Green Pass e università, ministro Messa: «Senza certificato non si potranno fare gli esami»

Green Pass e università, ministro Messa: «Senza certificato non si potranno fare gli esami»
Green Pass e università, ministro Messa: «Senza certificato non si potranno fare gli esami»
di Lorena Loiacono
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Sabato 7 Agosto 2021, 07:17 - Ultimo aggiornamento: 11:34

La certificazione verde sarà necessaria per entrare negli atenei, per i docenti ma anche per gli studenti come previsto dalle norme varate l'eltro ieri dal governo.

Maria Cristina Messa, ministra all'università, perché è stato necessario inserire il green pass anche per gli universitari?
«L'università è una piccola città dello studio e, rispetto alla scuola, è organizzata in modo diverso, con molte attività che non sono solo quelle dell'aula. Pensiamo ai laboratori, alle aree studio all'interno degli atenei, alle biblioteche, alle residenze, dove non è sempre possibile mantenere il distanziamento. Oltre a ciò, credo che l'aspetto bello e positivo sia quello di essere da esempio, dimostriamo così che i nostri giovani, di cui si è detto tanto, sono ragazze e ragazzi responsabili, adulti, che danno l'esempio di come è importante vedersi in presenza ma in sicurezza. Io sono molto ottimista».

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Anche per gli universitari, oltre che per gli studenti di scuola, la presenza in aula è fondamentale?
«Tornare in presenza è molto importante.

Gli studenti universitari in una fase fondamentale, un momento in cui si formano per poi camminare con le proprie gambe. Ci sono tante attività non prettamente didattiche ma di socialità e culturali in senso lato che non possono essere fatte se non in presenza».

Gli studenti senza green pass, a cosa devono rinunciare?
«Se uno studente non ha il green pass perché non è vaccinato, può sempre fare il tampone nelle 48 ore precedenti. Per coloro che non saranno o non potranno comunque essere in presenza, si continuerà con sistemi di formazione a distanza. Noi dobbiamo garantire il diritto allo studio di tutti».

Per gli esami come si procederà?
«Gli esami sono quasi tutti in presenza ormai, poiché farli a distanza non è una soluzione ottimale, soprattutto se sono prove scritte. Chi non sarà vaccinato dovrà comunque presentare l'esito negativo del tampone».

Fermo restando che esami e sessioni di laurea sono rimasti in media con il passato, che cosa è andato perduto nell'ultimo anno in ambito accademico?
«Ciò che è mancato è stato vivere come sempre la comunità accademica: confronto e dialogo non sono mai mancati, ma farli in presenza fa la differenza. E quanto abbiamo deciso in Consiglio dei Ministri va proprio in questa direzione: garantire a tutta la comunità universitaria e delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, di recuperare in sicurezza l'aspetto della socialità che è fondamentale».

Sarà difficile il rientro nelle aule accademiche, in autunno?
«Sono ottimista. I giovani stanno dando il buon esempio sul piano vaccinale: abbiamo una platea di un milione e 800 mila universitari, e tra loro c'è stata sicuramente un'alta percentuale di vaccinazioni. Abbiamo dati assolutamente incoraggianti. Per personale e docenti è anche superiore all'85% come media, ovviamente variabile in base a regioni e università».

Come si torna in aula?
«Si seguono tutte le indicazioni che sono sempre valide. Se non c'è il vaccino si chiede il tampone negativo, si misura la temperatura, si entra con la mascherina e si rispetta il distanziamento. Ma se in aula saranno tutti vaccinati, potremo valutare di togliere la mascherina. Sentiremo comunque il Comitato tecnico scientifico».

Oggi, nell'incontro della ricerca per il G20 a Trieste, si guarda al futuro: da dove si riparte?
«Anche al G20 l'attenzione sui giovani è stata centrale. E pensare ai giovani significa discutere sulla necessità di una forte alleanza fra la ricerca e la formazione, per promuovere uno sviluppo sostenibile e inclusivo delle comunità».

Come collegare la formazione al mondo del lavoro?
«Stiamo lavorando con gli altri ministeri e con il mondo del lavoro, sia pubblico sia privato, per individuare i profili professionali che saranno sempre più richiesti, le competenze che i professionisti dovranno avere. Da qui parte il lavoro per definire nuovi percorsi di studio, sempre più multidisciplinari. Di certo, poi, dobbiamo migliorare l'orientamento dei giovani, in modo che la scelta del percorso di formazione dopo le superiori sia consapevole oltre che legato alle proprie passioni».

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