Riaperture, ira dei parchi divertimento: «Noi discriminati, chiusi sino a luglio come le fiere»

Riaperture, ira dei parchi divertimento: «Noi discriminati, chiusi sino a luglio come le fiere»
Riaperture, ira dei parchi divertimento: «Noi discriminati, chiusi sino a luglio come le fiere»
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Lunedì 19 Aprile 2021, 15:13 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 00:22

I dpcm continuano a creare malcontento. Nonostante il disegno della nuova road map data nell'ultima conferenza del premier Mario Draghi sulle riaperture scaglionate dal 26 aprile di ristoranti, bar, palestre, cinema e teatri alcuni si sentono ancora «ingiustamente discriminati». Protagonisti della lamentala di oggi sono i parchi divertimento. Secondo il nuovo decreto, difatti, i parchi a tema dovrebbero riaprire dal 1° luglio alla stregua di fiere e congressi. Nonostante quindi la loro sia principalmente un'attività che si svolge all'aperto vengono, nell'ultima ordinanza, considerati come le categorie che svolgono attività prevalentemente al chiuso. Chiedono per questo a gran voce aiuto ed equità di trattamento i totolari dei luna park nel rispetto anche di un comparto che genera un giro d'affari importante per l'economia nazionale, nel 2019 l'indotto è stato di 400 milioni di euro, 1.000 se si include nel conteggio anche il fatturato di hotel ristoranti e negozi di gadget che ruota intorno, un settore che ora è all'80% della perdita.

«Perchè i parchi all'aperto sono associati a fiere e congressi?»

Il primo che ha puntato il dito sulle decisioni del Cts e del governo è Gardaland: «In attesa dell'ufficializzazione con il prossimo Dpcm, non ci spieghiamo per quale motivo i Parchi Divertimento, che svolgono la propria attività quasi esclusivamente all'aperto, vengano associati - in termini di data di riapertura - alle fiere e ai congressi che si svolgono indoor.

Addirittura, se venisse mantenuta questa scadenza per le riaperture, i Parchi verrebbero ritenuti più pericolosi delle palestre o dei cinema che sono al chiuso!». Lo sottolinea ad Adnkronos l'Ad di Gardaland, Aldo Maria Vigevani. «Tale logica sarebbe esattamente contraria alla situazione internazionale - vedi Inghilterra e Usa - dove i parchi, appunto all'aperto, sono tra le prime attività a riprendere -continua Vigevani-. Lo scorso anno Gardaland ha inaugurato la stagione addirittura il 13 giugno e grazie ad un robusto ed efficace Protocollo di Sicurezza non è stato registrato nessun contagio tra i suoi Ospiti, i quali hanno confermato l'efficacia delle misure a più riprese attraverso migliaia di interviste online.» 

Le associazioni di categoria

 Argomenti condivisi dall'Associazione parchi permanenti italiani, aderente a Confindustria, che rappresenta 230 imprese sparse su tutto il territorio nazionale. «Evidenze scientifiche solide e di caratura internazionale hanno dimostrato che i rischi di contagio all'aria aperta sono infinitamente inferiori ed è stato provato che la presenza del cloro nelle piscine elimina in pochi attimi l'agente virale», fanno notare dall'associazione sottolineando che così facendo il governo toglie a queste imprese un intero mese di lavoro anche rispetto allo scorso anno quando il via libera arrivò a fine maggio. I toni sono esasperati: «La disparità di trattamento rispetto ad altre categorie è configurabile in una vera e propria concorrenza sleale», denuncia Giuseppe Ira, presidente dell'associazione e del parco tematico di Leolandia in provincia di Bergamo. È lui a sottolineare il sentimento crescente di rabbia che anima gli operatori «Siamo trattati peggio delle sale gioco», accusa ricordando le tante misure messe in atto per garantire la sicurezza del pubblico, dal contingentamento degli ingressi per evitare gli assembramenti ai «severi protocolli di sicurezza che hanno dimostrato la loro efficacia già lo scorso anno». Quasi inevitabili i confronti: «si aprono i musei al chiuso già dal 26 aprile ma non i  parchi faunistici all'aperto e i parchi avventura nei boschi, si dà il via libera alle piscine all'aperto il 15 maggio, ormai tutte dotate di scivoli per i bambini, ma non ai parchi acquatici, si aprono le palestre e i ristoranti al chiuso dal 1 giugno e si annuncia addirittura il ritorno del pubblico negli stadi a maggio, ma non nei parchi tematici».

Le richieste

Da qui le richieste: « Chiediamo l'immediata equiparazione ai comparti merceologicamente simili - dice Ira - altrimenti dovremo intraprendere azioni eclatanti». Tra i più colpiti dalla crisi, ricorda il manager, il settore dei parchi adesso è allo stremo, con una perdita media dell'80%. Un calo di fatturato, sottolinea l'associazione, che mette in pericolo anche l'occupazione: «Fino al 2019, il nostro settore coinvolgeva direttamente 25.000 occupati, circa 50.000 con l'indotto. La perdurante incertezza porterà ad una fortissima contrazione degli occupati ormai in Fis da troppi mesi- sottolinea ancora Ira -. La nostra forza lavoro non ce la fa più: i migliori hanno trovato un altro impiego, ma migliaia di persone faticano a sopravvivere». E a preoccupare la categoria c'è anche un problema di tipo tecnico organizzativo perché formalmente il settore rientra ancora nella categoria «Circhi e Spettacoli Viaggianti» che fa capo al ministero della cultura e non al turismo, un particolare che secondo l'associazione avrebbe fatto escludere la categoria dai ristori e anche dalle agevolazioni sull'Imu concesse invece alle aziende del turismo, mentre le banche avrebbero limitato i finanziamenti. Nel 2020, ricorda l'associazione, il 20% dei parchi ha rinunciato completamente all'apertura e si sono persi 10.000 posti di lavoro stagionali. Il rischio ora «è di rendere ancora più precaria la posizione di centinaia di imprese italiane e migliaia di lavoratori».

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