Manovra, il timore di una trattativa logorante. Franceschini: «Così salta tutto»

Manovra, il timore di una trattativa logorante. Franceschini: «Così salta tutto»
Manovra, il timore di una trattativa logorante. Franceschini: «Così salta tutto»
di Marco Conti
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Martedì 1 Ottobre 2019, 07:51 - Ultimo aggiornamento: 08:42

«Questo è un film che abbiamo già visto e che se continua porta alla crisi e alla caduta del governo». Dario Franceschini riunisce i ministri dem prima del consiglio dei ministri. L'umore del capo delegazione Pd è pessimo per le continue esternazioni dei ministri M5S e IV. La consapevolezza che la questione dei conti è tutt'altro che chiusa, contribuisce ad alimentare la tensione tra Pd e renziani. Malgrado il varo ieri sera della Nota di aggiornamento al Def, il nodo delle risorse non è stato del tutto sciolto. Lo stop all'aumento selettivo dell'Iva proposto dal Mef, e bocciato con clamore da grillini e renziani, ha irritato i dem e costretto Conte a scendere ieri mattina per intestare a tutto il governo lo stop agli aumenti iva.

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IN FILA
La questione non è però chiusa perché nella legge di Bilancio occorre indicare voce per voce spese e relative coperture. La trattativa è quindi destinata a proseguire sino al 20 ottobre, quando la manovra dovrà essere inviata a Bruxelles. E non sarà facile per Conte e il ministro Gualtieri mettere in fila i tagli di spesa necessari per coprire l'iva, il cuneo fiscale e, al tempo stesso, finanziare le misure decise dal precedente esecutivo. Reddito di cittadinanza e Quota100 sono alla fine costati meno del previsto, ma il peso sul 2020 è ancora molto consistente. «Da qui al 20 ottobre avremo molto da lavorare», ammette Luigi Marattin, responsabile economico di IV. I renziani un'idea su dove trovare i soldi mancanti l'hanno espressa: via Quota100 e stop al cuneo fiscale che dà pochissimi ai contribuenti. Il Pd però non ci sta. «Ci sarebbe un programma, sulla base del quale tutti i parlamentari hanno votato la fiducia», sostiene il vicesegretario del Pd Andrea Orlando. «Una rapida rilettura - sostiene - è quanto mai urgente per tutti. Le famiglie in difficoltà sono sicuro apprezzerebbero». Per i dem è per Leu, non si può rinunciare ad alleggerire «le buste paga dei lavoratori».

Dopo le esternazioni domenicali in tv, Luigi Di Maio è tornato silente giusto il tempo per intestarsi - insieme a IV - lo stop agli aumenti dell'iva. Manca il salario minimo, sostengono alla Farnesina, ma per il ministro degli Esteri c'è tempo per raggiungere anche questo obiettivo. «Stiamo lavorando ad un piano per raggiungere tutti gli obiettivi, lasciateci un po' di tempo», è stata l'esortazione del presidente del Consiglio ieri sera prima di chiudere il consiglio dei ministri. E che il lavoro cominci adesso è anche nel Def dove si scrive un deficit superiore a quanto concesso da Bruxelles. Convincere la Commissione che la lotta all'evasione darà sette miliardi, non sarà infatti facile. Soprattutto perchè la legge di Bilancio, che parte con una richiesta di flessibilità aggiuntiva, finirà sotto le lenti del nuovo commissario agli Affari Economici Paolo Gentiloni che dovrà dimostrare ai colleghi di trattare il bilancio dell'Italia come tutti gli altri bilanci dei Paesi Ue.

GLI EFFETTI
Il rodaggio della maggioranza è ancora all'inizio e la trattativa per la stesura del Def ha fatto scoprire a Conte che dietro il ministro Gualtieri c'erano solo Pd e Leu, e non gli scissionisti di Italia Viva, e ha reso evidente a Zingaretti che dietro Conte non c'era il M5S. E così grillini e renziani hanno avuto strada facile per alzare la voce e intestarsi il blocco delle ipotesi di aumento selettivo dell'Iva. Il problema di come trovare i meccanismi per avere una maggiore collegialità non è da poco e la sua mancanza rischia di produrre effetti analoghi su altri dossier. A cominciare dalla riforma della giustizia, un tema che palazzo Chigi ha iniziato ad istruire con il ministro Bonafede e il vicesegretario Dem Orlando, ma senza Leu e i renziani che infatti hanno già cominciato a sparigliare definendosi, sul meccanismo di elezione del Csm, più vicini al M5S.
La prima riunione allargata di domenica notte a palazzo Chigi ha accentuato il nervosismo in casa Dem. Il tentativo di marginalizzare Italia Viva non è riuscito. «Sentirò Renzi ogni volta che sarà necessario», ha dovuto ammettere ieri sera Conte alla fine del consiglio dei ministri negando però che ci sia un partito in particolare che ha la golden share del governo. Far comprendere a tutti e quattro i partiti della maggioranza che si vince o si perde tutti insieme, sarà compito tutt'altro che facile. Soprattutto perchè il nervosismo in casa Dem è destinato a crescere visto che nessuno al Nazareno sa quanti renziani sono ancora tra le proprie file.
 

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