A settembre, se la campagna vaccinale non avrà frenato la diffusione del virus e delle sue varianti, il Green pass potrebbe essere esteso al mondo del lavoro. Dopo gli insegnanti e il personale di scuola e università, infatti, il governo sta valutando se utilizzare il Qr code per i lavoratori di quei settori dove da ieri è obbligatorio per i clienti. E per entrare in ufficio o in azienda. Ma i sindacati, mentre Confindustria spinge, chiedono una legge. Cgil, Cisl e Uil ritengono insufficiente un eventuale accordo tra le parti sociali per adottare il lasciapassare verde.
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Il tema è stato affrontato in un lungo incontro tra i ministri Roberto Speranza (Salute), Andrea Orlando (Lavoro), i sindacati e le associazioni di categoria.
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Pier Paolo Sileri, sottosegretario M5S alla Salute, è più cauto. Ma la posizione non è molto diversa da quella di Speranza e Orlando, pur se improntata all’ottimismo: «Il Green pass sui luoghi di lavoro non è qualcosa a cui si deve arrivare per forza. Esiste la possibilità, è un’ipotesi che viene tenuta nel cassetto. Tutto dipenderà dalla circolazione del virus e dall’adesione alla vaccinazione. Quando sarà raggiunto il target dell’80% della popolazione vaccinata, tutti questi discorsi tenderanno a non servire più». Ancora: «In questo momento abbiamo una vaccinazione che sta andando molto bene, un virus che è vero che ha numeri in salita, ma credo si stabilizzeranno come accaduto nel Regno Unito. Se poi avessimo una variante che elude il vaccino o dei buchi per cui dovessimo avere dei cluster nel Paese, è chiaro che qualcosa dovrà essere adattato».
Sulla stessa linea è naturalmente l’altro sottosegretario grillino alla Salute, Andrea Costa, che nega l’incongruenza tra clienti dei locali al chiuso con il Green pass e gestori e camerieri senza: «C’è una netta distinzione tra gli avventori e il ristoratore o il barista. Se facciamo una riflessione un pochino più approfondita, è chiaro che se il ristoratore e il cameriere rispettano le regole previste, operano con i dispositivi di sicurezza e indossano la mascherina. Chi invece sta seduto al tavolo a consumare un pasto ovviamente non può indossarla. Ci sono quindi atteggiamenti e comportamenti diversi. È questo il senso della distinzione».
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«I protocolli restano»
Nell’incontro con le parti sociali non si è parlato solo di Green pass. E’ stato convenuto che i protocolli di sicurezza in azienda «hanno funzionato» e che dunque «non verranno modificati». Inoltre, Orlando e Speranza si sono impegnati a fare pressione sui governatori regionali - con una lettera al presidente Massimiliano Fedriga - per spingerli a togliere i tetti (prima erano di mille, poi di 500) al numero dei lavoratori presenti nelle sedi aziendali per poter realizzare i punti vaccinali.
«Bisogna ricordare alle aziende che il protocollo sulla sicurezza andrebbe applicato anche se fosse emanato un provvedimento per utilizzare il Green pass al loro interno: le aziende non possono pensare di risparmiare sui costi per la sicurezza», ha avvertito durante l’incontro il segretario generale Uil, Pier Paolo Bombardieri. E Maurizio Landini, leader della Cgil: «Il Qr code non può servire né per licenziare le persone, né per demansionarle, né per ridurre lo stipendio». E soprattutto i sindacati pongono la questione di chi debba sostenere il costo dei tamponi per i lavoratori che non intendono vaccinarsi.
A favore dell’estensione del lasciapassare verde sui luoghi di lavoro, oltre a Confindustria, si sono schierate la Cna, le Coop, la Confcommercio e la Confesercenti, «ma con gradualità, senza scaricare pesi eccessivi sulle spalle delle imprese. A cominciare dai controlli».