto tutto quello che dovevano e potevano?
«Sulla medicina del territorio serve una rivoluzione. La migliore risposta arriverà quando diventeranno una realtà i piccoli ospedali di comunità, diffusi sul territorio. Forse servirà una nuova figura di medico disposto a fare turni e ad assicurare un servizio continuo. Sarà uno dei capitoli più interessanti del sistema sanitario del futuro. Ora però chi non si è vaccinato corra a prenotarsi».
 

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