Meloni, il giuramento: «Serviremo l'Italia con orgoglio e responsabilità»

Meloni pronuncia la formula di rito a memoria. Sorrisi con Salvini. Regna la sobrietà. E le ministre rigorosamente tutte in pantaloni

Meloni, il giuramento: «Serviremo l'Italia con orgoglio e responsabilità»
Meloni, il giuramento: «Serviremo l'Italia con orgoglio e responsabilità»
di Francesco Malfetano
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Domenica 23 Ottobre 2022, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 28 Gennaio, 16:40

«Giuro di essere fedele alla Repubblica...». Sono passate da undici minuti le dieci quando Giorgia Meloni, prima presidente del Consiglio donna della storia italiana, pronuncia la formula di rito. Emozionata mentre si tortura le mani per l’agitazione, la premier china appena il capo e va a memoria: «...di esercitare il mio mandato e le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione». Tailleur non più blu ma nero e décolleté tacco 12 d’eccezione, Meloni non inciampa nelle parole ma aggiunge «il mio mandato» alla formulazione originaria. Poco male, il sospiro di sollievo è evidente. Si è fatta trovare pronta, come aveva promesso.
Intanto alle sue spalle il salone delle Feste, la terza sala più grande del palazzo che fu dei Papi, sembra trattenere il fiato insieme a lei. Un attimo resta sospeso nei flash dei fotografi quando la penna tocca il verbale. Perfino la regina incontrastata della sala, la piccola Ginevra - figlia di Meloni e del compagno Andrea Giambruno - zainetto sulle spalle, rallenta la sua irrequieta compostezza da bimba di 6 anni. Poi è tutto in discesa e pure il colorito di Giorgia degrada veloce verso il rosa dopo il rossore iniziale. 

I MINISTRI
Il segretario generale della presidenza della Repubblica Ugo Zampetti, scandisce allora con calma i nomi dei ministri. Il primo è Antonio Tajani. Il nuovo inquilino della Farnesina, forse memore della sua prima attività da giornalista, imposta la voce e sciorina abile la locuzione che gli vale anche la carica da vicepremier. 
La stessa di Matteo Salvini che, curiosamente, appena prima dell’avvio della cerimonia pare disposto a chiacchierare con tutti meno che con lui, il suo vicino e collega, salvo una qualche accigliatissima battuta.

Il Capitano è agitato, a disagio nel rigore imposto dalla leader di FdI e pare provare a stemperare la tensione rifugiandosi nella sua famiglia allargata. Non sfuggono alle telecamere i continui cenni al figlio 19enne Federico e alla piccola Mirta (9) che, senza alcuna incertezza, è accudita dalla compagna Francesca Verdini. Non basta però. Al tavolo per la firma da ministro delle Infrastrutture e vicepremier, il leghista - con tanto di spilla di Alberto da Giussano sul bavero della giacca - è incerto. Inforca gli occhiali, si costringe a leggere il giuramento e divora qualche sillaba. Ripone le lenti, sorride, le riprende e poi firma aggiungendo marcatamente i puntini sulle “i” del suo cognome. Sguardi di intesa con Giorgia, le prende la mano con entrambi palmi, quasi a ricordarsi che senza di lei non avrebbe mai rivissuto quel momento. 

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I GIURAMENTI
Seguono senza intoppi le promesse del ministro dei rapporti con il Parlamento Luca Ciriani e del quasi ministro dell’Ambiente, incardinato infine nella meno moderna Pa, Paolo Zangrillo. È il turno di tutti i “senza portafoglio”. Un sorridente Roberto Calderoli cede il passo a Nello Musumeci che, unico, azzarda una battuta con Mattarella: «Ne abbiamo tanto bisogno Presidente» risponde agli auguri del Capo dello Stato. 
Se a Raffaele Fitto spetta la stretta di mano più calorosa da parte di Giorgia, Andrea Abodi si distingue perché - quasi tremante - è il solo uomo in completo grigio. Sugli outfit in effetti, si osa poco, anche tra le donne. Tutte evitano di indossare gonne o toni accesi. Niente a che vedere con l’ormai iconico completo blu elettrico di Maria Elena Boschi. Così Eugenia Roccella, ministra della Famiglia che pare più a suo agio di molti e molte, veste un classico tailleur nero con maglia a righe. Alessandra Locatelli e Elisabetta Casellati invece, si susseguono in un bianco ton sur ton che, oltre ad evidenziare l’immancabile spillona dorata appuntata sulla giacca dell’ex presidente del Senato, ha il merito di spiccare tra i tappeti damascati e i pesanti tendaggi rosso bruno. 

Tocca ai ministri di peso. Matteo Piantedosi, prescelto per il Viminale, è il solo a usare una sua penna e non quella messa a disposizione dalla presidenza della Repubblica, mentre Carlo Nordio, elegante e deferente, accenna un inchino davanti a Mattarella. Il Guardasigilli, in cravatta regimental a strisce diagonali, peraltro resta impeccabile per tutti i 28 minuti della cerimonia nonostante gli sia toccato il posto più inospitale nella doppia schiera di sedie che accomoda la squadra dei ministri. Primo della fila è infatti costretto a spostarsi ogni volta che viene scandito il nome di un suo collega. Poca fatica, se non quando a passare sono un irrequieto Guido Crosetto (che si sventola a lungo con il foglietto del giuramento) e la sua stazza imponente che - nervosamente - il fondatore di Fratelli d’Italia prova a coprire sistemandosi d’abito, un classico vestito nero. Anche tra i (tanti) uomini in effetti, la sobrietà regna assolutamente sovrana.

 

IL GUIZZO
Il solo guizzo - oltre al picco chiaro di Abodi - lo regala Giancarlo Giorgetti. Passo sicuro, il nuovo titolare del Tesoro, è al secondo giuramento di fila. Stavolta senza mascherine e distanziamento, l’ex “uomo di Mario Draghi” riabbraccia simbolicamente i lumbard e sfoggia una cravatta verde che a Umberto Bossi e al popolo del Nord - posta l’impossibilità di presentarsi in canottiera - non sarà sfuggita. Come non sfugge l’enorme emozione di un pur navigato Adolfo Urso. Il ministro dello Sviluppo economico non solo fatica nella declamazione e nell’individuare il punto giusto per apporre la firma, quanto quasi supera il tavolo quando passa a ringraziare Meloni che, pronta, gli tende la mano prima che possa finire in un poco istituzionale abbraccio
È la volta di Francesco Lollobrigida che, impettito, giura da ministro dell’Agricoltura e riapre il capitolo familiare. Cognato di Giorgia, “Lollo” è accompagnato dalla moglie Arianna, in prima fila tra i tanti parenti accorsi (una cinquantina). Dal Colle infatti, il governo che ha istituito un ministero della Natalità pare offrire il suo primo spot. Mai così tanti bambini, adolescenti, fidanzati/e, mariti, mogli e genitori avevano preso posto tutti insieme sotto al Trionfo dell’Italia che affresca la volta della sala. 

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GLI ALTRI
Inappuntabili l’azzurro Gilberto Pichetto, la tecnica Marina Calderone e il leghista Giuseppe Valditara. Tutti emozionati ma composti. A rompere l’impeccabile sobrietà - lontana anni luce dai “barbari” del 2018 e dall’orecchino di Rocco Casalino - ci pensa però Anna Maria Bernini. 

Le sue sono probabilmente le immagini più viste sul web. Mentre la neo-ministra dell’Università si incammina verso Mattarella e Meloni in un sobrio tailleur, proprio quando sistema il microfono e carica di pathos le parole del giuramento, alle sue spalle un social media manager molto solerte registra l’ennesima storia Instragram della giornata. Le note scelte stavolta sono quelle di un’Ambra Angiolini d’annata («E adesso giura!»), che se per un’ormai vecchia canzone sarebbe dovuta essere presidente della Repubblica nel 2030, potrà ora in qualche modo rivendicare di esserci almeno andata vicina. La clip peraltro scatena un putiferio sui social, tanto che qualche ora dopo viene rimossa, forse su richiesta diretta del cerimoniale del Colle. A reincardinare tutto nella normalità è Gennaro Sangiuliano che sfoggia un tono più alto di chiunque fino a questo momento. Poi tocca a Orazio Schillaci e, infine, a Daniela Santanché che, da più distante in fondo alla salone, lascia risuonare i suoi tacchi prima di scandire attentamente ogni sillaba. Il Turismo chiude il via vai. 

Zampetti allora ritira i verbali e Mattarella guida Meloni verso l’uscita. «Noi firmiamo dopo...» la rassicura quando coglie l’incertezza di Giorgia che cercava nuovamente la sua penna per apporre l’ultimo sigillo sul governo, quasi a voler consolidare subito la realtà. È l’ennesimo segnale di una sintonia affinata nell’ultima settimana per essere messa al servizio della Nazione. È il rompete le righe. Non prima però di un brindisi tutti insieme nell’adiacente sala degli specchi. Poi è davvero finita. Meloni infatti, va a ricevere gli onori del picchetto schierato in cortile e sale a bordo dell’auto che la porterà per la prima volta a palazzo Chigi. 
 

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