Covid, dai vaccini alla temperatura e agli anticorpi monoclonali: ecco perché «dobbiamo resistere altri sei mesi»

Covid, dai vaccini alla temperatura e agli anticorpi monoclonali: ecco perché «dobbiamo resistere altri sei mesi»
Covid, dai vaccini alla temperatura e agli anticorpi monoclonali: ecco perché «dobbiamo resistere altri sei mesi»
di Mauro Evangelisti
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Domenica 13 Settembre 2020, 17:11 - Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 16:10

Davvero dobbiamo resistere altri sei mesi, difenderci dal coronavirus fino a primavera? E perché siamo fiduciosi che dopo l’inverno del 2021 la battaglia contro Sars-CoV-2 sarà se non vinta, quanto meno in una fase meno cruenta? Molti esperti, prima di tutto, fissano quell’arco temporale come necessario per arrivare a un sostanziale miglioramento della situazione. Il professor Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società malattie infettive, già qualche settimana fa disse al Messaggero: «Dobbiamo gestire questo periodo di tempo che ci separa dal vaccino o da qualche strategia terapeutica. Abbiamo cinque-sei mesi critici di fronte a noi, dobbiamo resistere». A fine agosto anche il professor Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani, sempre molto rigoroso e poco propenso alle fughe in avanti, alla domanda se davvero bisogna resistere altri sei mesi, ha risposto: «Abbiamo un sistema sanitario già più preparato rispetto a prima. Inoltre, speriamo di avere presto gli anticorpi monoclonali, che sono in fase di studio, una delle opzioni possibili prima del vaccino».

Covid, direttore Spallanzani: «Resistere altri 6 mesi, speranze anche dalle nuove cure»

Anche Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid) e componente della task force della Casa Bianca contro la pandemia di Covid-19, ha spiegato: «Ci aspettano mesi difficili quest’inverno. Si tornerà alla normalità nel 2021». Ha anche precisato però che, tenendo conto dei tempi per la distribuzione di massa del vaccino, il periodo necessario per una completa vittoria sul coronavirus, bisognerà attendere «la seconda parte del 2021». Infine, il ministro della Salute, Roberto Speranza, in un’intervista a Repubblica, ha ripetuto il concetto «bisogna resistere altri sei mesi», affermando che «una cura e un vaccino per il Covid sono vicini».
 

Cosa succede

Bene, ma cosa fa sperare in una soluzione dopo l’inverno? Prima di tutto, l’indicazione della «resistenza di sei mesi» serve anche a invitare la popolazione a non abbassare la guardia, a usare mascherine, distanziamento e igiene delle mani come forma di difesa, tenendo conto che sarà un piccolo sacrificio che non durerà per sempre. Inoltre, la ripresa della sperimentazione del vaccino su cui l’Italia e l’Europa hanno puntato con più decisione (AstraZeneca con l’Università di Oxford e la Irbm di Pomezia) restituisce fiducia: lo stop era stato determinato dall’insorgere di una patologia imprevista, la mielite acuta trasversa, in uno dei 50mila volontari a cui è stato inoculato il vaccino nella fase 3 della sperimentazione; in pochi giorni, però, un comitato di esperti indipendente del Regno Unito ha escluso il collegamento con il vaccino. Questo significa che il ritardo, se non ci saranno altri imprevisti, sarà di poco più di una settimana. L’obiettivo è avere le prime dosi (la produzione è già cominciata) a fine novembre, che non significa però distribuzione di massa. Se il vaccino di AstraZeneca sarà validato (va sempre ricordato che siamo ancora nella fase di sperimentazione), prima sarà distribuito a categorie fragili e lavoratori della sanità in prima linea, poi gradualmente agli altri.
 

Situazione migliorata

Per questo si pensa che già in primavera la situazione potrà essere migliorata. Inoltre, quando, passati i mesi freddi, torneremo a una vita maggiormente all’aria aperta, le occasioni di trasmissione del virus diminuiranno. Ma cosa succede se invece il vaccino di AstraZeneca non raggiungesse l’obiettivo? L’Europa e l’Italia in realtà hanno investito anche su altri progetti alternativi, secondo Speranza su un pacchetto di altri sei vaccini in fase di sperimentazione. Ad oggi - il punto è stato fatto dal professor Guido Silvestri, docente negli Usa alla Emory University di Atlanta sulla pagina Facebook “Pillole di ottimismo” - ci sono altri quattro vaccini in fase 3 di sperimentazione «il Moderna (USA, a RNA messaggero), il Pfizer (anch’esso USA ed a RNA messaggero), Sinopharm (Cina, virus inattivato) e Sinovacc (anch’esso Cina, virus inattivato)».
 


Secondo molti scienziati, un’alternativa importante che potrebbe arrivare anche entro l’inizio del 2021, è quello degli anticorpi monoclonali, un farmaco considerato risolutivo sul quale molti laboratori sono in fase avanzata.

Uno dei progetti più importanti, in Italia, è in Toscana, il MabCo19 di Tls, ma anche il Policlinico Tor Vergata di Roma sta partecipando a uno studio internazionale per mettere a disposizione gli anticorpi monoclonali per Covid 19. Cosa sono? Spiegano alla Fondazione Veronesi: «Il principio è lo stesso del plasma iperimmune. In questo caso si andrebbero a copiare e produrre su larga scala solo gli anticorpi necessari e in quantità elevate. Anticorpi che possono essere riprodotti in laboratorio in quantità illimitata e per un numero infinito di volte in modo tale da avere un concentrato delle migliori armi per colpire il virus». Ultimo tassello: oggi stanno migliorando anche i sistemi di rilevamento di presenza del virus, grazie ai tamponi antigenici rapidi e a quelli in arrivo salivari, in 20 minuti si sa se un soggetto è positivo. Anche questo ci aiuterà a frenare la diffusione del virus. Bisogna resistere altri sei mesi.

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