Il Covid è un "killer" multiorgano: il cuore diventa fragile, infarti e ictus più frequenti

Il Covid è un "killer" multiorgano: il cuore diventa fragile, infarti e ictus più frequenti
Il Covid è un "killer" multiorgano: il cuore diventa fragile, infarti e ictus più frequenti
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Domenica 20 Dicembre 2020, 17:40 - Ultimo aggiornamento: 18:57

Nei pazienti affetti da Covid-19 aumentano i casi di infarto miocardico per un aumento dell'instabilità delle placche aterosclerotiche, per una trombosi coronarica o per un danno miocardico, anche in assenza di restringimenti delle arterie. Sars-Cov-2 è in grado di danneggiare l'endotelio interno dei vasi. Inoltre, può provocare miocardite in almeno il 7% dei pazienti. Nel 78% dei guariti si trovano alterazioni cardiache strutturali di vario genere, con segni simili a quelli lasciati da un infarto. Tutto ciò suggerisce che il virus può lasciare «un'eredità» sulla funzionalità cardiovascolare e talvolta comprometterla con danni permanenti al cuore.

Covid, un "killer multiorgano"

Il Covid-19 si conferma così un "killer multiorgano" e anche il cuore ne fa le spese: sono sempre più numerosi gli studi che segnalano danni cardiaci a seguito dell'infezione da SARS-CoV-2 e un contagiato su 5 va incontro a conseguenze cardiovascolari.

I danni sull'endotelio dei vasi sanguigni, l'aumento dell'instabilità delle placche aterosclerotiche, un danno miocardico, l'incremento dell'infiammazione cardiaca e la comparsa di alterazioni strutturali simili a quelle provocate da un infarto, presenti in una consistente quota di casi, suggeriscono che l'infezione Covid potrebbe lasciare strascichi, anche a lungo termine, sulla funzionalità cardiovascolare, con un aumento del rischio di infarto o ictus, soprattutto nei pazienti usciti dalla terapia intensiva.

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Un preoccupante scenario che emerge da un simposio in occasione del congresso nazionale della Società Italiana di Cardiologia. «I primi dati degli studi di questi mesi indicano che anche SARS-CoV-2 può comportare ripercussioni serie, non solo a breve termine, sui pazienti guariti, soprattutto se usciti dalle terapie intensive - spiega Ciro Indolfi, Presidente SIC - Un sempre maggior numero di segnalazioni indica la comparsa di danni cardiovascolari anche in pazienti guariti che non avevano disturbi cardiovascolari prima del contagio. Il cuore dei pazienti è perciò più fragile durante la malattia ma lo può restare anche dopo: è stato segnalato, per esempio, che Covid-19 può provocare una miocardite in un almeno il 7% dei pazienti che non avevano alcun disturbo cardiaco prima del contagio, e nel tempo questa infiammazione cardiaca può avere conseguenze sulla funzionalità dell'organo». «Inoltre, un recente studio condotto in Germania, su 100 sopravvissuti, pubblicato su JAMA Cardiology, ha evidenziato che nel 78% dei guariti si trovano alterazioni cardiache strutturali di vario genere con segni simili a quelli lasciati da un infarto» dichiara Gianfranco Sinagra, Vicepresidente SIC.

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