Covid, ecco perché gli anziani guariscono più di prima

Covid, ecco perché gli anziani guariscono più di prima
​Covid, ecco perché gli anziani guariscono più di prima
di Mauro Evangelisti
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Martedì 15 Settembre 2020, 00:40 - Ultimo aggiornamento: 09:42

Silvio Berlusconi, 84 anni tra due settimane, è stato dimesso dall’ospedale San Raffaele di Milano dove era stato ricoverato, per Covid, il 3 settembre. Flavio Briatore, 70 anni, contagiato in Sardegna dal coronavirus, è guarito. Sta cambiando qualcosa rispetto alla prima fase dell’epidemia, quando la maggioranza delle vittime di Covid era formata da ultra settantenni? Anche gli anziani vedono aumentare le probabilità di superare la malattia? Davvero tre mesi fa, come ha sostenuto il professor Alberto Zangrillo, l’ex premier sarebbe morto? Il professor Massimo Galli, primario di Malattie infettive del Sacco di Milano, invita a non giungere a conclusioni azzardate: «Andate a rivedere i dati, anche nella prima fase dell’epidemia la maggior parte degli anziani contagiati si salvava. Noi abbiamo fatto un’indagine di sieroprevalenza a Castiglione d’Adda, abbiamo scoperto che tra i novantenni il 30 per cento era stato infettato, eppure non aveva avuto diagnosi, perché senza sintomi o con sintomi lievi».

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I dati raccolti dall’Istituto superiore di sanità confermano questo quadro: la fascia di età tra 80 e 89 anni è quella con il tasso di letalità più alto, è vero. Ma comunque è al 34,1 per cento, un dato altissimo e drammatico, che ci dice anche altro: la maggioranza, nella fascia di età di Silvio Berlusconi si è salvata, visto che il 65,9 per cento è sopravvissuto. Anche nella prima fase. Nella fascia di età di Flavio Briatore (70 anni compiuti in aprile) le statistiche dell’Istituto superiore di sanità indicano un tasso di letalità del 25,9 per cento, dunque molto elevato. Significa, però, che, in media, 3 pazienti su 4 di Covid di età compresa tra i 70 e i 79 anni normalmente si salvano. Spiegano gli esperti: ricordiamoci sempre che a inizio epidemia l’Italia fu travolta da uno tsunami, i medici ancora dovevano capire come affrontare la malattia, mancavano posti negli ospedali e in terapia intensiva, spesso i malati venivano ricoverati quando era troppo tardi. Oggi più della malattia, è cambiata la capacità di risposta del sistema sanitario, la tempestività. E comunque gli anziani sono più attenti, evitano, per quanto possibile, occasioni di contagio anche se, come ha registrato la cabina di regia del Ministero della Salute nell’ultima settimana, l’età media dei positivi è tornata a salire. Il meccanismo è evidente: gli anziani, questa estate, hanno evitato i luoghi affollati e si sono tutelati, ma oggi a trasmettere loro il virus, in ambito familiare, sono i giovani tornati dalle vacanze o che hanno frequentato, senza precauzioni, i luoghi della movida.

Il professor Massimo Galli, però, l’altro giorno con un tweet ha detto apertamente: «Molti nonni temono conseguenze dalla riapertura delle scuole. Dicono “sono vecchio, se la prendo muoio”. Non è così. Molti ospiti delle Rsa hanno superato Covid, non pochi anche senza sintomi. Niente panico. Solo la giusta attenzione e un po’ più di cautele stando coi nipoti». «Ho scritto non a caso “anche che serve cautela” - aggiunge Galli - ma allo stesso tempo non deve passare il messaggio che un anziano positivo debba per forza avere un esito fatale della malattia. Le statistiche non dicono questo, così come i nostri studi che abbiamo concluso sul caso campione di Castiglione d’Adda. Il tasso di letalità è sicuramente più alto tra gli anziani, ma è più basso di quanto dicano i numeri, perché una parte di loro sicuramente è stata positiva senza che venisse mai eseguito il tampone. Anche nelle Rsa, dove purtroppo in molti sono morti, però c’è stato un numero elevato di ospiti che erano positivi, ma l’hanno superata. Siamo tutti felici per le dimissioni di Berlusconi, però deve essere chiaro che anche a inizio epidemia molti suoi coetanei si sono salvati. Non si può parlare di un cambiamento della malattia. Semmai è vero che, rispetto ai bambini e ai ragazzi, gli anziani sono più suscettibili, si infettano più facilmente. Nei più giovani la trasmissione del virus è meno frequente e questo ci fa ben sperare nella sostenibilità degli effetti della riapertura delle scuole».
 

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