Guerra M5S, dai "Contiani" agli ortodossi ecco gli schieramenti (e chi comanda davvero)

Guerra M5S, dai "Contiani" agli ortodossi ecco gli schieramenti (e chi comanda davvero)
di Giuliano Pani
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Venerdì 25 Giugno 2021, 17:43 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 19:07

Nel mare in tempesta del M5S, ormai da diversi mesi senza un timoniere riconosciuto da tutti, è ormai tutt'altro che facile ricostruire correnti, sensibilità, sotto-gruppi che guardano a un big piuttosto che a un altro. Il braccio di ferro tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo pone, tuttavia, una prima, dirimente dicotomia: chi sta con l'ex premier e chi con il Garante. Con un quesito che, in queste ore sibila nei gruppi parlamentari: i «contiani» sarebbero pronti a fare un partito ex novo con «l'avvocato del popolo»?.

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I «CONTIANI». Sono gli ex governisti.

O meglio buona parte di loro. Il capodelegazione Stefano Patuanelli, la vicepresidente del Senato Paola Taverna, il capogruppo al Senato Ettore Licheri, l'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Mario Turco, il vicepresidente del Parlamento Ue Fabio Massimo Castaldo sono alcuni degli esponenti più vicini al progetto contiano. Governisti ma non «innamorati» del governo Draghi, vedono in un'alleanza con il Pd una traiettoria credibile per il futuro del M5S. Attorno a loro circolano numeri deputati e (in minor numero) senatori: da Michele Gubitosa, Davide Serritella, Vincenzo Presutto, tanto per fare qualche esempio. A loro si aggiungono, in gran parte, gli ex esponenti di Parole Guerriere, confluiti nella settimane scorse nella corrente «Italia Più 2050»: da Giuseppe Brescia a Dalila Nesci, fino a Carlo Sibilia.

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I PONTIERI. Due innanzitutto: Luigi Di Maio e Roberto Fico. Il primo ha ancora dalla sua un'influenza notevole sugli eletti del M5S. Il dualismo con Conte c'è stato ma, negli ultimi tempi, Di Maio ha remato dalla parte dell'ex premier, ha promosso in prima persone alcune alleanze locali con il Pd - da Pomigliano d'Arco a Napoli - e nella guerra con l'Associazione Rousseau non si è certo schierato dalla parte di Davide Casaleggio. Dall'altra parte c'è Roberto Fico, forse l'unico «big» a fare da trait d'union tra l'ala contiana e quella ortodossa: «depositario» della storia del Movimento, Fico ha sposato la causa di Conte ma, per lui, una rottura con Grillo è un orizzonte assolutamente da evitare. Nella «terra di mezzo» si muovono anche altri esponenti storici: Stefano Buffagni, Laura Bottici o Sergio Battelli, per fare un esempio. Pronti anche a critiche aspre, ma ribadendo il vessillo dell'unità.

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LA MINORANZA. Non sono anti-contiani ma hanno sempre guardato «l'uomo solo al comando» con scetticismo, così come qualsiasi deroga al terzo mandato. Grillo, ai loro occhi, è il Garante dell'unicità del Movimento. Finora restano al coperto ma qualche volto lo si può individuare: come l'ex ministro Vincenzo Spadafora, o gli esponenti della corrente «Innovare» (Maria Pallini, Giovanni Currò, Luca Carabetta, per fare qualche esempio). È diversi sono sparsi anche nelle Regioni. Come in Campania, dove la fronda anti alleanza M5S-Pd, capitanata Matteo Brambilla e Maria Muscarà, ha chiesto a Grillo che il Movimento presenti un suo candidato. GLI EX. Sono sullo sfondo, ma l'addio di Conte li rimetterebbe in gioco. Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista sono i due «fari». Attorno girano ortodossi della prima ora Nicola Morra, Barbara Lezzi o Ignazio Corrao. E nessuno di loro ha abbracciato la maggioranza Draghi.

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