Minacce sui social, il ristoratore Carriera (Io Apro) a processo: «Non mi sono autominacciato e so chi è il colpevole»

Minacce sui social, il ristoratore Carriera (Io Apro) a processo: «Non mi sono autominacciato e so chi è il colpevole»
Minacce sui social, il ristoratore Carriera (Io Apro) a processo: «Non mi sono autominacciato e so chi è il colpevole»
di Luigi Benelli
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Martedì 12 Luglio 2022, 19:22 - Ultimo aggiornamento: 19:31

PESARO A processo con l’accusa di simulazione di reato. Umberto Carriera, leader di IoApro ieri mattina era in udienza per affrontare un’altra accusa nei suoi confronti. Questa volta il caso riguarda la frase che aveva rilanciato sui propri canali social. «Se domani apri ti facciamo male. Sappiamo dove va all’asilo tuo figlio». 


L’account contestato


Era gennaio 2021 e il ristoratore portava avanti la sua battaglia di lasciare aperti i ristoranti nonostante il governo avesse imposto le chiusure per contenere il contagio da coronavirus.

Per l’accusa quelle minacce sarebbero inventate perchè partite dall’account de “La Macelleria”, uno dei suoi ristoranti. Ieri mattina, difeso dall’avvocato Federico Bertuccioli, c’è stata la prima udienza con l’ammissione dei testi. Carriera e Bertuccioli, a margine dell’udienza, parlano di «un equivoco da chiarire. Contestiamo gli addebiti perché era un momento in cui ero sotto attacco sui social. Erano stati creati altri profili fake. Nel dibattimento lo dimostreremo, l’account del profilo si dice abbia lo stesso Ip del mio, ma manca la certezza. Ci sono delle lacune perché non si sa chi sono gli amministratori di questo profilo».  

Il commento sui social

Carriera aveva parlato di una persona a lui vicina che avrebbe voluto danneggiarlo. Il leader di Io Apro al Rinascimento, partito fondato assieme a Vittorio Sgarbi, si è lasciato a un lungo commento sul suo profilo social. Qui scrive: «Una delle tante persone che sui social mi minacciarono nei mesi scorsi, esagerò e decisi di denunciare, contro ignoti, causa profilo fasullo. Dopo un anno di indagini, nessun colpevole. Ma siccome quel profilo fasullo era collegato allo stesso indirizzo IP a cui ero collegato io un mese prima della minaccia all’interno di un hotel in cui feci una conferenza stampa con oltre 50 persone, chi ha indagato, ipotizza che quel profilo sia gestito da me. «Nessun’altra prova, nonostante io abbia fornito mail, password, telefono e tutto quello che poteva essergli utile per rintracciare quel delinquente. E mi trovo ora a dovermi difendere per qualcosa che ho subito». Il processo è stato rinviato al 6 dicembre.

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