Draghi ai ministri: «Ora si accelera sul Pnrr». Sullo sfondo la partita per il Quirinale

Il sottosegretario Garofoli ai capi Gabinetto: traguardi non più mensili e report al Parlamento

Draghi ai ministri: «Ora si accelera sul Pnrr». Sullo sfondo la partita per il Quirinale
Draghi ai ministri: «Ora si accelera sul Pnrr». Sullo sfondo la partita per il Quirinale
di Marco Conti
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Sabato 6 Novembre 2021, 00:45 - Ultimo aggiornamento: 09:22

«Lo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza sarà oggetto di una Relazione, in via di predisposizione, al Parlamento». L’annuncio arriva direttamente da Palazzo Chigi accompagnato da una sorta di avviso ai ministri visto che Mario Draghi ha deciso di affidare a Roberto Garofoli, sottosegretario alla presidenza, il compito di controllare «settimanalmente», e non più mensilmente, gli obiettivi assegnati ai singoli dicasteri. Se non è una stretta, ci va vicino e dipende dal semplice fatto che il denaro arriva da Bruxelles seguendo i tempi di attuazione delle singole riforme. L’Italia, che non ha mai brillato nell’attuazione delle sue leggi, rischia e qualche segnale di nervosismo da parte della Commissione Ue, per tempi troppo lenti, è stato già percepito. Mancare anche solo uno degli impegni presi con Bruxelles vorrebbe dire rinunciare a una parte dei 191,5 miliardi e ai 14 che dovrebbero arrivare entro l’anno.

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Le risorse

Il richiamo ai ministri viene accompagnato da qualche dato che dà il senso del lavoro che c’è ancora da fare: «549 i provvedimenti attuati dall’insediamento del Governo Draghi e 29 i target del Piano ‘Italia Domani’ raggiunti sui 51 che devono essere conseguiti entro la fine dell’anno».

Ne mancano, quindi 22, senza i quali non arriveranno i finanziamenti promessi. «Nell’ultimo mese - sottolinea Palazzo Chigi - c’è stata una forte accelerazione sui target, passati dai 13 di fine settembre ai 29 attuali».

Entro l’anno la macchina del Pnrr dovrà essere a pieno regime. Occorre quindi dare un segno di discontinuità velocizzando l’attuazione di progetti che, soprattutto nel Sud, vanno a rilento. La difficoltà che si avverte in alcune regioni spinge il campano Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, a promettere che «lì dove ci saranno regioni che andranno in difficoltà, dobbiamo essere in grado di mandare risorse umane e risorse economiche». I sindaci, guidati dal napoletano Gaetano Manfredi, chiedono una cabina di regia ad hoc per le città del Mezzogiorno e regioni come la Toscana chiedono personale.

Ancor più esplicito è stato il sottosegretario Garofoli che, nel corso della Conferenza dei Capi di Gabinetto sull’attuazione del programma di governo e del Pnrr, «nel ringraziare i ministeri per il lavoro svolto e spiegare che gli obiettivi saranno valutati «settimanalmente», ha esplicitamente parlato dell’esigenza «di ridurre ancor più significativamente negli ultimi due mesi dell’anno lo stock complessivo». Un picco importante - ha spiegato Garofoli - è stato registrato a settembre, quando sono stati attuati 112 provvedimenti. 

Approvata la manovra di bilancio e la legge sulla concorrenza, Mario Draghi intende ora concentrarsi sull’approvazione di quanto fatto. Dall’insediamento dell’esecutivo sono 549 i provvedimenti varati ma che ora vanno tutti attuati per evitare che restino lettera morta. L’accelerazione data da Palazzo Chigi si spiega con gli impegni presi con Bruxelles, ma derivano anche dalla consapevolezza che il quadro politico con il nuovo anno è destinato di nuovo ad entrare in fibrillazione visto che si avvicina l’appuntamento per l’elezione del nuovo Capo dello Stato. Draghi ritiene di aver portato a casa tutto ciò che era in programma tranne la questione delle concessioni pubbliche (stabilimenti balneari e ambulanti) sulla quale non esclude di intervenire subito dopo la pronuncia del Consiglio di Stato anche se non è uno degli obiettivi del Pnrr. 

La pressione si sposta quindi dai partiti, ai quali Draghi ha “sfilato” più di un sofferto consenso per varare le riforme, ai ministeri e a tutta la burocrazia centrale e locale. L’obiettivo è quello di mettere in sicurezza le riforme entro gennaio in modo da non lasciare il Paese in mezzo al guado e magari concedere ai partiti altri argomenti per tenerlo bloccato a Palazzo Chigi e impedirne l’eventuale ascesa al Colle. D’altra parte se è vero che non ci poteva essere un calendario elettorale che poteva impedire il varo della riforma della giustizia o delle pensioni, c’è a gennaio un appuntamento al quale il presidente del Consiglio intende arrivare potendo sostenere di aver centrato tutti gli obiettivi che non sono finiti, ma su gli altri, come dice il ministro Giorgetti, può ben sorvegliarli dal Quirinale.
 

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