Crisanti: «Il caso di Roma ci fa capire che siamo in grado di vigilare»

Crisanti: «Il caso di Roma ci fa capire che siamo in grado di vigilare»
Crisanti: «Il caso di Roma ci fa capire che siamo in grado di vigilare»
di Lucilla Vazza
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Domenica 7 Giugno 2020, 10:57 - Ultimo aggiornamento: 17:36

«Il cluster della Pisana conferma quello che dico dall'inizio: anche un solo caso è un caso di troppo, perché può sempre far partire un focolaio. Quando non si hanno informazioni complete deve prevalere il principio di precauzione». Andrea Crisanti, professore ordinario di microbiologia all'Università di Padova, non ha dubbi: è ancora presto per allentare la tensione.

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Professore, nel report settimanale di monitoraggio con i dati regionali si evidenzia che permangono focolai un po' ovunque nel Paese e quindi bisogna tenere alta la guardia. Di cosa parliamo oggi quando diciamo focolai?
«Il problema è che non si sa niente. Vedo che ogni tanto esce un caso qua, uno là, ma come esce fuori, come si collega ai casi precedenti? La realtà è che non si sa».

Lei è considerato il mago dei tamponi, quello che ha impostato la strategia di test a Vo e poi in Veneto. Che cosa capisce dai dati che vengono diffusi?
«Non si sa a chi fanno i tamponi. È vero che se ne fanno tanti, ma sarebbe interessante capire a chi li fanno. Perché magari si fanno a una popolazione in qualche modo sana, protetta. Prendiamo quella degli operatori sanitari, è bene fare i test, ma andrebbero scorporati dai dati complessivi perché è un campione non rappresentativo della popolazione normale che non usa professionalmente i dpi e non è in ambiente a rischio come gli ospedali. Poi andrebbe capito il giorno a cui si riferisce il prelievo: esiste una grande differenza tra i tamponi che vengono fatti e processati nello stesso giorno e che sono probabilmente quelli veri e i risultati dei tamponi che si riferiscono a prelievi dei giorni precedenti. Se faccio un tampone oggi, ma il risultato arriva tra dieci giorni, cosa che avviene, quando il dato esce non è riferito a quel giorno. Servirebbe maggiore trasparenza, c'è una discrepanza temporale che falsa tutto».

Allora dov'è l'errore di fondo?
«Non bisogna mai sottovalutare l'inefficienza. Credo sia dovuto a un problema di impostazione iniziale, di com'è stato fatto il sistema e di come i dati vengono caricati. Non credo ci sia nessuna volontà a priori di nascondere i dati, io penso che proprio non siano in grado di darli. Ora il sistema è stato impostato in una determinata maniera, cambiarlo è troppo complicato oppure non è possibile. Perché penso sia interesse di tutti avere una geolocalizzazione dei dati, capire come i casi del giorno prima si ricollegano a quelli del giorno dopo e così via. Torniamo alla discrepanza temporale: se dico che ho fatto 60mila tamponi, ma sono i risultati in differita relativi a dieci giorni prima, dò un'informazione fuorviante. La cosa grave è che per capire la situazione si fa il rapporto tra tamponi effettuati e casi positivi, ma se una percentuale dei risultati non è relativa a test fatti in quel giorno di che stiamo parlando? I dati sono essenziali, serve chiarezza, lo ha ribadito formalmente anche l'Accademia dei Lincei».

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E come si esce da questo pasticcio?
«Bisognerebbe chiedere alle Regioni il tempo medio di attesa della risposta al tampone. Devono tirare fuori questo dato, solo così possiamo iniziare a capire un po' di più. E poi va chiesto sempre alle Regioni: a chi li fate i tamponi? Un esempio: i 18mila tamponi della Lombardia a chi li hanno fatti? Li fanno ai casi sospetti, alle rsa o ai lavoratori della sanità? Sarebbe utile capirlo».

Crisanti lei è romano, anche se ha vissuto a Londra e ora è a Padova, ha visto che abbiamo un focolaio in città?
«Il cluster della Pisana conferma quello che vado dicendo dall'inizio: anche un solo caso è un caso di troppo, perché può sempre far partire un focolaio. Per questo dico ai cittadini che è meglio avere un po' più di prudenza. Quando non si hanno informazioni complete deve prevalere il principio di precauzione. Di questo virus non sappiamo ancora tantissime cose, passa inosservato per mesi prima di esplodere. Quindi potrebbe agire sottotraccia ovunque. Il caso romano è venuto fuori in ambito ospedaliero ed è stato delimitato prontamente. C'è di buono che adesso siamo in grado di vigilare, abbiamo capito l'importanza del contact tracing e siamo capaci di contenere un focolaio. Questo di Roma, tre mesi fa avrebbe potuto essere come quello di Alzano Lombardo e fare molte vittime, oggi è stato arginato prima di fare danni. Qualcosa insomma abbiamo imparato».


 

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