Roma, salvataggio di Ama e Atac: conto salato (da 490 milioni) per il Comune

Roma, salvataggio di Ama e Atac: conto salato per il Comune
Roma, salvataggio di Ama e Atac: conto salato per il Comune
di Francesco Pacifico
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Domenica 14 Marzo 2021, 12:10

Duecentocinquanta milioni di euro da iniettare a breve nel capitale di Ama. Ai quali se ne aggiungeranno altri 100 milioni per la Tari non incassata negli anni precedenti. Ma il conto potrebbe essere più salato. Atac, invece, dovrebbe causare un esborso diretto e indiretto di 144 milioni. In totale quasi mezzo miliardo di euro che Roma Capitale dovrà elargire per salvare le sue due principali aziende, nonostante i lauti contratti di servizio concessi senza gara. Una cifra pari alla metà di quanto la giunta Raggi ha potuto investire per infrastrutture o per sistemare le strade ogni anno. Certo, c’è la cattiva gestione di queste aziende. Ma secondo Luisa Melara avvocato e per 5 mesi presidente di Ama, si sconta poi «il mancato controllo incrociati da parte del Comune tra crediti e debiti». 

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L’attenzione maggiore è in questi giorni su Ama, dopo che il Comune ha approvato in giunta assieme i bilanci mancanti (2017, 2018 e 2019 con perdite pari a 230 milioni) e il piano di risanamento per una ricapitalizzazione da 256,4 milioni.

Precisamente 106,4 milioni sono legati a debiti che Palazzo Senatorio rinuncia di riscuotere, altri 50 milioni verranno versati in cassa, mentre 100 arriveranno sotto forma di finanziamento del socio (sempre il Campidoglio) che li convertirà in un aumento di capitale. Vanno poi aggiunti altri 100 milioni di euro che sempre l’amministrazione si accollerà, per lo più attraverso cartolarizzazioni, per “risarcire” Ama della Tari non pagata negli scorsi anni. Sono soldi per ripianare debiti legati alla necessità di dover portare fuori Roma i rifiuti non avendo impianti propri; ai servizi effettuati fuori dal contratto di servizio sui quali nessuno ha mai controllato; a operazioni finanziarie discutibili come la valorizzazione del Centro Carni sulla Togliatti (svalutato da 139 a 23 milioni) . Così il confine delle responsabilità tra controllato e controllante è molto labile. La Procura preme per l’approvazione definitiva dei bilanci (pende una segnalazione del Tribunale delle imprese di Roma secondo cui Ama è insolvente), mentre i consiglieri grillini temono di incorrere in danno erariale (per i 106,4 milioni di crediti tagliati) dando l’ok in aula ai consuntivi e al piano di risanamento. L’assessore al Bilancio, Gianni Lemmetti ha spiegato che, senza un sì, si va verso la liquidazione. L’effetto? Lo chiarisce l’amministratore unico di Ama, Stefano Zaghis, alla fine del suo piano di risanamento: un no «esporrebbe il Socio al rischio del mancato incasso del proprio credito (pari a euro 491 milioni)». In poche parole il Campidoglio potrebbe perdere un altro mezzo miliardo.

 


Complice la crisi scatenata dal Covid (con un crollo della bigliettazione pari a 140 milioni), spaventa il futuro di Atac, già in concordato preventivo per gestire un debito monstre da 1,3 miliardi di euro. Ai commissari nominati dal Tribunale, l’amministratore unico Giovanni Mottura ha spiegato che la municipalizzata rispetterà le scadenze se saranno iniettati capitali sufficienti per uscire dalla crisi. E chi metterà questi soldi? La mano pubblica, con in testa il Campidoglio. Dal governo sono attesi ristori per 75 milioni per il crollo dei passeggeri, il Comune dovrà versare direttamente e indirettamente altri 144 milioni. A breve arriveranno 40 milioni di liquidità sotto forma di prestito, ma poi ne spenderà altri 28 per l’acquisto delle ex rimesse Vittoria, Ragusa e di Acilia. Deve poi rinunciare a 49 milioni di debiti nel contenzioso con Tpl e pagare 36 milioni dei crediti che via Prenestina vanta verso l’azionista.

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