Governo, cosa succede? Da Delrio a Marcucci a Crimi: un ministero a ogni big per blindare la legislatura

Delrio, Marcucci, Taverna: un ministero a ogni big per blindare la legislatura
Delrio, Marcucci, Taverna: un ministero a ogni big per blindare la legislatura
di Marco Conti
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Mercoledì 13 Gennaio 2021, 22:36 - Ultimo aggiornamento: 14 Gennaio, 10:16

ROMA Sotto le tracce di una crisi di governo che solo ieri si è aperta con il ritiro della delegazione di Italia Viva e che potrebbe avere tempi lunghi, aumentano coloro che sperano di entrare visto che con ogni probabilità si dovrà metter mano ad un esecutivo nuovo di zecca e non ad un semplice rimpastino. Gli schemi si accavallano e le ipotesi si moltiplicano visto che nei corridoi del Transatlantico di Montecitorio non tutti sono convinti che tocchi ancora a Giuseppe Conte guidare il governo.


Il Conte-Ter


La strada del Conte-ter, scontata sino a qualche giorno fa, prevede piccoli ma sostanziali aggiustamenti che salvano i ministeri più pesanti. In questo caso si dà per scontato l’ingresso di Andrea Orlando nel ruolo di vicepremier unico, un passo indietro della ministra Luciana Lamorgese con il ministero dell’Interno ad Ettore Rosato. L’altro ingresso per Italia Viva al ministero delle Infrastrutture, magari con lo scorporo della delega ai Trasporti, per Maria Elena Boschi.

Anche la delega ai Servizi dovrebbe passare di mano e Giuseppe Conte, che si è già dato informalmente disponibile a cederla, potrebbe passarla a Luciana Lamorgese in veste di sottosegretario alla presidenza del Consiglio o ad uno dei due attuali sottosegretari Turco o Chieppa. Se non si cambia il numero fissato dalla legge Bassanini di 65 componenti, a rimetterci potrebbe essere il sottosegretario Riccardo Fraccaro, mentre resterebbero al loro posto Nunzia Catalfo e, seppur con la delega tagliata, anche Paola De Micheli.

L'ipotesi crisi al buio


La girandola di nomi potrebbe essere più ampia qualora si dovesse arrivare ad una crisi al buio, magari a seguito di un voto in Aula che certificasse la fine dell’attuale governo.

Poichè dei “responsabili” non c’è traccia e il centrodestra si è ricompattato ed è fermo sulla linea delle elezioni, il recinto della maggioranza non sembra per ora cambiare. Se Conte non dovesse riuscire a ricompattarla le dimissioni, o prima o dopo un passaggio in Parlamento, appaiono scontate.

A quel punto si ragiona su nomi terzi rispetto ai due principali alleati di governo, anche se nel Pd c’è chi propone il principio dell’alternanza ed è pronto a chiedere palazzo Chigi «dopo due anni di premier 5S). Qualora i grillini dovessero avallare la tesi per palazzo Chigi si fa il nome di Dario Franceschini. Se invece i 5S, come più probabile, non accetteranno di perdere palazzo Chigi e dovessero proporre il nome di Luigi Di Maio, potrebbero spuntare nomi più istituzionali come Marta Cartabia o la stessa Luciana Lamorgese per guidare non un esecutivo di tutti, ma un governo con la stessa maggioranza.


Qualora si dovesse arrivare a tale ipotesi che pare come ultima ratio necessaria per evitare di andare subito al voto in piena pandemia, sarebbe necessario favorire l’ingresso se non dei leader di partito, Zingaretti si è detto più volte indisponibile, almeno dei big di ogni partito. Si fanno quindi avanti non solo Andrea Orlando, ma per il Pd anche Graziano Delrio, Andrea Marcucci e la riconferma degli uscenti Franceschini, Guerini, Gualtieri e Amendola. In uscita potrebbe essere il ministro per il Sud Provenzano e la De Micheli.

Così come per il M5S, oltre alla riconferma degli attuali Di Maio, Bonafede, Spadafora, Azzolina, Fraccaro e Patuanelli, anche l’ingresso di Vito Crimi, Paola Taverna o Stefano Buffagni al posto, probabilmente, di Fabiana Dadone e Paola Pisano. Per Italia Viva, oltre alla riconferma delle uscenti Bellanova e Bonetti, anche l’arrivo di Rosato e Boschi. Invariata, in tutte e due le ipotesi, la riconferma del ministro della Salute Roberto Speranza che anche ieri a Montecitorio ha tenuto la barra dritta sulla pandemia invitando tutte le forze politiche a tener fuori l’emergenza sanitaria dalla polemica politica.


A scaldare i muscoli sono in molti, specie nel M5S, ma lo sblocco della crisi di governo non si vede ancora all’orizzonte e le grandi manovre continueranno, dentro e fuori dei partiti.

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