Covid19, l'epidemiologo Crisanti: «Manca ancora un farmaco vero come accadde per Ebola e Sars»

Covid19, l'epidemiologo Crisanti: «Manca ancora un farmaco vero come accadde per Ebola e Sars»
Covid19, l'epidemiologo Crisanti: «Manca ancora un farmaco vero come accadde per Ebola e Sars»
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Giovedì 9 Aprile 2020, 09:28 - Ultimo aggiornamento: 11:41

«Per tornare alla normalità dobbiamo prepararci bene. Sarà un processo lungo e progressivo». Dunque, inutile cercare scorciatoie. L'epidemiologo Andrea Crisanti, direttore del Laboratorio di Virologia e Microbiologia dell'Università-azienda ospedale di Padova, respinge l'ipotesi di poter ripartire presto con le attività: «Presto? Non è un avverbio temporale adatto in questa situazione. Piuttosto, meglio pensare a come si può tornare alla normalità in sicurezza».

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Ora prevalgono le misure restrittive, ma come la si potrà garantire nella fase 2?
«Bisogna semplicemente tracciare i contagiati, aumentare la diagnostica, incrementare la produzione e la distribuzione di mascherine per tutti».

Partiamo dalla diagnosi, i test sierologici vanno bene?
«Quelli anticorpali non credo siano la risposta giusta, perché al momento hanno dei problemi. L'unica certezza che abbiamo è il cosiddetto tampone».

Ma sarà difficile farlo a tutti.
«Infatti, si devono fare in determinate circostanze per prevenire un'infezione. Bisogna poi implementare i meccanismi di tracciabilità, perché se abbiamo un caso dobbiamo essere in grado di tracciare tutti i contatti, isolarli e testarli».

Ma senza i test a tappeto, come si può fare la tracciabilità?
«Se sono infetto, attraverso un'app si riesce a identificare tutti i contatti che ho avuto».

E gli asintomatici come si fa a scovarli?
«Allo stesso modo. Se ho una persona che sta male, testo tutti gli asintomatici e tutte le persone che gli stanno intorno e così li troviamo».

Abbiamo problemi di approvvigionamento anche solo di mascherine. Lei suggerisce di utilizzare un'app per la tracciabilità. Pensa sia fattibile?
«Non so se è possibile ma se vogliamo riacquistare la nostra libertà di movimento dobbiamo rinunciare un po' alla nostra privacy. Non ci sono vie di mezzo».

A proposito dei vari farmaci che si stanno utilizzando, pensa possano essere utili?
«Questa è una fase in cui non c'è una terapia che funzioni al 100 per cento: si prova qualsiasi cosa. Ma questo riflette la grande necessità di trovare dei composti attivi: in qualche modo, anche per uso compassionevole, viene sperimentato qualsiasi farmaco che sembra avere un effetto. E' la stessa situazione che è accaduta per Sars ed Ebola».

Ritiene che qualche linea di ricerca sia promettente?
«La combinazione che ora si usa di più è la clorochina, che è un antimalarico, insieme alla azitromicina, un antibatterico. E pare che funzioni. Sono farmaci che interferiscono con alcuni processi della cellula che sono importanti per l'assemblamento dei vari componenti del virus. In qualche modo ne ritardano la moltiplicazione».

La curva dell'epidemia non fa ben sperare?
«Le misure di distanziamento sociale stanno cominciando a fare effetto, una buonissima notizia. Gli italiani però a questo punto meritano trasparenza e un programma. Questo approccio scandito ogni 15 giorni disorienta le persone. Serve un piano, con criteri ben precisi e una strategia chiara su come reprimere i focolai che eventualmente ripartono. Ma spetta al governo tracciare la strada».
 

 
 
 

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