Vaccino anti influenzale, il censimento del governo: cerchiamo scorte in Europa

Vaccino anti influenzale, il censimento del governo: cerchiamo scorte in Europa
Vaccino anti influenzale, il censimento del governo: cerchiamo scorte in Europa
di Francesco Malfetano
4 Minuti di Lettura
Martedì 29 Settembre 2020, 00:39

«Già da due settimane abbiamo dato mandato all’Aifa di esplorare il mercato estero per individuare le dosi di vaccino antinfluenzale mancanti in Italia ma ancora ce ne sono a sufficienza. L’allarme delle farmacie? Vendono prodotti, fanno il loro interesse». Dopo giorni di polemiche sui vaccini antinfluenzali, il ministero della Salute non le manda più a dire e, in qualche modo, chiarisce la strategia che ha in mente per la gestione dell’imminente campagna vaccinale in partenza ai primi di ottobre. 

«Priorità ad anziani, bambini e sanitari» filtra dai corridoi del Lungotevere, «per loro siamo coperti e molti vaccini sono già in consegna alle Regioni». E per gli altri? Per la parte attiva della popolazione, quella non considerata fragile, tra i 7 e i 59 anni? «Vediamo come va. Se ci sarà un boom di richieste per le vaccinazioni antinfluenzali» in farmacia o dai medici di base, «acquisteremo altre dosi all’estero». 

Per ora in pratica, l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha ricevuto mandato da Roberto Speranza di limitarsi a controllare le disponibilità sul mercato al di fuori della Penisola e a studiare procedure rapide apposite per l’approvazione del prodotto importato, nel caso in cui ve ne fosse bisogno di qui a breve. C’è da dire che, interpellata, l’Agenzia non chiarisce quali siano effettivamente i tempi medi per la gestione di questo tipo di operazione.

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In ogni caso, almeno per ora, nessuna corsa all’acquisto su input delle associazioni di farmacisti, distributori e medici di base che temono un assalto perché a loro delle 17 milioni di dosi già acquistate dallo Stato (circa 7 milioni in più dell’anno scorso) ne sono state destinate appena 250 mila unità, 1,5% del totale. Vale a dire in media 12 dosi per ognuno dei 19 mila punti vendita italiani. Un’inezia rispetto al milione e 500 mila (attorno al 7,5% del totale) richiesto per coloro che non rientrano tra i soggetti a rischio. 

«È tutto sotto controllo» si apprende dal ministero. «Le richieste avanzate sono probabilmente troppo alte» e non rispondono ai trend vaccinali italiani. «Fanno giustamente il loro interesse - aggiungono infine lasciando trasparire un bel po’ di irritazione - ma ricordiamo che per loro è un business». 

La strategia è delineata. Si punta ad iniziare il prima possibile la campagna vaccinale - già anticipata all’inizio di ottobre - e coprire il maggior numero di persone fragili del Paese. Poi, al termine di questa prima fase, in cui anziani e bambini potranno presentarsi nelle Asl per richiedere il vaccino (che non è assolutamente obbligatorio) si valuterà la consistenza delle scorte. Tanto quelle private quanto quelle pubbliche in mano alle Regioni. 

In questo momento infatti sono proprio gli enti territoriali a giocare un ruolo decisivo. Se è vero che nell’intero Paese per raggiungere l’obiettivo di vaccinare il 75% della popolazione target mancano “appena” 3 milioni di dosi, è anche vero che ci sono grossissime variabilità a livello regionale. Ad esempio il Lazio, tra i territori più virtuosi, ne avanza circa 1 milione di unità, mentre la Lombardia, la cui gestione sanitaria ha già dimostrato ampiamente di non essere all’altezza, con quelle aggiudicate non riesce a coprire tutto il fabbisogno. Bisognerà quindi che le Regioni dialoghino tra di loro e non solo. 

Come stimato dalle associazioni di categoria, ogni anno le varie Asl rendono circa il 10% delle dosi ricevute. Uno stock a cui farmacisti e distributori da sempre guardano con interesse, invitando a ricalcolare le disponibilità, magari arrivando a cederne a loro almeno il 5%. Ebbene, quest’anno più che mai dato che i sintomi Covid a prima vista possono essere facilmente confusi con quelli di una normale influenza stagionale, lavorare a questa redistribuzione può essere determinante, ottimizzando le risorse. 

L’Emilia Romagna guidata da Stefano Bonaccini ad esempio, proprio ieri, con un’iniziativa autonoma, ha fatto sapere che raddoppierà il quantitativo di dosi regionali destinate alla popolazione attiva passando dall’1,5% iniziale al 3% del totale. Nella stessa direzione si starebbe muovendo anche la sanità toscana e, nei prossimi giorni, altre novità simili si attendono da altre Regioni. «Ci aspettiamo che da qui a 2-3 giorni tutti i nodi si sciolgano» spiega FederFarma. Appena in tempo per passare dalle polemiche delle ultime ore all’inizio di una campagna vaccinale tanto importante. 
 

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