L’epidemia, sulle ali della variante Delta, sta ricominciando a correre. Ieri i nuovi casi sono stati 3.121 (500 nel Lazio, 339 a Roma) contro i 2.898 del giorno prima con l’indice di positività all’1,3%. E non c’è esperto o scienziato che non scommetta per fine agosto su una moltiplicazione dei contagi. Come del resto accade in Gran Bretagna, il Paese europeo da dove è rimbalzata la variante Delta, che ieri ha raggiunto 54.674 nuovi casi: record da gennaio. In più, cominciano a vedersi gli effetti degli assembramenti innescati dai festeggiamenti per le partite degli azzurri agli europei di calcio: solo nella Capitale sono quattro i focolai che coinvolgono decine e decine di giovani.
Variante Delta, l’impatto dei vaccini
Grazie alla diffusione dei vaccini però l’impatto sugli ospedali resta contenuto. Nelle aree mediche sono stati registrati ieri 23 ricoveri e nelle terapie intensive 9 ingressi. Proprio l’indice di ospedalizzazione dalla settimana prossima risulterà decisivo per il passaggio di “fascia”, in modo da scongiurare il “giallo” a 5 Regioni (Lazio, Campania, Veneto, Sardegna e Sicilia).
Il problema è che a tre-quattro giorni da quando Mario Draghi convocherà la cabina di regia della maggioranza, ancora non è chiaro quali saranno i nuovi parametri. Al momento la soglia minima di rischio è uguale o inferiore al 40% per i posti letto in area medica e al 30% per la terapia intensiva. Non si sa però se questi valori verranno cambiati e come. «Ci sta lavorando l’Istituto superiore di Sanità, saranno progressivi», fa sapere una fonte di governo, mentre ogni Regione (o quasi) lancia la sua proposta in quello che sta diventando un vero e proprio Vietnam dei parametri.
Non va meglio sul fronte del green pass. Il governo ha davanti a sé una via stretta: fermare l’epidemia e allo stesso tempo scongiurare nuove restrizioni che rappresenterebbero un colpo mortale per il turismo e l’economia in ripresa. Ebbene, l’uso del codice Qr - che verrà rilasciato solo a chi ha completato il ciclo vaccinale con la seconda dose - servirebbe proprio a evitare nuove chiusure e a spingere le vaccinazioni. Sia tra gli over 60: 2,4 milioni sono ancora senza alcuna immunizzazione. Sia tra i giovani da 10 a 29 anni che, secondo il capo dell’Iss Silvio Brusaferro «ora sono i più colpiti» dal virus.
L’uso del green pass, che in Francia ha scatenato proteste di piazza, garantirà una vita quasi normale a chi è vaccinato: andare al cinema, a teatro, in discoteca, decidere di sentire un concerto, viaggiare su navi, treni, aerei, andare in piscina e in palestra, seguire un convegno o un congresso, tifare sugli spalti degli stadi. Chi invece rifiuta il vaccino ogni volta dovrà fare il tampone.
Per mediare tra i partiti di maggioranza, Draghi appare orientato a proporre tamponi gratuiti per le persone “fragili” che non possono vaccinarsi per ragioni di salute, nella speranza di superare le perplessità dei M5S e forse della Lega. E una diffusione a tappe dell’obbligo del codice Qr: si comincerebbe dai luoghi con «maggiori assembramenti». Vale a dire: cinema e teatri, stadi ed eventi in generale, trasporti a lunga percorrenza, discoteche, etc. Forse anche i ristoranti al chiuso. Con multe salate per chi non rispetta l’obbligo: 500 euro per chi è sprovvisto di certificazione verde (260 in misura ridotta) e 5 giorni di chiusura per il gestore.
Il ministro della Salute, Roberto Speranza, preferirebbe fin da subito l’uso più esteso possibile del green pass, includendo da subito bar e ristoranti, in modo di spingere la campagna vaccinale e frenare i contagi: «L’epidemia corre». Con lui sono schierati i tecnici del Cts, il commissario all’emergenza Francesco Figliuolo, il Pd, Italia Viva e Leu. Anche Forza Italia si sta posizionando su una linea di maggiore prudenza: «Il pass non è un intralcio burocratico alla libertà, semmai è la chiave per tenerle aperta la porta scongiurando la quarta ondata», sostiene Annamaria Bernini. Matteo Salvini però tiene il punto: «Bisogna ripartire. Non si può chiedere il pass a chi prende il cappuccio al bar». Più aperturista il ministro leghista Giancarlo Giorgetti: «Il green pass è utile in alcune situazioni, come per lo svago. Diventa pericoloso se lo associamo ai diritti delle persone».