Tumori, nel Lazio ospedali in affanno: per tre pazienti su dieci l'intervento è dopo un mese

I dati di Agenas: solo nel 68% dei casi si rispettano i tempi per le operazioni

Tumori, nel Lazio ospedali in affanno: per tre pazienti su dieci l'intervento è dopo un mese
Tumori, nel Lazio ospedali in affanno: per tre pazienti su dieci l'intervento è dopo un mese
di Giampiero Valenza
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Mercoledì 2 Novembre 2022, 00:04

Su interventi urgenti contro i tumori e le malattie cardiovascolari, il Lazio ancora deve risalire la china. La fotografia che fa l’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, è di una lista d’attesa che pone Roma e le altre quattro province in fondo alla classifica. Sul fronte degli interventi “in classe A” (quelli più urgenti), per le patologie cardiache, il Lazio è l’ultima regione italiana a rispettare i tempi di attesa di 30 giorni. Il dossier di ottobre dell’Agenzia, che fa riferimento ai dati del 2021, dice che in poco più di un caso su due nel settore pubblico (il 57,8%), si rispetta il tempo dell’operazione entro il mese. Va meglio (con il 76,5%) la sanità privata. Anche sulle operazioni oncologiche la situazione non è delle migliori. Il rapporto Agenas mette il Lazio al dodicesimo posto in classifica: nel 68,5% dei casi il pubblico riesce a trovare un posto in sala operatoria entro i 30 giorni. Anche qui, risultati migliori ci sono nelle strutture private (62,9%). Fanno meglio gli ospedali pubblici di regioni come la Lombardia (71%), e addirittura Basilicata e Sicilia (76%), Calabria e Molise (84%). Netta la distanza che il Lazio ha con il settore pubblico di Valle d’Aosta (89%), Veneto (90%) e Provincia autonoma di Bolzano (95%).

 Nel confronto in un medio periodo che viene fatto tra 2019 e 2021, che testimonia dunque quanto nel corso di questi anni ci si sia impegnati sul fronte della sanità a fare sempre meglio il Lazio ha numeri leggermente superiori allo zero.

Il rispetto dei tempi d’attesa per gli interventi oncologi urgenti nell’arco dei tre anni è migliorato infatti solo dello 0,7%: una situazione peggiore rispetto a Regioni come Valle d’Aosta (19,3%), Abruzzo (14,5%), Toscana (13,4%), Lombardia (9,6%) e Sicilia (7,3%), che invece hanno fatto meglio, ma comunque è migliore rispetto ai cali che sono stati registrati nella Provincia autonoma di Trento (-25,4%), in Emilia-Romagna (-14,1%), in Piemonte (-10,7%), in Umbria (-6,1%) che però (a differenza del Lazio) partivano da situazioni nettamente migliori.

LA MOBILITÀ
Purtroppo il Lazio paga il prezzo di un’alta mobilità passiva, cioè di malati che si recano in altre regioni per essere curati. Nel 2018 si registrava una spesa per il Lazio di 216 milioni di euro che sono andati nei bilanci di altre regioni. Già allora era la terza regione italiana in questo triste primato, superata solo da Campania (319 milioni di euro) e da Calabria (280 milioni di euro). Il lockdown ha bloccato buona parte della mobilità sanitaria interregionale e ciò è durato, a livello nazionale, ben oltre l’emergenza, con circa il 30% complessivo di calo della stessa mobilità. Ciò non permette di realizzare un confronto delle variazioni rispetto agli anni precedenti. L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali fa anche una fotografia sull’indice di fuga per alcuni interventi oncologici verso altre regioni. Nel 25% dei casi di tumore all’esofago ci si va ad operare fuori dai confini del Lazio. Questo è vero anche per il tumore al pancreas (24,81%). Saldi negativi anche per il cancro della colecisti (14,79%), della tiroide (14%) e al cervello (11,71%). 

giampiero.valenza@ilmessaggero.it

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