Strada crollata: è disastro colposo. Condannati a 8 mesi l'ad Tiviroli e due tecnici di Marche Multiservizi

La voragine in via Kennedy a Orciano
La voragine in via Kennedy a Orciano
di Lorenzo Furlani
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Sabato 4 Dicembre 2021, 09:53 - Ultimo aggiornamento: 12:39

PESARO - Quei 2mila metri cubi di terreno vennero giù all’improvviso la sera del 2 ottobre 2015 perché erano saturi d’acqua, la voragine a Orciano si aprì lungo un fronte di 30 metri e per una profondità di 10 a causa di una massiva perdita precedente della condotta idrica, lo squarcio sulla provinciale Mondaviese, che sfiorando le abitazioni e il parcheggio di un ristorante inghiottì alberi di alto fusto e solo per fortuna non fece vittime umane (una ragazza in auto riuscì a fermarsi a pochi metri dal baratro mentre dall’altra parte un cittadino bloccava il traffico), fu responsabilità dell’ente gestore dell’acquedotto, ovvero Marche Multiservizi.

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La conclusione del giudice
È questa la conclusione del giudice del Tribunale di Pesaro Francesco Messina che per quel crollo ieri ha condannato per disastro colposo a 8 mesi di reclusione (pena sospesa) l’amministratore delegato di Marche Multiservizi, Mauro Tiviroli, insieme all’ingegnera Simona Francolini, dirigente delle reti, e a Marco Cini, responsabile di zona dell’azienda. Assolti per carenza di prove riguardo a una loro diretta responsabilità sull’evento Walter Morbidelli e Stefano Iacucci, operatore sulle reti e caposquadra di Mms, accusati di non aver eseguito a regola d’arte le riparazioni precedenti su quella condotta.

Accolte le richieste dell'accusa
Il giudice ha accolto totalmente le richieste della pubblico ministero Silvia Cecchi e la tesi accusatoria secondo cui il pericolo del crollo per l’incolumità pubblica poteva e doveva essere prevenuto. Mentre la difesa formata dagli avvocati professori Lucio Monaco e Gabriele Marra aveva chiesto l’assoluzione di tutti gli imputati.
La sentenza è stata emessa al termine del rito abbreviato, che a dispetto del nome si è protratto per quasi 3 anni e 2 mesi (la prima udienza davanti al giudice Messina si svolse il 9 ottobre 2018) per arrivare a una verità processuale di primo grado, che a Orciano si rincorreva di bocca in bocca già il giorno successivo al disastro: la perdita d’acqua era stata la causa della frana che tranciò l’acquedotto (lasciando sospese la condotta del metano e quella fognaria).

La difesa ha schierato 5 consulenti
La difesa, con 5 consulenti, ha cercato di invalidare questo nesso causale additando il materiale di riporto sul quale era stata costruita la Mondaviese (che prende il nome di via Kennedy), asserendo l’esistenza di una falda, indicando le infiltrazioni meteoriche e altre ipotesi secondarie come un movimento sismico come possibili cause alternative.

Ma nel discernimento del giudice è risultato saldo l’impianto accusatorio fondato sulle consulenze del geologo Luca Monti e dell’ingegnere Alessandro Cesanelli avallate dal perito nominato dallo stesso Messina, l’ingegnere Michele Stella del Cnr.

In 3 anni 12 rotture in via Kennedy
In via Kennedy dal 2012 si erano susseguite 12 rotture della condotta prima del disastro e nella primavera estate del 2015 c’erano state diverse segnalazioni di perdite idriche da parte dei cittadini girate dal Comune (ora Terre Roveresche) al gestore. Acclarata la causa, la condanna è intervenuta per la mancata prevenzione del crollo della strada, visto che nella settimana precedente era stato registrato un calo di portata, con un’uscita di 2.400 metri cubi di acqua, e considerato che Mms non si era dotata di dispositivi tecnici più efficienti per il telecontrollo della rete. Interrogato dal giudice, Tiviroli aveva negato questa tesi sostenendo che l’azienda era intervenuta più spesso che in via Kennedy in altre zone prossime e rifacendosi all'argomentazione del proprio consulente sulla fragilità geologica di quella zona.

La ricostruzione della procura
Nella ricostruzione dell’accusa quello che accadde nella primavera estate del 2015 a Orciano, lungo via Kennedy, è la cronaca di un disastro annunciato. La pm ha rilevato che c’era stata una dispersione di acqua imponente e cronica nel periodo precedente con diversi segni premonitori.

La premonizione 48 giorni prima
Alla luce dei fatti successivi, è folgorante quello che si sentì rispondere da Marche Multiservizi Eliana Mancinelli, residente al numero 32 di viale Kennedy, che il 16 agosto 2015 notò acqua fuoriuscita dall’asfalto e chiese un intervento perché aveva trovato acqua anche nel suo seminterrato. «E’ un guasto di poco conto - le dissero -, se era come pensa lei sarebbe andata giù tutta la strada».  Esattamente quello che accadde 48 giorni dopo, un po’ più in là nella stessa via, davanti al parcheggio del ristorante Antichi Sapori, al numero civico 15.

Il gocciolamento diverse ore dopo
Decisiva per l’accusa, sostenuta con tenacia nel processo da Silvia Cecchi, (e quindi per la sentenza di condanna del Tribunale di Pesaro) la relazione dell’ingegnere e geologo Talozzi che il giorno seguente il disastro compì, su incarico del Comune di Orciano di Pesaro, un sopralluogo nell’area della voragine, misurandone l’ampiezza e rilevando, a diverse ore dall’evento, uno stillicidio, uno sgocciolamento insistente di acqua dal materiale che avvolgeva la condotta, a dimostrazione di una perdita precedente alla rottura provocata dalla frana in quanto l’assorbimento era avvenuto nella direzione opposta a quella dell’acqua fiottante.

Nessuna parte civile
Eppure nel protocollo d’intesa di Provincia, Regione e Marche Multiservizi del luglio 2016, che ripartiva le spese della strada da ricostruire, è scritto che “in base alle risultanze in possesso dei firmatari, non vi sono comprovate responsabilità di alcuno”. Nel processo non c’erano parti civili perché i proprietari dei beni danneggiati dal crollo sono stati risarciti da Mms mentre Comune e Provincia non si sono costituiti.

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