Uno bianca, i familiari dei carabinieri uccisi chiedono la riapertura delle indagini sulla banda: «Troppi lati oscuri». Nel 1994 l'omicidio del bancario pesarese

Uno bianca, i familiari dei carabinieri uccisi chiedono la riapertura delle indagini sulla banda: «Troppi lati oscuri». Nel 1994 l'omicidio del bancario pesarese. Nella foto il capo della banda, Roberto Savi
Uno bianca, i familiari dei carabinieri uccisi chiedono la riapertura delle indagini sulla banda: «Troppi lati oscuri». Nel 1994 l'omicidio del bancario pesarese. Nella foto il capo della banda, Roberto Savi
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Mercoledì 4 Gennaio 2023, 11:25 - Ultimo aggiornamento: 11:31

PESARO - Banda della Uno bianca, 28 anni dopo non c'è ancora pace: ancora troppi lati oscuri. «Dopo 28 anni dall'arresto di alcuni componenti della banda della Uno bianca non conosciamo tutta la verità sul perché uomini delle istituzioni si resero responsabili di 24 omicidi e 102 feriti con ferocia cieca e spietata - hanno scritto i familiari dei tre carabinieri uccisi, Otello Stefanini, Mauro Mitilini e Andrea Moneta, in occasione del 32/o anniversario dell'eccidio -. Il gruppo criminale, composto per la quasi totalità da poliziotti, agiva con una ferocia omicida irragionevole, specialmente negli anni 1990-91 durante la cosiddetta fase terroristica, nel corso della quale uccidevano senza un apparente motivo. Come quella tragica sera del 4 gennaio 1991, quando una pattuglia dei carabinieri venne vigliaccamente attaccata mentre percorreva via Casini del quartiere Pilastro di Bologna». 

L'omicidio di Pesaro

Anche Pesaro fu teatro dell'orrore. Il 24 maggio 1994, fuori dalla Cassa di Risparmio di Villa San Martino, a due passi dalla fermata dei bus del Campus scolastici affollati di studenti, avvenne infatti l'ultimo omicidio della banda della Uno Bianca. Erano da poco passate le 8  quando Ubaldo Paci, poco prima di entrare in filiale, venne avvicinato da un uomo con barba posticcia, occhiali e cappello, che gli sparò un colpo di pistola alla schiena uccidendolo.

La richiesta dei familiari

«Quello del 4 gennaio 1991 - raccontano ancora i familiari dei carabinieri - aveva tutte le caratteristiche di un agguato, studiato e premeditato, in questo caso bisogna ricercare complici e mandanti».

Di recente «alcuni episodi relativi alle prime indagini sono stati oggetto di un informativa dei carabinieri e di un esposto». La prima «riguardava un'intercettazione telefonica che coinvolse la famiglia della super testimone Simonetta Bersani, che aveva accusato soggetti poi risultati innocenti». Nei prossimi giorni i familiari dei militari depositeranno un esposto, frutto di un lungo lavoro di ricerca. L'esposto era sulle comunicazioni degli inquirenti su alcuni fucili dei fratelli Savi: «Subito dopo - ricordano i familiari - la Procura della Repubblica di Bologna aprì un fascicolo conoscitivo, ma, a distanza di ben due anni, non si conoscono ancora le determinazioni degli organi inquirenti su quanto denunciato. Noi familiari siamo determinati nel ricercare la verità ed auspichiamo una riapertura delle indagini su tutti i sette anni di crimini della banda della Uno bianca, una vicenda caratterizzata da depistaggi ed indagini sbagliate, avvolte ancora da numerose ombre». 

Il viceministro Bignami: «Parlerò con il presidente Meloni»

«I familiari hanno perfettamente ragione, è necessario arrivare a una desecretazione completa, e anche la digitalizzazione degli atti può essere importante per ricostruire una pagina oscura della nostra storia». A dirlo è il viceministro alle Infrastrutture, il bolognese Galeazzo Bignami, presente alla 32esima commemorazione della strage del Pilastro perpetrata dalla banda della Uno Bianca a Bologna, annunciando che ne parlerà con il presidente Giorgia Meloni.

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