Governo: «Ristori subito per chi chiude»

Governo: «Ristori subito per chi chiude»
di Marco Conti
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 24 Febbraio 2021, 02:04 - Ultimo aggiornamento: 11:49

Si materializza la variante inglese e si concretizza il rischio di uno scontro interno alla maggioranza. Mario Draghi intuisce i pericoli e convoca a Palazzo Chigi di prima mattina Matteo Salvini e in serata un vertice al quale partecipano, ma solo all’inizio, i tre rappresentanti della task force degli esperti, Agostino Miozzo, Franco Locatelli e Silvio Brusaferro. Il resto della riunione, convocata dal presidente del Consiglio - nella quale si decide che i ristori verranno dati quando si decidono le chiusure - prosegue con i ministri Daniele Franco, Roberto Speranza, Stefano Patuanelli, Giancarlo Giorgetti, Dario Franceschini, Elena Bonetti e Maria Stella Gelmini. 

 

«AstraZeneca, tagli del 50%», la Ue: «Subito gli altri vaccini»


IL CAMBIO


Il virus picchia forte, specie in alcune aree del Paese, e non è il momento per Draghi di uno scontro tra aperturisti e rigoristi.

Un ragionamento che il premier ha fatto in mattinata al leader della Lega, ma che i dati forniti dai rappresentanti del Cts hanno rafforzato. Resterà, quindi, anche dopo il 5 marzo il meccanismo delle fasce. Varrà confermato in un decreto che il Consiglio dei ministri farà già nel fine settimana, dando quindi tempo a cittadini e attività economiche di organizzarsi senza sorprese dell’ultimo momento nel weekend. Il cambio di metodo rispetto ai dpcm del giorno prima, anzi della notte prima, è evidente.

Inoltre il Parlamento sarà immediatamente coinvolto perché riceverà subito il testo sotto forma di decreto. Mentre sul destino di Domenico Arcuri il premier continua a non pronunciarsi, condivide l’idea che i professori del Cts debbano parlare con una voce sola e possibilmente meno e con meno litigi interni. Il cambio di ruolo del Cts si è visto ieri sera: forniscono interessanti valutazioni, ma è poi la politica che decide continuando la riunione senza i virologi.


Il decreto - previsto per il fine settimana e dopo il report dell’Istituto Superiore di Sanità - che prolunga il meccanismo dei colori, conterrà anche l’indicazione per una rivisitazione dei parametri. E’ una richiesta che i presidenti di regione hanno più volte avanzato e che la ministra per gli Affari Regionali, Maria Stella Gelmini, ha portato al tavolo dell’ultimo Consiglio dei ministri. Meno parametri diversi e più protocolli tagliati su misura per alcuni settori che non hanno mai riaperto, come i cinema e i teatri. A richiederlo è stato il ministro della Cultura Dario Franceschini direttamente ai rappresentanti del Cts. «Abbiamo rappresentato al presidente del Consiglio i dati e i numeri, noi siamo prudenti, ma non abbiamo descritto una situazione di catastrofe imminente», ha raccontato Agostino Miozzo al termine della riunione.


Cambieranno i parametri in futuro, ma subito muta la composizione della cabina di regia che sinora, con il precedente inquilino di Palazzo Chigi, ha deciso gli spostamenti di fascia delle Regioni e le conseguenti chiusure. Entrano, infatti, i ministri dell’Economia e dello Sviluppo Franco e Giorgetti che dovranno anche immediatamente lavorare ai conseguenti “ristori” che verranno inseriti nello stesso provvedimento di chiusura. Decisioni, quelle della cabina di regia, che verranno comunicate non più il venerdì, ma ogni inizio settimana. Il tagliando ai parametri potrebbe anche mutare il meccanismo decisionale che il presidente del Consiglio vuole comunque più tempestivo. Drastico laddove il virus riprende a circolare, ma al tempo stesso flessibile nelle province dove l’indice Rt è ampiamente sotto i parametri di guardia.


Draghi continua a muoversi con molta prudenza consapevole che le misure servono solo ad arginare il problema e che la strada sulla quale spingere sono i vaccini i quali, come si vede in Israele, possono lentamente ridurre le percentuali della pandemia. E’ per questo che ieri sera Draghi ha parlato dell’azione che sta svolgendo con Bruxelles, e con le principali capitali estere, per arrivare ad ampliare i siti produttivi dove si producono i vaccini. L’Italia, che con 32 miliardi è prima in Europa davanti alla Germania (30), non solo ha gli impianti, ma anche le fabbriche che producono le macchine. Siamo sprovvisti però di una big-pharma, ma l’occasione potrebbe essere proprio l’urgenza dei vaccini.
 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA