Anziani e farmaci, rapporto Aifa: «Prescrivere meno e meglio». Dati sul consumo di vitamina D, medicinali per il cuore, diabete e osteoporosi

Cautela sul recente boom del colecalciferolo: «Prevalenza d'uso fino al 40%, ma non è correlato a dati rispetto all'utilità per ossa, fratture e prevenzione Covid»

Anziani e farmaci, rapporto Aifa: «Prescrivere meno e meglio». Dati sul consumo: dai medicinali per la pressione e il diabete agli antibiotici
Anziani e farmaci, rapporto Aifa: «Prescrivere meno e meglio». Dati sul consumo: dai medicinali per la pressione e il diabete agli antibiotici
di Stefania Piras
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Mercoledì 13 Ottobre 2021, 14:25 - Ultimo aggiornamento: 15:59

Dieci farmaci, tutti insieme. Un terzo degli anziani over 65 in Italia assume dieci terapie al giorno. «Il 29% degli uomini e il 30,3% delle donne dai 65 anni in su utilizzano 10 o più sostanze contemporaneamente», lo certifica un rapporto dell'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa).  Il rapporto «L'uso dei farmaci nella popolazione anziana in Italia» mette in guardia sui rischi che comporta la politerapia, cioè l'assunzione di più pillole al giorno e anche su quanto siano davvero appropriati quei farmaci. Nel documento si legge che in cima alla classifica dei principi attivi assunti c'è il colecalciferolo, cioè la vitamina D, seguita dall’acido acetilsalicilico (Aspirina), usato per la prevenzione cardiovascolare. L'Aifa critica molto questo boom di prescrizioni della vitamina D.

Comorbidità - La parola che abbiamo imparato durante la pandemia e che caratterizza la quasi la totalità degli anziani italiani. La comorbidità è quando si hanno una, ma più spesso due o tre malattie a cui badare. La presenza di due o più patologie caratterizza già il 75% dei 65enni, e questa condizione sembra colpire gli over 80 nella loro quasi totalità. La conseguenza è l'utilizzo di un elevato numero di farmaci. Ma, attenzione perchè la politerapia non risolve tutti i problemi in modo meccanico: comporta una riduzione dell'aderenza al trattamento e un aumento del rischio di interazioni tra principi attivi. Vuol dire che si cura un organo o una malattia e però si destabilizza (o peggio, si danneggia) qualcos'altro. Oppure significa che l'interazione è in grado di depotenziare effetti e obiettivi. Gli esperti la chiamano "cascata prescrittiva": farmaci utilizzati per contrastare gli effetti indesiderati di altri farmaci. 

La conclusione del rapporto Aifa è molto secca: prescrivere meno per prescrivere meglio. L'Aifa parla infatti di anziani esposti a «un uso di farmaci massiccio, prevalente e preponderante anche rispetto all'uso generale». C'è una variabilità regionale nei consumi, con un Sud che per diverse categorie di farmaci consuma anche il doppio rispetto al Nord. È un segnale importante di ridotto accesso ai servizi integrati, come se il farmaco fosse uno strumento anche di supplenza». Come muoversi per una migliore gestione dei farmaci nella terza età? «Si è individuato un capitolo: prescrivere meno per prescrivere meglio. Anche a livello internazionale sono molte le azioni in questo senso, di richiamo su un uso eccessivo e improprio di farmaci, nei grandi anziani in particolare. Abbiamo una serie di esperienze ben avviate. Ora vanno condivise, diffuse e devono essere l'inizio di collaborazioni più ampie».

 

Perché è importante una prescrizione di farmaci appropriata

Un paese che ha alti tassi di invecchiamento, come l'Italia, «ha davanti la sfida dell'appropriatezza della prescrizione per la persona anziana: oggi affrontiamo le malattie in modo specialistico, e anche in modo brillante, ma dando risposte singole alla singola patologia. La conseguenza, però, è che in alcuni casi, a fronte di persone che hanno molte condizioni concomitanti, ci troviamo davanti a situazioni in cui i principi attivi prescritti sono tantissimi. Ho avuto modo di conoscere persone che assumevano anche 22 o 23». Così Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, intervenuto durante la presentazione del Rapporto.

«La prescrizione contemporanea di più di 5 principi attivi è associata a un maggior rischio di ospedalizzazione da farmaco» ha ricordato. «Se a questo aggiungiamo il fatto che i bugiardini sono complessi da leggere soprattutto per i caregiver degli anziani, che sono spesso non italiani, si può capire l'importanza della questione». 

Nel corso del 2019 la quasi totalità della popolazione con 65 anni o più ha ricevuto almeno una prescrizione di farmaci (98%), con consumi giornalieri pari a 3 dosi per ciascun cittadino e una spesa pro capite annua di circa 660 euro.

Gli uomini hanno un consumo superiore di medicinali rispetto alle donne e al Nord Italia se ne utilizzano meno che al Sud. A fornire il quadro è sempre il Rapporto Aifa.

Pressione, diabete, antibiotici e gastroprotettori

I farmaci del sistema cardiovascolare, e in particolare gli antipertensivi, sono la categoria a maggiore prescrizione negli over 65 anni e, nel 2019, otto persone su dieci in questa fascia di età hanno ricevuto almeno una dose, con un massimo del 96% negli ultra 85enni. Seguono i farmaci per il diabete e per la gastroprotezione (con una prevalenza d'uso del 71%), mentre circa metà della popolazione over 65 ha ricevuto antibiotici.

Sugli antibiotici, si legge che «l'uso inappropriato per alcune patologie, in particolare per le alte vie respiratorie, sale al 70-80% o più. Certamente sono farmaci importanti, ma il chiaro sovrautilizzo richiede azioni di miglioramento dell'uso, a tutti i livelli. E l'Aifa punta a queste». 

Colesterolo e osteoporosi

Analizzando i dati in termini di consumo e di spesa, emerge una grande differenza Nord-Sud: al Nord, infatti, si spendono in media 593 euro per utilizzatore rispetto ai 759 euro del Sud. Questa differenza di spesa (-21%) è spiegabile sia con un minore consumo che con un diverso costo per giornata di terapia. Tra il 2018 e il 2019 si registra un aumento di spesa per tutte le classi di età, incluse le circa 800.000 le persone di oltre 90 anni, una popolazione in notevole crescita e di cui poco si conosce rispetto all'utilizzo dei farmaci.

Tra i novantenni, spiega il rapporto, «è importante sottolineare come vi sia un significativo utilizzo di farmaci, tra cui gli ipolipemizzanti (sono quelli che abbassano i livelli plasmatici di colesterolo; farmaci largamente utilizzati a questo scopo sono i fibrati e le statine) e gli anti-osteoporotici, non supportato da una reale esigenza terapeutica». Nelle donne la prevalenza di farmaci per il trattamento dell’osteoporosi è pari al 48,4%.

Nella popolazione ultranovantenne i farmaci più utilizzati sono gli antipertensivi, gli antiaggreganti, i farmaci per l’ulcera peptica, il reflusso e gli ipolipemizzanti, «sebbene la prescrizione di alcune categorie dovrebbe essere rivalutata basandosi sul reale rapporto rischio/beneficio in questa popolazione speciale», si legge. 

Il boom della vitamina D (colecalciferolo), «improprio, frutto di una cultura fantasiosa»

Il colecalciferolo è la molecola più utilizzata (circa 4 donne su 10 ne hanno ricevuto almeno una dose). Che negli anziani la vitamina D sia il primo farmaco per consumi «è un dato di interesse e anche preoccupante per via della mancanza di evidenze sulla reale efficacia rispetto alla presunta protezione da infezioni e anche rispetto al Covid. Notizie in proposito ancora circolano e vanno combattute». Così il direttore generale dell'Agenzia Italiana del Farmaco ( Aifa), Nicola Magrini. «C'è un attenzione eccessiva e impropria - ha proseguito - per uso di vitamina D, anche a dosi elevate, per il quale non abbiamo dati a supporto». I consumi di vitamina D, ha sottolineato, «si sono ridotti del 20-30% dopo la nota Aifa basata su buone evidenze scientifiche, ma potrebbe essere ancora ridotto». In Italia, infatti, «abbiamo una prevalenza d'uso molto elevata fino al 40%, non correlato a dati rispetto all'utilità per ossa e fratture e per la funzione fantasiosa che questo farmaco ha assunto in una pseudocultura. Alcune trasmissioni televisive, che di questo si occupano e di livello dubbio, credo dovrebbero essere interessate da provvedimenti». Se si fa un confronto europeo si vede come quello che qua è un farmaco tra i primi 5», il colecalciferolo, «in alcuni Paesi non è neanche fra i primi 100. C'è un'attenzione eccessiva e impropria all'uso di un farmaco a dosi elevate per il quale non ci sono le evidenze per raccomandarlo».

Antiaritmici «eccessivamente utilizzati»

Oltre a questa vi sono altri farmaci «eccessivamente utilizzati, come alcuni antiaritmici quali il dronedarone, e si segnalano interazioni tra farmaci della coagulazione usati spesso insieme, come Fans insieme ad Aspirina». Il rapporto conferma, infine, «un sovrautilizzo di antibiotici documentato da moltissimi studi anche a livello internazionale»: ne ha fatto uso «il 50% degli anziani». «Il fatto che il 50% degli anziani abbia ricevuto almeno un antibiotico nell'anno è un dato che conferma un sovrautilizzo», segnala il direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco Aifa, Nicola Magrini. 

Attenzione ad antidepressivi e ansiolitici: «hanno importanti effetti avversi»

Tra le sostanze di più comune utilizzo tra i residenti delle Rsa, oltre ai farmaci cardiovascolari (36,5% dei consumi), figurano gli psicotropi, come benzodiazepine, antidepressivi e antipsicotici. «Nonostante la comune presenza di disturbi neuro-psichiatrici negli anziani istituzionalizzati, va comunque sottolineato che l'uso di questi farmaci è spesso associato a importanti eventi avversi e quindi inappropriato». Lo si legge nel Rapporto Aifa, che parla di «un ampio carico farmacologico», in particolare di quelli per il cuore e di quelli per il sistema nervoso centrale. Le donne usano di più gli antidepressivi (19,3% vs 10,6% negli uomini) e anche i farmaci per la terapia del dolore (17,1% vs 11,5%).

I pazienti in trattamento con farmaci per la demenza assumono anche farmaci psicotropi (antidepressivi, antipsicotici, anti-Parkinson e antiepilettici), spesso prescritti in modo inappropriato per il controllo di disturbi psicotici e comportamentali.

La cascata prescrittiva che sballa effetto finale: l'esempio della terapia per il Parkinson associato a quello per l'ulcera - Nel rappporto si fa riferimento a chi prende alcuni farmaci per il trattamento del morbo di Parkinson/parkinsonismo (come ad esempio L-Dopa). Questi pazienti spesso prendono anche farmaci per l’ulcera peptica e la malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE). Nel rapporto Aifa si sottolinea che questa interazione andrebbe evitata perché l'ultimo farmaco depotenzia e riduce l'assorbimento del primo.  in quanto ne riducono l’assorbimento Anche l’uso concomitante di farmaci per il trattamento del morbo di Parkinson/parkinsonismo e antipsicotici è considerato un esempio di “cascata prescrittiva”. 

Nel dettaglio le benzodiazepine hanno registrato valori di 37,6 Ddd (dosi definite giornaliere) su 100 giornate di degenza e di 116,4 Ddd per posto letto, mentre gli antidepressivi di 35,9 Ddd/100 giornate di degenza e 111,2 Ddd/posto letto. «È apparsa evidente, inoltre - si legge nel report - la notevole differenza nell'utilizzo di farmaci tra le varie Regioni considerate, verosimilmente dovuta al diverso case-mix (diverse caratteristiche) dei residenti nelle Regioni analizzate».  

Il Covid? Ha ridotto drasticamente le visite e quindi anche le prescrizioni 

La pandemia ha condizionato l'uso di farmaci per malattie croniche nella terza età, riducendo le prescrizioni di antipertensivi, antidiabetici e antiasmatici. Ma è stato osservato anche «un calo del consumo degli antibiotici e dei Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei (Fans), attribuibile alla riduzione della trasmissione di patologie infettive delle vie respiratorie» grazie alle norme anti Covid-19».  Un capitolo del report analizza il consumo di farmaci per il trattamento delle patologie croniche, nel 2020, confrontato con i dati dell'anno precedente. Il decremento maggiore di uso dei farmaci sembra osservarsi nelle fasce di età molto avanzate e sottolinea come questa popolazione »possa avere avuto maggiore difficoltà ad accedere alle cure, ma non si può escludere l'impatto delle ospedalizzazioni e mortalità legate al Covid osservate negli ultraottantenni». Al contrario, ha sottolineato Francesco Trotta, a capo della divisione Health Technology Assessment di Aifa, «le nuove prescrizioni di terapie per malattie croniche hanno subito una riduzione maggiore nelle fasce di età più giovani, ovvero tra 65 e 69 anni, e su questo potrebbe avere influito la maggiore difficoltà di accesso ai centri per le diagnosi, come confermato dalla drastica riduzione delle visite specialistiche: se non ci sono prime visite non ci sono prime prescrizioni». Al contrario, gli anticoagulanti, o eparine, ha proseguito, «hanno subito il maggiore incremento, come probabile risultato dell'aumento di prescrizioni per eventi tromboembolici Covid-19 correlati o per la loro profilassi». 

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