Covid, Crisanti: «Da noi pochi test, così si riapre prima: ora tracciamo chi va nei luoghi pubblici»

Covid, Crisanti: «Da noi pochi test, così si riapre prima: ora tracciamo chi va nei luoghi pubblici»
Covid, Crisanti: «Da noi pochi test, così si riapre prima: ora tracciamo chi va nei luoghi pubblici»
di Diodato Pirone
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Sabato 29 Maggio 2021, 06:12 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 11:52

Il professor Andrea Crisanti è in viaggio in Gran Bretagna. Un raid di 12 giorni (torna oggi) durante il quale è stato sottoposto a ben cinque tamponi. «Il primo l'ho fatto il giorno prima di partire come previsto dalle disposizioni per chi va all'estero - racconta - Ma poi qui nel Regno Unito me ne hanno fatto uno il secondo giorno di permanenza, poi altri il quinto, l'ottavo e il penultimo giorno del viaggio, l'unico necessario per riprendere l'aereo del ritorno».

 

Basterebbe questo dato per capire come l'Inghilterra bracca il Sars CoV-2, ne traccia gli spostamenti e gli impedisce di sfuggire all'accerchiamento ottenuto dopo aver vaccinato il 92% della popolazione.
Professor Crisanti, la notizia del giorno è che la media dei nuovi contagi italiani su 100.000 abitanti è scesa sotto quota 50. A questo punto può ripartire la caccia al virus con il tracciamento di tutti i contatti dei contagiati. Lei come la vede?
«Bisogna far partire un tracciamento vero, ben organizzato, il più vicino possibile a quello che fanno a Singapore o in Corea del Sud. Quanto alla media di 50 contagi, beh, non ci credo».
Andiamo con ordine professore. Prima della seconda ondata abbiamo provato a tracciare anche in Italia con risultati alterni. Ha senso riprendere a verificare i contatti dei contagiati con la metà della popolazione vaccinata?
«Ha più senso di prima perché così davvero possiamo mettere il Covid-19 nell'angolo. Non credo che sparirà del tutto ma potrebbe essere ridotto ad una presenza sporadica come sta accadendo qui in Gran Bretagna dove hanno 2.000 casi e una decina di decessi al giorno ma fanno un milione di tamponi ogni 24 ore e hanno ripreso il tracciamento in modo che apprezzo molto».

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E cioè?
«Ogni volta che un cittadino inglese entra in un luogo pubblico, ad esempio un cinema o un ristorante, deve comunicarlo a un'app, la loro Immuni. In questo modo il sistema sanitario inglese è in grado di stroncare tutti i focolai sul nascere. Ripeto va comunicata la presenza in un luogo pubblico per via elettronica mentre noi lasciamo il nome e il cellulare dal barbiere su carta scritta. Nessun Grande Fratello perché nessuno sa nulla quando gli inglesi si muovono per conto loro».
Un modello analogo a quello di alcuni Paesi asiatici...
«Meno preciso. Il tracciamento che funziona al 100% è quello adottato a Singapore. Li è scoppiato un focolaio difficilissimo da spegnere ovvero in aeroporto. Ebbene hanno subito fatto il tampone non solo ai dipendenti dell'aeroporto ma a tutti i passeggeri di un giorno preciso. E sono tornati Covid free».
E in Italia siamo in gradi di farlo?
«Stiamo già facendo un esperimento pilota a Ferrara, con la collaborazione della Regione Emilia-Romagna e dell'Azienda Sanitaria locale. Speriamo che altri seguano».
Ma il tracciamento ben fatto non sarà troppo invasivo?
«Neanche un po'. Il modello ha un nome: network testing. E corrisponde a un tracciamento vero. Che non significa fare tamponi a tappeto alla cieca ma concentrarli in un segmento preciso. L'Italia deve cambiare paradigma sul tracciamento».
Immuni è utile?
«Certo, se viene scaricata da almeno il 60% della popolazione e se fa scattare controlli mirati, veloci e ben fatti. Serve una catena logistica adeguata come quella inglese. E poi...»
E poi?
«Dobbiamo tornare a puntare sul tampone molecolare che trova il virus nel 90% e passa dei casi. Aver puntato su quelli rapidi è stato una sciagura perché lasciano passare troppi contagiati. L'esperienza dei rapidi non ci lascia niente».
Basterà?
«Le persone non devono aver paura dei risultati dei tamponi. Se risultano positivi dovrebbero andare in malattia e non in ferie, altrimenti sono liberi con risposta entro 48 ore. Insomma serve massima collaborazione, regole chiare, un po' di tecnologia e una buona organizzazione logistica».
Ultima cosa: perché non crede alla media italiana di 50 contagi?
«Perché se davvero fosse così non avremo più di 100 decessi al giorno e perché alcune Regioni per ottenere la fascia bianca fanno pochi test, giusto per far finta di cercare il virus».
 

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