Zone rosse e arancioni, governo non ha fretta di riaprire: «Così salviamo il Natale»

Il governo non ha fretta di riaprire: «Così salviamo il Natale»
Il governo non ha fretta di riaprire: «Così salviamo il Natale»
di Alberto Gentili
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Mercoledì 18 Novembre 2020, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 14:05

ROMA L’offensiva delle Regioni va a sbattere contro il muro alzato da Roberto Speranza e da Francesco Boccia, decisi a tentare il salvataggio del sistema sanitario vicino al collasso e a difendere le festività di Natale.
Ai governatori (soprattutto di centrodestra) che chiedono di smantellare l’algoritmo e i parametri che decretano quali Regioni devono diventare o restare rosse, arancioni o gialle (con le restrizioni e i danni economici conseguenti) il ministro della Salute e quello degli Affari regionali rispondono picche. Tant’è, che venerdì il nuovo giro di vite verrà deciso ancora con i 21 parametri contestati dai governatori. Poi si vedrà. Perché «il dialogo con le Regioni è sempre aperto», dice Speranza. «Ma a decidere saranno i tecnici e i dati oggettivi, non c’è spazio per la discrezionalità politica», puntualizza Boccia.

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La porta comunque non è del tutto sbarrata: nelle prossime ore i due esponenti del governo accoglieranno l’invito delle Regioni e celebreranno il vertice richiesto.

Del resto l’obiettivo è comune: scrivere il 3 dicembre un Dpcm con un allentamento in grado di permettere lo shopping natalizio e le Feste in famiglia. Il problema è che i governatori vorrebbero regole più lasche a prescindere dall’andamento reale dell’epidemia. Per questo al ministero della Salute precisano: «Le decisioni finali verranno prese in sede tecnica e scientifica. E per ora i 21 parametri sono quelli e restano quelli...». Come dire: le Regioni non si facciano illusioni. Perché se l’indice Rt non scenderà sotto l’1 (adesso è a 1,4), non sarà possibile decidere l’atteso ammorbidimento della stretta per consentire di celebrare il Natale assieme ai familiari, «che comunque non sarà come gli altri, il virus non scomparirà...», precisa il ministro della Salute. E sarà inevitabile mantenere il giro di vite sulle attività commerciali, dando un nuovo duro colpo all’economia bloccando in gran parte del Paese la corsa agli acquisti. E perché «ogni accelerazione verso la de-escalation adesso, rischia di disperdere i sacrifici fatti finora».

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Soprattutto, se Speranza dovesse accontentare i governatori di Lombardia, Piemonte, Friuli, Emilia Romagna, Toscana, che hanno una gran fretta di passare dal rosso all’arancione, riaprendo negozi, bar e ristoranti, il sistema sanitario non uscirebbe dalla forte criticità in cui è precipitato: «Il fatto che l’Rt sia diminuito nell’ultima settimana è un buon segnale», dice Speranza, «ma fin quando questo indice non sarà sceso sotto l’1 il servizio sanitario rimarrà sotto una pressione enorme, non sostenibile».


Insomma, la mission del ministro della Salute e dell’intero governo è abbassare l’Rt. Quando scenderà sotto l’1, «sarà raggiunto il cosiddetto plateau, l’epidemia sarà sotto controllo e il numero delle persone dimesse dagli ospedali», spiega una fonte che segue il dossier sanitario, «sarà finalmente superiore a quello delle persone che vengono ricoverate. Eravamo a 1,7, siamo arrivati a 1,4. I tecnici adesso sono convinti che l’Rt scenderà ancora, aspettiamo. Cominciamo in queste ore a vedere i risultati del Dpcm del 24 ottobre: una settimana fa avevamo avuto circa 60mila nuovi positivi in due giorni e tra ieri e oggi questa cifra è rimasta pressoché stabile. E’ un buon segnale. Ma ora dobbiamo attendere di vedere gli effetti del Dpcm del 4 novembre entrato in vigore il 6: c’è mezza Italia, 27 milioni di cittadini, in zona rossa. L’auspicio è che questa stretta possa portare a un’ulteriore riduzione del tasso di contagio, tale da consentire un allentamento della pressione sugli ospedali e le terapie intensive». E di salvare il Natale. 


«Attendere i risultati»


Sono le ragioni per le quali Speranza e Boccia, al pari di Giuseppe Conte, non vogliono cedere alle richieste delle Regioni. Non subito, almeno. Non fino al 3 dicembre quando si saranno visti per intero i risultati dell’ultimo giro di vite. Per questo i 21 parametri sono in campo e continueranno ad essere usati venerdì per le nuove restrizioni. Poi, se i tecnici e gli scienziati della cabina di regia e del Cts diranno che si potranno ridurre, il governo accoglierà «almeno in parte» le richieste dei governatori per la stesura del nuovo decreto.


«Di fatto dalle Regioni viene una domanda di semplificazione», dice una fonte che segue la trattativa, «in quanto i 5 parametri indicati dai governatori sono all’interno dei 21 attualmente in vigore e sono i più importanti. Ma non bastano: ce ne sono altri che sono necessari, perché permettono di capire se la singola Regione ha capacità di tenuta, se ha la presa sull’epidemia. In più 21 parametri danno una fotografia completa della situazione, dunque...».
Dunque, cambierà poco o nulla. 

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