«Ridiamo l’onore a Roma»: i tre leader con Enrico Michetti. E lui: «Io tribuno del popolo»

«Ridiamo l onore a Roma»: i tre leader con Michetti. E lui: io tribuno del popolo
​«Ridiamo l’onore a Roma»: i tre leader con Michetti. E lui: io tribuno del popolo
di Mario Ajello
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Sabato 12 Giugno 2021, 00:49 - Ultimo aggiornamento: 01:42

«Ridaremo l’onore a Roma». Eccoli, alla presentazione del candidato del centrodestra per il Campidoglio, Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani. E lui, Enrico Michetti, gongola nel tempio di Adriano, culla di quella romanità che adora. Di programmi non parla ancora - sta chiedendo idee - e al programma ha cominciato a lavorare ieri pomeriggio, incontrando gli esponenti romani e laziali di Fratelli d’Italia. Che non è il suo partito - «Io sono un civico che vuole rappresentare tutti» - ma Michetti dopo aver raccontato di San Paolo, il quale folgorato sulla via di Damasco disse «civis romanus sum», ammette di aver avuto a sua volta «una folgorazione per Giorgia». Quando? Quando la sorella della Meloni, Arianna, gli ha fatto incontrare la leader della destra. E comunque: «Per un buon programma ci vuole del tempo, e il nostro sarà il programma giusto per vincere», dice lui e dicono tutti i presenti in questa kermesse. 

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Michetti si muove molto a suo agio e chiama tutti i big con il nome di battesimo: «Ringrazio Giorgia, Matteo, Antonio».

E «Lorenzo» (Cesa), «Claudio» (Durigon), «Francesco (Giro), «Vittorio (Sgarbi che dice di lui: «Michetti lo faremo diventare un Michettone»), «Fabio» (Rampelli, anche lui seduto in prima fila e convinto che «Michetti sa che per governare Roma ci vuole l’apporto dei partiti»), «Maurizio» (Lupi) e via così. Gennaro Sangiuliano, moderatore dell’evento, gli fa notare: «Avvocato, sta dimenticando Berlusconi». E lui: «Naturalmente ringrazio anche Silvio». I due si sono sentiti.

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La tela

Berlusconi trova Michetti «simpaticissimo, popolare e molto diretto»: «Con lui si vince». E il feeling dell’Enrico con la Matone, possibile pro-sindaca, sul palco affianco a lui, è scattato subito. Anche se fa notare Salvini: «Uno dei due è laziale, l’altro è romanista». La tifosa giallorossa è la Matone, il laziale è Michetti, e se andrà lui sul Campidoglio avremo un altro sindaco biancoceleste: dopo Rutelli e dopo la Raggi. Michetti più che al calcio pensa all’impero. «Mi ispiro ad Augusto», annuncia. E spiega: «Abbiamo avuto tanti grandissimi imperatori, ma Cesare Ottaviano Augusto è quello che disse di voler essere tribuno della plebe a vita. Parole bellissime. E quando mi attaccano dicendo che sono un tribuno, io non mi offendo perché proprio tale mi sento: mi metto al servizio dell’intero popolo, senza distinzioni politiche o di ceto. Voglio che i ristoratori ritrovino il sorriso, cercherò di fare vivere meglio i camerieri, gli imprenditori e tutti coloro che ci mettono del proprio senza chiedere nulla allo Stato, i burocrati, chi porta il taxi, gli infermieri...». Visto all’esordio, sarà probabilmente un candidato strabordante Michetti, - «Speriamo non troppo», dicono i suoi fan - e con un piglio pop e insieme da competente dei problemi amministrativi: così lo descrive la Meloni. «Da subito, una volta arrivato al Campidoglio, saprà dove mettere le mani, non perderemo tempo e cominceremo dal primo istante a governare Roma come merita». Giorgia insiste sulla serietà della proposta Michetti: «Gentiloni da premier lo indicò al Colle come possibile Cavaliere all’Ordine del merito della Repubblica e lo è diventato». «Augusto - insiste lui - fu l’imperatore che riportò la pace nell’Urbe. Anche io, nel mio piccolo, mi propongo come un pacificatore. Basta con le divisioni ideologiche. Non attaccherò mai i miei avversari perché non li considero avversari ma colleghi. Ognuno ha le sue idee. E io le rispetto tutte. Cercherò di fare il bene di tutti i cittadini, loro ci chiedono pace e buona amministrazione». 

 


La sfida

I leader ascoltano. Pensano di aver trovato la persona giusta - «Insieme a lui cercheremo di dare più poteri alla Capitale perché significa dare più forza all’Italia», assicura Tajani - e Salvini è in modalità «ce la faremo». Poi parte per Milano il capo leghista, ma intanto chiama Draghi, alla viglia del G7, per fargli in bocca al lupo, per ribadire che vuole essere governista e blindare il premier e gli racconta anche del suo lavoro diplomatico con l’ambasciatore egiziano (lo ha incontrato e poi ne vedrà altri dell’area mediterranea) e di come ci tenga alla stabilità interna e ai rapporti internazionali dell’Italia. Quanto a Roma, c’è aria di euforia nel centrodestra ma la campagna è lunga. Per lo più, in quello schieramento, ci si immagina al secondo turno una partita Michetti-Gualtieri, «ma quello del Pd è un candidato troppo freddo, il nostro invece è capace di riscaldare e convincere». Questo - ammesso che saranno davvero loro due gli sfidanti finali - lo diranno i romani.

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