Appello dei medici a Conte: «Pensiamo a tutti i malati non Covid»

Appello dei medici a Conte: «Pensiamo a tutti i malati non Covid»
Appello dei medici a Conte: «Pensiamo a tutti i malati non Covid»
di Barbara Carbone
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Martedì 27 Ottobre 2020, 00:31 - Ultimo aggiornamento: 12:34

Si continua a morire di tante patologie ma, negli ospedali italiani, i non contagiati dal Covid si sentono già da mesi, pazienti di serie B. Dall’inizio della drammatica emergenza sanitaria, 11 milioni di cittadini rischiano di perdere la vita per difficoltà di accesso alle cure. La pandemia ha travolto il servizio sanitario nazionale e oggi, a rischiare di più, sono proprio i “pazienti fragili” ossia i malati oncoematologici e cardiologici. Patologie per le quali adesso, in termini di mortalità, si è tornati indietro di venti anni, azzerando, con un colpo di spugna, gli straordinari progressi di decenni di ricerca. A denunciarlo, sono stati gli esperti della Confederazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi (FOCE) che ieri, in una lettera accorata indirizzata al presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte e al presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Stefano Bonaccini, hanno chiesto un incontro urgente. Non rinviabile.

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Proposte concrete

«Presidente Conte incontraci.

Rappresentiamo 11 milioni di pazienti con gravi malattie che rischiano di peggiorare a causa del Covid. Abbiamo proposte concrete per migliorare la situazione» così scrivono Francesco Cognetti, Presidente FOCE e Presidente della Fondazione Insieme contro il Cancro; Giordano Beretta, Presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica); Paolo Corradini, Presidente SIE (Società Italiana di Ematologia); Ciro Indolfi, Presidente SIC (Società Italiana Cardiologia); Fabrizio Pane, Past President SIE e Francesco Romeo - Presidente Fondazione Italiana Cuore.

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«Vogliamo proporre soluzioni che non possono aspettare»- ha detto Francesco Cognetti. «Prima di tutto è necessario prevedere la completa separazione tra ospedali Covid e Covid free. La commistione dei pazienti Covid con gli altri aumenta il rischio di contagio con aumento anche della mortalità per il virus, già molto elevata nel nostro Paese. L’intasamento degli ospedali dovuti a questa mescolanza va a tutto discapito dei malati non Covid che non riescono ad accedere ai servizi di cura con l’urgenza necessaria e che sono quindi a rischio morte». Per potere curare tutti, secondo il presidente di FOCE, è indispensabile che arrivino nuovi e ingenti finanziamenti per la sanità e che si preveda, a stretto giro, l’assunzione a tempo indeterminato e con procedura d’urgenza di medici e infermieri.

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La sanità pubblica, ha ricordato il professor Cognetti, può rialzarsi solo con il rafforzamento della medicina del territorio e la forte responsabilizzazione dei medici di medicina generale. L’obiettivo adesso deve essere quello di diminuire la pressione sugli ospedali, al collasso a causa di ricoveri impropri e corse al pronto soccorso per patologie che potrebbero essere curate a casa. Ultimo, ma non certo per importanza, è l’appello dei cardiologi che hanno in cura 7,5 milioni di persone e che chiedono a gran voce la disponibilità di test rapidi in tutti gli ospedali per trattare tempestivamente gli oltre 200.000 infarti che, ogni anno, arrivano nei pronto soccorso.

Terapie sospese

Negli scorsi mesi i pazienti oncologici e con malattie cardiovascolari sono andati incontro a sospensioni di terapie o cancellazioni di interventi chirurgici. Inoltre circa il 20% dei pazienti fragili ha scelto di non recarsi nei centri per timore del contagio. I ricoveri ospedalieri di emergenza per infarti e ictus si sono dimezzati, molte persone sono morte a casa o sono sopravvissute con danni gravi al cuore o al cervello, perché gli eventi cardiovascolari gravi sono tempo-dipendenti.

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E nel futuro potrebbe andar peggio visto che sono andati persi circa un milione e mezzo di esami per lo screening e la diagnosi precoce dei tumori della mammella, del colon-retto e del collo dell’utero. Agli oncologi, ematologi e cardiologi italiani, appare incredibile come tali attività di prevenzione, dopo i 3 mesi di emergenza Covid, nella maggior parte delle Regioni non siano ripartite. D’altronde, dicono, la fragilità del sistema sanitario complessivo è testimoniata dall’elevatissimo tasso di mortalità fra i contagiati dal Covid-19 rispetto agli altri Paesi. Evidentemente, qualcosa da rivedere c’è. Ma è una battaglia che si può vincere sul tempo perché, come scrivono i rappresentanti dell’alleanza FOCE «il tempo è poco, ma possiamo ancora agire con successo».

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Si sta facendo sempre più distante, la didattica. Potrebbe finire online, infatti, anche per i piccoli delle elementari che, mettendo da parte regoli e colori, si ritroveranno a studiare guardando uno schermo. Per le scuole sta partendo una nuova difficile fase, in cui a dover fare i conti con le lezioni digitali sono ancora una volta famiglie e docenti.


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