Giuseppe Conte, ecco il piano B: il suo partito (al 10-15%) ruberebbe voti a Pd e M5S

Giuseppe Conte, ecco il piano B: il suo partito (al 10-15%) ruberebbe voti a Pd e M5S
Giuseppe Conte, ecco il piano B: il suo partito (al 10-15%) ruberebbe voti a Pd e M5S
di Francesco Malfetano
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Sabato 26 Giugno 2021, 09:37 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 19:14

Prima e dopo Giuseppe Conte. Così, a breve, il Movimento 5 stelle potrebbe essere costretto a descrivere la propria storia. Dopo gli strappi consumati in rapida successione con Davide Casaleggio, gli ortodossi e anche Rousseau, i grillini infatti rischiano di perdere anche il nuovo leader in pectore. Troppe ampie le divergenze con il garante Beppe Grillo che ha visto l'avvocato riscrivere completamente il suo statuto piuttosto che evolverlo come da lui richiesto e, di fatto, accantonare il comico per sfilargli il partito. Un "colpo di mano" (o di spugna) che ha portato allo scontro tra i due e, forse, ad una rottura. In realtà lo strappo è tutt'altro che scontato. Con i pontieri a lavoro e soprattutto il reciproco interesse a non smembrare le spoglie del Movimento già in crisi, Beppe e Giuseppe potrebbero infine andare davvero all'altare, solo guardandosi in cagnesco. Se così non sarà però, l'avvocato del Popolo avrebbe già pronto un piano B.  

M5s, Conte e la sua popolarità

Conte vanta infatti ancora un certo bagaglio di popolarità maturato durante l'esperienza governativa. Una sorta di assicurazione che gli consentirebbe di non tornare ad insegnare a Firenze e tentare la creazione di un suo partito. Lo statuto d'altronde, «scritto in politichese» come ha detto Grillo, ci sarebbe già. Il logo o il nome non sarebbero un problema dato che, già nei mesi della crisi di governo, a più riprese sono state avanzate diverse ipotesi (da Insieme circolato nelle scorse settimane, al Con Te dell'estate passata fino al supporto esterno dei centristi di Italia23). E non lo sarebbe neppure la comunicazione.

Se il deus ex machina resterebbe infatti Rocco Casalino, Il Fatto Quotidiano invece sarebbe pronto ad essere sempre dalla loro parte.

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Resta quindi da capire "solo" se la sua esperienza (o quella di chi lo supporterà) è abbastanza solida per tenere in piedi un partito, se ci saranno fondi a sufficienza per farlo e, soprattutto, se ci saranno numeri adeguati e quale sarà il punto di caduta politico. Per i primi c'è già chi azzarda (precisando che non si tratta di dati ma di supposizioni) tra un 5 e un 10% di preferenze.  «È molto complicato dire quale sarebbe il voto per un possibile partito di Conte nelle elezioni tra due anni - ha spiegato Renato Mannheimer, sondaggista e sociologo - Bisogna vedere come si muove». E ancora: «Conte è piuttosto bravo a muoversi e a comunicare e potrebbe fare grandi cose. Ma ricordiamoci sempre l'esempio di Monti che sbagliò la comunicazione quando fece la sua lista e perse tutta la popolarità acquisita» conclude. Ma c'è anche chi invece va oltre e di fatto assegna all'avvocato il possibile ruolo di ago della bilancia in Parlamento con più del 15%. Lo spiega ad esempio Antonio Noto, di Noto sondaggi, a Repubblica: «Conte senza i 5 stelle potrebbe avere addirittura più consensi, i dati ci dicono che potenzialmente un sua lista può arrivare al 18-20%. Drenando voti dal Movimento e dal Pd che scenderebbero attorno al 12-13%».

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La fonte del consenso per Conte quindi, sarebbe non solo il suo (a quel punto ex) partito, ma anche l'altra gamba della sua (anche stavolta ex) coalizione: il Pd. L'ex premier avrebbe infatti dalla sua la forza di un partito senza passato che, in un contesto di ricostruzione come quello attuale, esercita un certo appeal sugli elettori.

 


Per quanto riguarda invece l'area politica di appartenenza del nuovo eventuale partito, le cose rischiano di essere piuttosto fluide. Conte d'altronde è passato con disinvoltura dal sovranismo populista del suo primo governo ad essere il volto di un'alleanza di centrosinistra. Con buona probabilità finirebbe con il collocarsi al centro ma tenendo a sinistra attirando a sé soprattutto i grillini a rischio per la regola del secondo mandato (per cui diversi big) e alcuni dem più centristi o critici con Mario Draghi, ma anche una manciata di parlamentari in rotta con Forza Italia per il progetto del partito unico con la Lega (quelli che non sono già scappati almeno). 

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