Potrebbe il Fondatore fare i complimenti e gli auguri subito al neo-leader. Magari li farà poi o non li farà affatto. Quel che è certo è che il rapporto fra Grillo e Conte è gelido. E al netto di eventuali tentativi diplomatici da una parte e dall’altra, adesso ci saranno un potere, quello di Conte con la Appendino uber alles e i vice-presidenti soprattutto donne militarizzati nel nome di Giuseppi, e un contropotere: quello del Comitato di garanzia con Grillo che punta su Fico e su Di Maio. Il modello di partito a cui da subito Conte sta cominciando a lavorare è quello - come lo definiscono alcuni dei suoi più stretti consiglieri - un «partito riformista di sinistra». Post grillesco in quasi tutto. Ma un partito così non esiste già e non è o dovrebbe essere il Pd? Ma certo. E proprio per questo hanno impressionato tutti - «Ma che autogol!», il tenore dei commenti sui social - i complimenti e l’«in bocca al lupo!» che Enrico Letta s’è precipitato, nel silenzio di Grillo, a rivolgere a Conte per la sua elezione. Tirare entusiasticamente la volata al proprio rivale elettorale, anche se i due dal punto di vista personale e politico si piacciono assai, non sembra la mossa più azzeccata. E nello stesso Pd se ne ha la consapevolezza.
Conte, da Azzolina e Appendino fino a Bonafede e Crimi: ecco la squadra del leader M5S
Attenti al rivale
Infatti s’è deciso di ridurre al minimo, o a niente, le comparsate di Conte alle feste dell’Unità, da qui ad ottobre: va evitato ciò che risulta dai sondaggi, ovvero che l’avvocato è più amato dagli elettori dem che da quelli stellati.
M5S, Conte eletto presidente con il 92% dei voti: «Ce la metterò tutta per non deludervi»
Le grane
Tra le varie difficoltà del personaggio - non far sparire M5S nel buco nero delle elezioni comunali che si annunciano infauste, risalire alle prossime politiche dal disperante 12 per cento che i sondaggi attribuiscono al movimento che aveva il 33 nel 2018 - c’è anche la partita Quirinale. Sia pure da leader, Conte rischia di contare non molto nelle trattative che ci saranno per scegliere il successore di Mattarella (o lo stesso Mattarella bis). Perché un Di Maio rispetto a lui ha molti più rapporti politici nel Palazzo, relazioni trasversali, entrature anche con il centrodestra (per non dire del feeling con Draghi che a Giuseppi manca), mentre Conte per ora può contare solo sull’asse di Palazzo con Letta. La spina è poi quella della scissione. Dovuta proprio al modello «riformismo di sinistra» che gli ortodossi, da Dibba alla Lezzi e a Morra e a tanti altri, traducono così: «M5S con Conte è diventato diventerà un pezzo di establishment». Una decina di parlamentari sono tentati dall’addio (poi potrebbero essere di più) e raggiungerebbero gli ex compagni in Alternativa c’è che sta all’opposizione e a settembre diventerà gruppo fuori dal Misto con oltre 20 deputati. Ma soprattutto, pezzi di base scalpitano per andare via. Conte conosce il problema e per fermare l’esodio dei purissimi ha lanciato la sua prima promessa: «Aiutateci a vincere e cambieremo la legge Cartabia». Un leader appena nato e già in piena campagna elettorale per le Politiche, al netto del fatto che per quelle elezioni probabilmente manca un’eternità.