Stato di emergenza verso la proroga, Palazzo Chigi e l’ipotesi dei pieni poteri fino a dicembre

Stato di emergenza verso la proroga, Palazzo Chigi e l’ipotesi dei pieni poteri fino a dicembre
Stato di emergenza verso la proroga, Palazzo Chigi e l’ipotesi dei pieni poteri fino a dicembre
di Alberto Gentili
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Mercoledì 16 Giugno 2021, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 13:46

Anche Mario Draghi ha una gran voglia di dare al Paese «segnali di normalità». Tant’è che da giorni tra i ministri si parla di mettere fine allo stato di emergenza che scadrà il 31 luglio. Ma per il premier non è ancora tempo di normalità, non almeno nella direzione di privarsi di quei poteri straordinari con cui fronteggiare la pandemia e garantire la diffusione capillare della campagna vaccinale. Tant’è, che fonti autorevoli vicine a Draghi danno per «certa», anzi «certissima» la proroga dello stato di emergenza.

«Probabilmente fino alle fine dell’anno».

Segue spiegazione: «Verrà prolungato perché l’emergenza sanitaria a luglio non sarà finita, come è evidente. E perché non sarà conclusa neppure la fase più intensa della campagna vaccinale. In più, ci sarà da affrontare la situazione che seguirà alle vacanze estive e garantire una ripartenza ordinata e sicura a settembre-ottobre. Insomma, abbiamo davanti mesi complicati, senza contare che c’è il rischio della varianti...».

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La decisione di Draghi, che dovrà essere discussa in Consiglio dei ministri, andrà sicuramente a innescare la reazione di Matteo Salvini da sempre sulla linea aperturista. E cade nelle ore in cui perfino Roberto Speranza si è detto disposto ad archiviare il 31 luglio lo stato di emergenza.

Il ministro della Salute, da sempre il più prudente e rigorista, ma forse stanco degli attacchi del leader leghista e di apparire come il “colpevole” delle restrizioni anti-Covid, in un’intervista a la Stampa ieri ha messo a verbale: «Non abbiamo ancora deciso, 45 giorni durante una pandemia sono un tempo notevole per fare previsioni. Ma sarebbe bello chiudere con lo stato di emergenza, dare un segnale positivo al Paese. Se così fosse, però, dovremmo individuare una strada normativa per prolungare l’attività del Comitato tecnico-scientifico e della struttura del commissario Figliuolo».

Una linea molto simile a quella illustrata domenica al Messaggero dalla ministra di Forza Italia, Mariastella Gelmini: «Non ne abbiamo ancora parlato, ma credo che i tempi siano maturi per chiudere la fase emergenziale e attrezzarsi con strumenti ordinari. Naturalmente senza rinunciare al prezioso contributo del generale Figliuolo. La fine dello stato di emergenza sarebbe un bel segnale anche per il turismo».
Un uno-due che ha spinto in queste ore qualche sherpa del governo e alcuni uffici legislativi a esplorare una norma ad hoc per permettere al Comitato tecnico-scientifico (Cts) e al commissario straordinario Francesco Figliuolo di continuare a operare anche senza lo stato di emergenza che, a colpi di proroghe, va avanti dal 31 gennaio dello scorso anno. Ma ecco che arriva lo stop di Draghi.


Le ragioni sono molteplici. E non riguardano solo l’operatività di Figliuolo, del Cts e della Protezione civile guidata da Fabrizio Curcio. Grazie allo stato di emergenza il governo potrà adottare altri Dpcm dopo il 31 luglio, comprese eventuali nuove restrizioni se - come è accaduto lo scorso anno - i contagi dovessero tornare a impennarsi dopo le vacanze estive nonostante la diffusione dei vaccini. Potrà intervenire con tempestività per garantire una ripartenza in sicurezza dell’anno scolastico. E potrà tornare a varare («Nessuno se lo augura») quelle norme che hanno scandito la vita sociale ed economica degli italiani dall’esplosione dell’epidemia. Questo anche perché, nonostante le rassicurazioni dei virologi sull’efficacia dei vaccini contro le varianti del Covid, le mutazioni del virus restano una pericolosa e allarmante incognita come dimostra il caso della Gran Bretagna.

 


IL NODO VACCINI
In più, ed è la ragione principale che spingerà Draghi a prorogare lo stato di emergenza, c’è da portare a termine la campagna vaccinale. Una partita complessa, tutt’altro che vicina dall’essere terminata, che richiede poteri speciali. Per risolvere il nodo degli approvvigionamenti dei vaccini, inclusa la sostituzione di AstraZeneca con Pfizer e Moderna. Per mettere ordine nel disordine di alcune Regioni, fin dall’inizio della pandemia vero tallone di Achille sia nella gestione delle restrizioni, sia nell’avanzamento della campagna vaccinale. E per prepararsi alla somministrazione della terza dose, ormai giudicata «inevitabile», cui con ogni probabilità seguirà un ulteriore richiamo. Ma a quel punto, visto che il richiamo scatterà il prossimo anno e la terza dose dovrebbe rappresentare un argine sufficiente contro il Covid, non ci sarà più lo stato di emergenza. Almeno c’è da augurarselo in nome, appunto, dell’attesa «normalità».
 

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