Panico da esclusione. Dall'illusione di essere (ancora) l'ago della bilancia alla paura di non saper più organizzare ma soprattutto orientare un voto M5S, un boccone elettorale che mantenga un sapore stellato nella battaglia che da qui a due settimane, quando si disputerà il ballottaggio, porterà al nuovo sindaco di Roma.
Il punto è che l'universo del Movimento 5 stelle appare più che mai frastagliato e il dibattito politico si svolge, nonostante tutto, ancora e solo via chat.
L'ago della bilancia c'est moi, sembra far capire intanto la sindaca uscente Virginia Raggi che dopo il voto ha ringraziato nell'ordine prima Luigi Di Maio e poi Giuseppe Conte. Se la prende comoda comunque: al momento ha accettato l'invito di Enrico Michetti, candidato del centrodestra, per un caffè in Campidoglio. E contemporaneamente dice di essere in contatto anche con il candidato del centrosinistra Roberto Gualtieri. «Conte adesso è in difficoltà perché Virginia ha ottenuto più voti di quelli della lista: hanno votato lei e non il Movimento 5 stelle 2050 di Conte e se Conte darà indicazioni specifiche per votare Gualtieri difficilmente lo seguiranno perché c'è un plebiscito nelle chat di Roma per non votare Gualtieri», spiega chi segue da vicino la trattativa appena cominciata.
Il caffè di Raggi è dunque un caffè a stomaco vuoto per i tanti che stanno alla finestra a guardare poichè la base del Movimento a Roma è a digiuno di un dibattito interno in grande stile. L'ultimo grande evento risale agli Stati generali. Poi cosa è successo? Poi è stato incoronato presidente Giuseppe Conte che ha sciolto quel che rimaneva dei vecchi meetup e pure i gruppi comunali e municipali «che comunque hanno continuato ad esistere in proroga per la campagna elettorale», racconta un'attivista. Ora chi vorrà costituire un gruppo dovrà mettere insieme almeno 50 iscritti e avere il permesso degli organi nazionali.
Il Movimento a Roma non è in movimento, stagna in queste ore. Al netto della manovra della corrente capitanata dal consigliere Enrico Stefano che già un paio di mesi fa aveva cercato contatti con il Pd e al netto dei parlamentari che stanno cercando di far pesare l'accordo nazionale con il Pd e anche quello regionale chè pure è accordo di governo. Nella giunta Zingaretti siedono due assessori M5S; adesso, però quell'accordo viene definito subito «un altro paio di maniche». Ergo ad oggi non si registrano tentativi di apparentamento. «Non conviene», dice un dirigente pentastellato romano intento a ridisegnare un perimetro politico. E però c'è quel 19% di voti che non sono proprio pochi e che porebbero essere capitalizzati in vista del ballottaggio. Ma chi ispirerà quei voti il giorno del ballottagio? Chi è in grado di indirizzarli verso un candidato o un altro? Virginia Raggi si è intestata questo compito in cui è già entrata a gamba tesa la sua arci nemica Roberta Lombardi, protagonista e fautrice dell'accordo regionale di cui sopra.
Comprensibile che Lombardi sia delusa che non si riparta là. «Interessante che mentre il M5S dà ampia dimostrazione a tutti i livelli di essere pronto al dialogo e al confronto sulle idee e le progettualità con tutte le forze politiche, Calenda e Gualtieri si affannino a commentare su un fantomatico ingresso in giunta del M5S. Cosa peraltro mai chiesta e mai ipotizzata», ha detto all'Adn Kronos l'assessora M5S alla Transizione ecologica in Regione Lazio Lombardi, commentando il 'niet' di Roberto Gualtieri a un possibile ingresso dei grillini in Giunta a Roma: uno stop, ricordiamo, auspicato anche da Carlo Calenda che ha superato i grillini sia nelle percentuali che nel voto di lista. «Rimane agli atti però che una certa sinistra radical chic continui a guardare con condiscendenza e senso di superiorità il M5S. Gli elettori non sono una mandria di buoi da condurre al pascolo, ma se ci hanno scelto certo non apprezzeranno questo mal posto senso di superiorità nei nostri confronti», ha sottolineato l'ex deputata romana.
La superiorità è nei numeri: nessuno fa il bis, nessuno del M5S va al ballottaggio; al Nord, dove il grillismo non ha mai sfondato, a Vimercate il sindaco uscente Sartini ha provato a correre con una civica, senza simbolo, perché aveva capito che il vento stava cambiando, ma nulla: neppure lui è arrivato al secondo turno.