Coronavirus, Cauda (Gemelli): «L'estate non ferma i contagi. Sbagliato pensare che ne siamo fuori»

Coronavirus, Cauda (Gemelli): «L'estate non ferma i contagi. Sbagliato pensare che ne siamo fuori»
Coronavirus, Cauda (Gemelli): «L'estate non ferma i contagi. Sbagliato pensare che ne siamo fuori»
di Lorena Loiacono
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Mercoledì 5 Agosto 2020, 20:17 - Ultimo aggiornamento: 6 Agosto, 13:57

I positivi che aumentano, quasi raddoppiano, e il livello dell’attenzione che cala. Professore Roberto Cauda, direttore di Malattie infettive del Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs di Roma, che cosa sta accadendo in Italia?
«I dati ci dicono che oggi abbiamo 384 casi in più, su questi numeri pesano molto i focolai. Ad esempio quello di Mantova che sembra essere piuttosto consistente».

L’estate avrebbe dovuto fermare il virus, non sta accadendo?
«No, i modelli matematici a marzo prevedevano un importante calo dei contagi per il periodo estivo. Non legato al caldo ma a diversi fattori. Non è così».

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Perché?
«Dopo il picco dei contagi registrato intorno al 22-23 marzo, è iniziata la discesa e con l’estate sarebbe dovuto arrivare il calo ma questi modelli matematici non potevano fare i conti con i casi di importazione e il mancato rispetto delle norme di prevenzione. E così quella diminuzione così forte non c’è stata: addirittura si pensava che le Regioni arrivassero al contagio zero con l’estate».

Invece in che fase siamo?
«Direi ancora stazionaria,  se vediamo i numeri dei cosiddetti “attualmente positivi” al tampone, con o senza sintomi, ci accorgiamo che oscillano da settimane attorno a 12mila. Tanti entrano e tanti escono».

Siamo lontani dai contagi zero, quindi?
«Sì, certo. Non sta andando come ci aspettavamo inizialmente. Possiamo constatare che questa curva è stabile ma resta però quello zoccolo duro che non si riesce a scalfire».

Da che cosa dipende?
«E’ legato al fatto che ci sono casi di importazione, i focolai che escono fuori periodicamente e quei comportamenti sociali che portano al mancato uso delle norme di protezione. Tutto contribuisce con uno scenario con cui dovremmo fare i conti ancora per un po'».

Come se ne esce?
«Abbiamo tre possibilità per abbassare i numeri: un nuovo lockdown ma sarebbe ingiustificato e ingiustificabile, l’arrivo del vaccino oppure l'attenzione e il rispetto alle misure di prevenzione. Questa terza possibilità è nelle nostre mani: dobbiamo farcene carico tutti. In questa fase dobbiamo farlo».

La malattia fa ancora paura?
«E’ subdola. Ricordiamoci sempre che si trasmette anche attraverso gli asintomatici. Ci difendiamo con le mascherine e il distanziamento. Ma in Italia stiamo perdendo di vista questo aspetto fondamentale».

Le persone non ci pensano più?
«Non so se è così anche all’estero, ma in Italia si percepisce che la gente ha acquisito una falsa convinzione che ne siamo fuori. Purtroppo non è così e i focolai ne sono la prova. Inoltre lo vediamo anche dall’abbassamento dell’età media nei contagi».

Cioè?
«L'età media è scesa intorno ai 40-50 anni quindi il virus si sta muovendo tra le persone più giovani. Questo dato sarà legato a diversi fattori ma anche alla minore attenzione nella percezione del rischio».

L’attenzione potrebbe bastare a fermare il Covid-19?
«In questa fase, in cui i numeri sono bassi rispetto ai mesi scorsi, dobbiamo stringere i denti perché la riduzione potrebbe venire semplicemente dalle misure di prevenzione. Quindi facciamolo».

 

 
 


 

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