Il Cts si sente a fine corsa: ormai meglio scioglierci

Il Cts si sente a fine corsa: ormai meglio scioglierci
Il Cts si sente a fine corsa: ormai meglio scioglierci
di Francesco Malfetano
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Giovedì 17 Giugno 2021, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 18 Giugno, 10:09

I toni sono più o meno gli stessi già da qualche settimana. «Che senso ha continuare in questo modo?». E ancora: «Il nostro ruolo non può essere quello di fare da foglia di fico della politica. Noi così non possiamo più starci». Ancora poco più che riflessioni, domande e note polemiche che però ormai di giorno in giorno, di riunione in riunione, di parere in parere, prendono forza all’interno del Comitato tecnico scientifico. O meglio del “nuovo” Cts, quello meno incisivo voluto al suo arrivo dal premier Mario Draghi dopo il passo indietro - per dirla elegantemente - dell’ex coordinatore Agostino Miozzo

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IL RUOLO

Fiaccati dagli attacchi e da un’ultima settimana decisamente difficile, alcuni dei volti più noti del Comitato stanno iniziando a ragionare su una exit strategy. «Restare così è inutile - spiega uno dei membri della prima ora -.

Stiamo pattinando sul ghiaccio. L’attività del Comitato non può limitarsi a definire le strategie sui vaccini perché la politica e soprattutto il ministero non vogliono farsene carico». L’idea, ormai largamente diffusa, è che gli esperti siano stati relegati allo svolgere un ruolo di sintesi tecnico-politica che poco avrebbe a che vedere con l’apporto scientifico che invece gli dovrebbe competere. Al punto che, quando nei giorni scorsi dalle colonne del Messaggero la ministra per gli Affari Regionali Mariastella Gelmini ha in qualche modo rigettato l’idea di prolungare lo stato d’emergenza dopo il 31 luglio, tra i tecnici qualcuno abbozzava un’esultanza. Senza “i pieni poteri” infatti, a meno che come prospettato dal ministro della Salute Roberto Speranza non si opti per un percorso legislativo ad hoc, il Cts semplicemente verrebbe sciolto. Un’ipotesi che al Comitato non dispiacerebbe affatto. 

«Lo stato d’emergenza non è più detto serva - spiega un altro dei tecnici che ha appena appreso l’idea del premier, riportata sempre da questo giornale, di prolungare lo status fino alla fine dell’anno - la gestione del piano vaccinale ora penso possa anche essere ricondotta all’ordinarietà», portando tutto nell’alveo del ministero della Salute o magari della sanità militare. «Sarebbe anche un ulteriore segnale per il Paese - aggiunge - adeguato al fatto che la campagna di Figliuolo nonostante le difficoltà procede, i casi sono sempre in calo e le riaperture sono ormai realtà. Il Cts oggi non è strategico». Se poi le cose dovessero peggiorare di nuovo in autunno, è questa la tesi, «con responsabilità» lo si potrebbe facilmente rimettere in piedi. «Un po’ come accade per la commissione grandi rischi». 

LA POLITICA

La corrente di coloro che vorrebbero rinunciare, per così dire, è folta ma in contrasto con alcuni componenti «che hanno evidente bisogno di visibilità». Se però non lo fanno di loro spontanea volontà, ovvero non si dimettono, è per evitare che la narrazione successiva li ponga dalla parte di coloro che rinunciano in un momento delicato. «Non dopo tutti questi mesi». Ed è lo stesso motivo per cui confidano e raccontano, ma ancora non sono pronti ad attaccare frontalmente. «Noi vogliamo solo che la politica decida» dice infatti un altro dei membri critici nei confronti del ruolo destinato al Cts. «Siamo tecnici, medici, disposti ad investire le proprie competenze per affrontare un’emergenza». Non per far fronte a dei «giochi di palazzo».

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