Omicron, i sintomi che non si vedono rispetto a Delta (e alle altre varianti) ma che non vanno sottovalutati

Dallo studio di Hong Kong alle parole del professor Tim Spector, capo scienziato dell'app Zoe che attraverso i suoi studi tiene traccia dei sintomi Covid in Gran Bretagna. E arrivano le prime informazioni sui pazienti

Omicron, i sintomi che non si vedono rispetto a Delta (e alle altre varianti) ma che non vanno sottovalutati
Omicron, i sintomi che non si vedono rispetto a Delta (e alle altre varianti) ma che non vanno sottovalutati
di Simone Pierini
7 Minuti di Lettura
Venerdì 17 Dicembre 2021, 07:43 - Ultimo aggiornamento: 18 Dicembre, 16:42

Dove porterà la pandemia la variante Omicron? Quanto è pericolosa? Quanto saranno efficaci i vaccini (e soprattutto i booster) per contenerla? La scienza è impegnata giorno e notte per trovare risposte, indizi e soluzioni per arginare la prepotente ondata che si sta espandendo in varie parti del mondo. Partita dal Sudafrica, almeno mediaticamente, la scoperta delle sue peculiarità è diventata una corsa contro il tempo. Dove ci porterà ancora non si sa, ma la velocità di trasmissione dimostra come molto presto sarà prevalente in tutta Europa e, probabilmente, anche nel resto del pianeta. Sull'efficacia dei vaccini arrivano le prime notizie: due dosi faticano a proteggerci, ma il booster sembra riuscire a ripristinare quello scudo di cui abbiamo bisogno. Sulla pericolosità invece il dibattito è aperto. Lo studio di Hong Kong che tanto ha fatto in questi giorni sembra mostrare un impatto superiore sui bronchi (dove il virus si replica 70 volte in più rispetto alle varianti originali) rispetto ai polmoni (dove sembra incidere 10 volte in meno). Un particolare che potrebbe realmente aver reso meno aggressiva la malattia. 

Omicron, i sintomi diversi dalla classica "triade"

Ciò che arriva dalla Gran Bretagna, alle prese con un aumento monstre di casi (solo ieri sono stati sfiorati i 90mila contagi in 24 ore), mostra come a divergere rispetto ai mesi passati, quelli di Alpha e Delta, siano i sintomi. Tim Spector, capo scienziato dell'app Zoe - che attraverso i suoi studi tiene traccia dei sintomi Covid nel Paese - ha affermato che la maggior parte delle persone infette non soffre più della classica "triade" composta da tosse persistente, febbre e perdita dell'olfatto e del gusto.

Il suo team - ha dichiarato a Sky News - deve ancora raccogliere "dati accurati" sui sintomi di Omicron, ma che i risultati iniziali suggeriscono come siano molto diversi da Delta, presentando quadri più lievi e più simili al raffreddore rispetto alle varianti precedenti. «In linea di massima - ha detto il professor Spector - quello che stiamo vedendo ora è che la maggior parte delle persone che risultano positive al tampone molecolare hanno effettivamente sintomi simili al raffreddore e non hanno la classica triade che ci ha abituato in precedenza. È infatti emersa una condizione sintomatica più lieve che a molte persone sembra proprio un forte raffreddore».

Non sottovalutare i sintomi lievi

Una buona notizia? A leggerla così certamente, ma che nasconde un problema che potrebbe invece alimentare la trasmissione del virus nella popolazione. «Le persone non possono più attendere di soffrire della perdita del gusto e dell'olfatto, o la tosse persistente, per fare un tampone. È fondamentale non sottovalutare sintomi come il banale raffreddore, o un semplice mal di testa, perché più del 50% delle persone che si presenta senza i classici sintomi del Covid, risulta comunque positivo al test». 

 

La sua squadra finora ha esaminato solo 1.000 casi circa di Omicron, ma da quanto emerge la nuova variante sembra produrre una malattia «abbastanza lieve». Il professor Spector ha affermato che «quasi tutti sono migliorati dopo circa cinque giorni». Tuttavia, ha avvertito che «molte delle persone che stanno ricevendo infezioni a Londra in questo momento sono più giovani e quindi non sono tra le persone più a rischio di finire in ospedale».

 

I dati dal Guateng (Sudafrica)

Una ragionevole aspettativa che i vaccini offrano protezione contro malattie gravi, specialmente dopo il booster, è una buona notizia. L'altra buona notizia è appunto la possibilità che l'infezione da Omicron porti a una malattia meno grave a tutto tondo. Ci sono alcune prove di ciò da Gauteng, la provincia sudafricana in cui la variante è diffusa. I dati di Discovery Health suggeriscono che gli adulti che hanno contratto Omicron hanno un rischio di ricovero ospedaliero inferiore del 29% rispetto a quello osservato nella prima ondata di Covid-19 che ha colpito il Paese a metà del 2020. Anche la percentuale di ricoverati che finiscono in terapia intensiva è molto più bassa rispetto alle precedenti ondate e sono inferiori anche i pazienti nei reparti ordinari che hanno bisogno di ossigeno supplementare. Angelique Coetzee della South African Medical Association, che è stata una delle prime a lanciare l'allarme su Omicron, ha costantemente sostenuto che si tratta di una variante più lieve.

Bronchi e polmoni, meno grave ma più veloce

Ritornando allo studio di Hong Kong sulla maggiore replicazione del virus nei bronchi rispetto ai polmoni, gli scienziati sono scettici su cosa possa determinare. Questa scoperta potrebbe spiegare in qualche modo una minore incidenza di malattie gravi poiche l'infezione nei polmoni fa più danni rispetto ai bronchi. Ma una maggiore replicazione nel tratto respiratorio potrebbe aumentare la trasmissibilità, un po' come stiamo assistendo nelle ultime settimane. La capacità di entrare e riprodursi nel rivestimento delle vie aeree potrebbe rendere più facile per il virus aprire la porta di chi sia esposto in quel momento.

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Seppur lievi, più casi portano più morti

Natalie Dean, una biostatistica della Emory University, sottolinea che il successo di Omicron nel reinfettare le persone può dare l'impressione che una frazione più piccola si ammali gravemente solo gonfiando il denominatore. Potrebbe quindi sembrare meno pericolosa anche se, tra coloro che hanno contratto il Covid per la prima volta, fosse pericolosa quanto Delta. Mentre il dibattito sulla gravità comparativa dell'infezione continua, i funzionari della sanità pubblica sottolineano che ciò che conta per l'individuo e per il sistema sanitario non sono poi così ben allineati. Per un individuo, una variante meno letale è preferibile a una più letale, indipendentemente da quanto possa essere trasmissibile. Per un sistema sanitario, il numero di casi in un dato momento è una preoccupazione fondamentale, il che rende la velocità di trasmissione di fondamentale importanza. C'è un livello oltre il quale il sistema non riesce a far fronte al numero di ricoveri. Un virus a rapida diffusione può raggiungere quel livello anche se produce una percentuale inferiore di casi gravi semplicemente perché il numero totale di casi in un dato momento è troppo alto.

E in Italia? Maruotti (Lumsa): sottostimiamo Omicron

«Ci sono alcuni aspetti positivi e altri negativi dell'attuale situazione epidemiologica. Abbiamo la maggior parte dei contagi che sono asintomatici, quindi la gravità della malattia è più bassa (lo vediamo dagli accessi alle terapie intensive che crescono, ma lievemente) e gli ospedali possono ancora respirare. Il punto negativo è che stiamo sottostimando Omicron di cui conosciamo poco, e l'andamento lineare della curva dei casi complica di molto e rende complicato dire quando la crescita si fermerà. L'Austria ha avuto un andamento peggiore del nostro, ha scelto il lockdown e ha bloccato la curva. È chiaro che davanti a noi abbiamo 2 settimane difficili: probabilmente l'inizio dell'anno e tutto gennaio, come accaduto lo scorso anno, sarà il periodo peggiore». È l'analisi per l'Adnkronos Salute di Antonello Maruotti, ordinario di Statistica all'Università Lumsa e cofondatore del gruppo interaccademico di studi statistici sulla pandemia da Covid-19. Su come affrontare le prossime settimane in salita, Maruotti suggerisce «cautela, nei comportamenti individuali e in quello che facciamo nella nostra quotidianità: ad esempio, io indosso la mascherina anche in auto quando accompagno mia madre. Sono piccole cose, ma possono essere decisive - avverte - nel tenere a bada la diffusione del virus». «Sono stato a Londra pochi giorni fa ed è come se la pandemia non ci fosse, gli unici ad avere la mascherina in metro sono gli italiani - evidenzia - Gli inglesi hanno avuto sempre un approccio diverso, ma l'hanno pagato molto nella mortalità indotta da Covid che in Italia invece siamo riusciti a tenere sotto controllo». 

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