Prodi difende Berlusconi: «Perizia psichiatrica? Follia all’italiana»

Prodi difende Berlusconi: «Perizia psichiatrica? Follia all italiana»
Prodi difende Berlusconi: «Perizia psichiatrica? Follia all’italiana»
di Alberto Gentili
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Martedì 21 Settembre 2021, 00:50 - Ultimo aggiornamento: 10:34

«Proporre una perizia psichiatrica per Berlusconi è una delle ennesime follie dell’Italia». A scandire queste parole in difesa del Cavaliere non è né Antonio Tajani, né Matteo Salvini che lo corteggia per provare a papparsi Forza Italia. A scagliarsi contro «la follia» della perizia psichiatrica per Silvio Berlusconi chiesta dal tribunale di Milano, è Romano Prodi, per vent’anni nemico giurato del leader forzista. E l’unico che nel 1996 e nel 2006 riuscì a batterlo alla guida dell’Ulivo.

Bocciata la mossa dei magistrati milanesi, che per un ventennio sono stati osannati da una parte della sinistra per le loro inchieste contro il Cavaliere, non è la sola gentilezza che il Professore - a Santena per ricevere il Premio Cavour - ha riservato all’ex nemico, ormai ultra ottantenne come lui: «A Berlusconi riconosco il merito di avere spostato Forza Italia verso una linea europea.

Potrebbe aspirare al Premio Cavour? Questo dipende dalla giuria, non da me», ha risposto Prodi a Gianni Minoli che l’intervistava nell’inossidabile stile “Mixer”.

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I PASSI DI AVVICINAMENTO

C’è da dire che già da qualche mese il Professore ha deciso di mandare in archivio l’antica ostilità verso Berlusconi. Ostilità che si è alimentata di momenti cruenti, come la compravendita di senatori per far cadere il suo governo nel 2008. E il feroce botta e risposta in uno dei tanti duelli televisivi che hanno scandito la ventennale rivalità: «Il Cavaliere si affida ai numeri esattamente come un ubriaco attaccato ai lampioni». La replica: «Prodi è un utile idiota al servizio dei partiti comunisti della coalizione di centro-sinistra».

A gennaio, quando Giuseppe Conte era alla ricerca disperata di voti per tenere in piedi il suo governo e si vagheggiava l’ipotesi che il leader di Forza Italia potesse sostenerlo, Prodi fu tra i pochi (da sinistra) ad aprirgli le porte: «Berlusconi in maggioranza? Certo che non è un tabù. Come ho già detto di lui, la vecchiaia porta saggezza». Salvo poi aggiungere domenica scorsa a “Mezz’ora in più”: «Le divergenze con Berlusconi rimangono. Sono politiche, sulla direzione del Paese e di carattere».

Parole che sono comunque poca cosa, quasi una carezza, se paragonate allo stoccate di un tempo. C’è chi dice, da destra, che questi toni, queste “affettuosità”, nascondano il desiderio del Professore di cercare i numeri per poter puntare nel febbraio prossimo al Quirinale. Ma Prodi nega, e c’è da credergli, qualsiasi interesse o volontà di succedere a Sergio Mattarella: «Io Presidente? Chi lo propone si sbaglia. Perché ho 82 anni e per un incarico settennale è un’incoscienza».

E se nel suo futuro non vede sette anni al Quirinale, l’ex premier non li immagina neppure per l’attuale capo dello Stato che più volte ha detto di non voler essere rieletto alla presidenza della Repubblica: «La mia attività è impegnativa, ma tra otto mesi il mio mandato di presidente termina. Io sono vecchio, tra qualche mese potrò riposarmi», mise a verbale Mattarella nel maggio scorso. Ebbene, Prodi è convinto che quella del Presidente sia una decisione irreversibile: «I siciliani silenziosi non cambiano mai parere e Mattarella è un siciliano silenzioso».

Per poi aggiungere che un eventuale bis non rappresenterebbe comunque alcuna rottura della democrazia parlamentare: «E’ già successo una volta e nella Costituzione non c’è scritto che non possa esserci un secondo mandato. Mattarella pensa seriamente a quello che dice, se poi succedesse una circostanza straordinaria, ma io non credo, potrebbe anche cambiare parere». 

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Non manca, nelle parole del Professore, un elogio di Mario Draghi: «Con lui premier l’Italia è in una posizione privilegiatissima, è ascoltato, ha relazioni internazionali. Rispetto alla situazione di passaggio che c’è in Germania e in Francia, l’Italia è un punto fermo». «Un Cavour oggi? Di chi costruisce un’Italia legata al mondo c’è sempre bisogno».

 

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